Il Centro Antiviolenza de L’Aquila, congiuntamente alla Biblioteca delle Donne Melusine e all’Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri della Provincia, organizza, con il patrocinio del Comune, un incontro intitolato “La realtà medica e non dei centri antiviolenza. La rete nazionale e l’esperienza aquilana”, con inizio alle ore 15 del 16 aprile, presso l’Auditorium Sericchi, messo a disposizione dalla Carispaq, il via Strinella, 88. Nel corso dell’evento, si scoprirà che la violenza sulle donne è un fenomeno trasversale che interessa ogni strato sociale, economico e culturale senza differenze di età, religione e razza. E, ancora, che alcool, droghe e disturbi psichici non sono cause dirette della violenza, ma sono elementi che possono far precipitare la situazione. Che i luoghi più pericolosi per le donne sono la casa e gli ambienti familiari, gli aggressori più probabili sono i loro partner, ex partner o altri uomini conosciuti: amici colleghi, insegnanti, vicini di casa e,ancora, che la maggior parte degli episodi di violenza è premeditata: basta solo pensare al fatto che le donne sono picchiate in parti del corpo in cui le ferite sono meno visibili. Si discuterà anche del fatto che, come molti studi documentano, non è stato possibile individuare il tipo del maltrattatore, né razza o età o condizioni socioeconomiche o culturali sono determinanti. I maltrattatori non rientrano in nessun tipo specifico di personalità o di categoria diagnostica. E, inoltre, fatto di aver subito violenza da bambini non comporta automaticamente diventare violenti in età adulta. Ci sono infatti sia maltrattatori che non hanno mai subito o assistito a violenza durante l’infanzia, sia vittime di violenza che non ripetono tale modello di comportamento. Oltre poi a presentare gli aspetti generali, medici e non di questo drammatico fenomeno che, in Italia, causa una vittima ogni tre giorni e che l’OMS ha definto una autentica piaga sociale, verranno smontati vari luoghi comuni e si dirà con franchezza che paura, dipendenza economica, isolamento, mancanza di alloggio, riprovazione sociale spesso da parte della stessa famiglia di origine, sono solo alcuni dei numerosi fattori che rendono difficile per le donne interrompere la situazione di violenza. Si parlerò poi della esperienza aquilana, iniziata nel 2008 e proseguita anche durante le fasi immediatamente successive il sisma del 2009, nonostante le non poche difficoltà di ordine pratico ed economico, con aiuti governativi promessi ma mai arrivati. Si chiarirà ancora (grazie agli interventi di Orietta Paolucci, Simona Giannangeli, Serenella Ottaviano, Anna Rita Gabriele e di Domenico Farinacci), che solo a partire degli ultimi dieci anni le istituzioni pubbliche (Regioni, Province, Comuni, Aziende Sanitarie, Polizia, etc.) si sono attivate predisponendo leggi regionali in sostegno ai Centri antiviolenza, offrendo le strutture alle Associazioni, portando avanti delle convenzioni per poter gestire i Centri e, in alcune realtà, condividendo obiettivi e strategie di lavoro comuni. Gli enti pubblici spesso collaborano con le Reti territoriali come partner, spesso attivano progetti e talvolta sono parte attiva nel promuovere iniziative contro la violenza (ad esempio contribuendo ai percorsi formativi per operatrici/operatori dei servizi pubblici, finalizzati alla costruzione di un network locale contro la violenza sulle donne). Il 29 settembre 2008 è nata l’Associazione nazionale dei Centri antiviolenza, D.i.Re Donne in Rete contro la violenza, che riunisce 58 Centri di tutta l’Italia. Prendendo esempio da molti paesi, non solo europei, nei quali i Centri antiviolenza sono organizzati a livello nazionale in federazioni e rappresentano una forte lobby per incidere sulle politiche governative, la nuova associazione nazionale vuole incidere di più nella politica nazionale e promuovere politiche governative, finora quasi del tutto assenti in Italia. Sarà inoltre possibile replicare a chi, come Erin Pizzey, una delle prime fondatrici di rifugi per donne vittime di violenza, oggi sostiene che le “femministe” si sono impossessate di quello che lei chiama il “suo movimento”, al fine di ottenere fondi e visibilità. Al contrario, si dirà come ed in che modo, anche a L’Aquila, grazie all’accoglienza telefonica, ai colloqui personali, all’ospitalità in case rifugio e ai numerosi altri servizi offerti, le donne sono coadiuvate nel loro percorso di uscita dalla violenza. E, ancora, come i Centri antiviolenza svolgono attività di consulenza psicologica, consulenza legale, gruppi di sostegno, formazione, promozione, sensibilizzazione e prevenzione, raccolta ed elaborazione dati, orientamento ed accompagnamento al lavoro, raccolta materiale bibliografico e documentario sui temi della violenza. Il convegno, indubbiamente di taglio divulgativo, non interessa solo l’area medica ed odontoiatrica, ma, essenso aperto a tutti, è stato concepico come interfaccia attiva con l’intera cittadinanza.
Carlo Di Stanislao
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