Un rapporto dell’organizzazione umanitaria Medici Senza Frontiere (Msf) denuncia la repressione sui manifestanti e sugli attivisti pro-democrazia attuata dal governo di Manama attraverso l’utilizzo delle strutture sanitarie del Paese, trasformate in “luoghi dove avere paura”. Come evidenzia la relazione, dall’inizio degli scontri lo scorso febbraio, che vedono contrapposti la popolazione a maggioranza sciita e il governo sunnita della dinastia Al Khalifa, le strutture sanitarie, solitamente molto efficienti e ben funzionanti, non riescono più a soddisfare le esigenze mediche dei civili. L’esercito ha preso di mira lo stesso personale ospedaliero, “paralizzando” il lavoro e impedendo il dispiegamento di un servizio imparziale e efficiente.
Si legge nel rapporto di Msf che “i manifestanti feriti vengono identificati, l’accesso agli ospedali è limitato per scoraggiare la gente a protestare e coloro che tentano di farsi curare sono arrestati”. Inoltre “diversi pazienti hanno confermato di essere stati sistematicamente picchiati e intimiditi nelle corsie ospedaliere”, secondo quanto affermato anche da Latifa Ayada, coordinatore medico di Msf.
Il caso più eclatante è l’ospedale di Salmaniya, il più grande del Paese e già utilizzato dai manifestanti come punto di raduno, attorno al quale “i militari hanno stabilito dei checkpoint con carri armati”. Il governo tuttavia si difende, negando di aver abusato dei pazienti e ribadendo che le truppe schierate attorno all’ospedale si occupando del mero mantenimento dell’ordine.
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