Libia: basi, navi e aerei, ‘Italia pronta ai raid’

Almeno cinque navi, sette basi e cacciabombardieri in grado di distruggere le postazioni antiaeree quando scatterà la ‘No fly zone’ sulla Libia: è questo – escluso ogni intervento di uomini o mezzi via terra – il contributo messo a punto dall’Italia, che intende partecipare “fino in fondo” alle operazioni militari. “Non ci limiteremo a dare […]

Almeno cinque navi, sette basi e cacciabombardieri in grado di distruggere le postazioni antiaeree quando scatterà la ‘No fly zone’ sulla Libia: è questo – escluso ogni intervento di uomini o mezzi via terra – il contributo messo a punto dall’Italia, che intende partecipare “fino in fondo” alle operazioni militari. “Non ci limiteremo a dare le chiavi di casa nostra ad altri perché ne facciano quello che ritengono più opportuno”, ha detto in Parlamento il ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Insomma, non solo basi. L’Italia, ha infatti sottolineato La Russa nelle sue comunicazioni alle Commissioni riunite di Camera e Senato, dispone di “una forte capacità di neutralizzare radar e ipoetici avversari” in Libia “e su questo potrebbe esserci una nostra iniziativa: possiamo intervenire in ogni modo”, ha detto. “L’Aeronautica militare è a disposizione per evitare che la popolazione civile subisca bombardamenti”. In serata anche il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha ribadito il concetto: “la violazione della no fly zone – ha detto – farebbe scattare l’attacco a postazioni radar, o a postazioni militari di contraerea” e, dovendo svolgere questo compito, “i mezzi italiani non sono da meno degli altri”. Si tratta di quella che tecnicamente viene chiamata capacità SEAD, cioé ‘soppressione delle difese aeree nemiche’: è ciò che l’Italia ha già fatto con i raid aerei in Kosovo e che potrebbe apprestarsi a ripetere in Libia. Questa volta non con la Germania, come avvenne nei Balcani, ma insieme ad altri Paesi dotati di ‘assetti’ idoneì, Usa e Gran Bretagna in testa. I Tornado Ecr di stanza a Piacenza sono pronti da giorni. Secondo La Russa, l’attuazione di una ‘no fly zone’ “comporta un dispiegamento di mezzi oneroso e impegnativo da tutti i punti di vista e quindi non può restare estranea la Nato, perché tre o quattro paesi non possono da soli esercitare un controllo capillare della zona”. Tuttavia, ha aggiunto, il governo intende comunque “aderire” alla ‘coalizione di volenterosi’ – con Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna ed altri – che dovesse decidere azioni militari per dare attuazione alla risoluzione Onu. E dunque, “se la Nato organizzerà una ‘no fly zone’ – ha assicurato il ministro della Difesa – noi ci saremo, se lo faranno altri Paesi noi parteciperemo”. Discorso analogo per il “blocco navale” volto a garantire l’embargo, che grazie alla risoluzione approvata la scorsa notte “ha ora un titolo giuridico per l’utilizzo della forza”. Di questo dispositivo, sia se organizzato dalla Nato sia se frutto di un’iniziativa multilaterale, l’Italia farà sicuramente parte con diverse unità, già mobilitate a vario titolo in relazione alla crisi Libica. La portaerei Garibaldi (con a bordo i caccia Av8) è salpata oggi da Taranto per dislocarsi in Sicilia, mentre nave Libra attraccherà domani in un porto libico con aiuti umanitari. Mobilitato anche il caccia Andrea Doria, che si occuperà della difesa aerea, e due unità che sono attualmente inserite nella Snmg1, la forza marittima della Nato: la fregata Euro e il rifornitore Etna. Tornando alle basi aeree – che secondo Frattini “saranno la chiave” per il successo dell’intervento della coalizione internazionale in Libia – il ministro La Russa ha spiegato che sono sette quelle messe a disposizione dall’Italia: Amendola (dove sono schierati i caccia Amx e i velivoli senza pilota Predator), Gioia del Colle (base dei nuovi caccia Eurofighter, schierati anche a Grosseto), Sigonella e Aviano (due basi che servirebbero essenzialmente ad ospitare ‘assetti’ di altri Paesi), Trapani (aeroporto specificatamente attrezzato per gli aerei radar Awacs e sede di caccia intercettori F-16), Decimomannu (base logistica) e Pantelleria (la base aerea più vicina alla Libia). L’Italia, ha detto La Russa, metterà a disposizioni le basi non più solo per operazioni umanitarie, ma per attività militari vere e proprie, “senza alcun limite restrittivo all’intervento, se necessario per far rispettare la risoluzione Onu” e salvaguardare i civili. Su questo, ha osservato, non si può traccheggiare, “non possiamo dire ‘facciamo questo, facciamo quello’. Vogliamo contribuire a decidere che cosa si deve fare e una volta deciso vogliamo partecipare in pieno all’attuazione di questa decisione”. “Possiamo intervenire in ogni modo – ha ripetuto il ministro della Difesa – con la sola tassativa esclusione di interventi via terra. La risoluzione dell’Onu vieta nella maniera più tassativa questa possibilità: quindi non solo per noi, ma per chiunque, non ci sarà concorso di fanteria, di carri armati, di Lince, di mezzi. Sul territorio libico non ci andrà nessuno”.

Vincenzo Sinapi

3 risposte a “Libia: basi, navi e aerei, ‘Italia pronta ai raid’”

  1. ugo ha detto:

    L’Italia, ha infatti sottolineato La Russa nelle sue comunicazioni alle Commissioni riunite di Camera e Senato, dispone di “una forte capacità di neutralizzare radar e ipoetici avversari”
    MA LUI E ALTRI INGENUI SPERANO CHE SIANO PROPRIO POETICI QUESTI AVVERSARI? E SE L’ONU HA ESCULSO TASSATIVISSIMAMENTE E PERENTORIAMENTISSIMAMENTE A TUTTISSIMI LE ACCUPAZIONI (da accupare) VIA TERRA SULLA TERRA CHE FACCIAMO, LORO SI MUOVONO E NOI BOMBARDIAMO E LORO SI NASCONDONO E NOI CE NE ANDIAMO E LORO ESCONO E NOI RITORNIAMO E POI CI SARA’ UN ACCORDO PER I TEMPI DI ANDARE AL CESSO OPPURE NO?

  2. antonio ha detto:

    A me sembra un pasticcio organizato.
    la guerra non e un gioco: si potevano salvare capra e cavoli se solo avvessero voluto.
    Ma il petrolio e pur sempre petrolio.

  3. Gianni ha detto:

    Perfettamete d’accordo sul fatto che la guerra non è un gioco, ma quando un criminale, gettata la maschera dell’amicone si mette a giocare alla guerra con il suo popolo, cosa si fa? ci si limita a guardare aspettando che il “gioco” finisca per poi riprendere gli affari interrotti, come se nulla fosse successo? Il tutto magari in omaggio al principio di non ingerenza, tanto caro ai cosiddetti pacifisti.
    No, grazie.

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