Raggiungo nel pomeriggio l’Auditorium “Generale S. Florio”, all’interno della Caserma della Guardia di Finanza, poco prima del sound check. La sala è buia, mi viene incontro una persona riccioluta con in mano una lampada, ma non è Branduardi, è il suo manager, che mi accoglie e accompagna fino al camerino del cantautore. Angelo è molto cortese, scambiamo qualche parola, mi porge una sedia, lo ringrazio per il tempo che ha deciso di concedermi, l’intervista può avere inizio.
Direi di iniziare dalla domanda che certo in questi giorni le avranno posto in molti: come ha trovato L’Aquila a distanza di due anni dal sisma?
– Qualsiasi risposta io dia, credo sia fine a se stessa, L’aquila è una città ferita, quasi fantasma nella sua parte centrale, una città dove molto è stato fatto, ma non è certo abbastanza. Tuttavia né io né la musica possiamo fare molto, non è una situazione che può essere cambiata così su due piedi, ma che richiederà molto tempo e molti investimenti.
Cosa vorrebbe che restasse agli aquilani del concerto di stasera? La musica ha da sempre avuto un effetto curativo
– Certo, la musica non può dare un aiuto materiale, può però darne uno spirituale. La mia musica non fotografa la realtà per quello che è, ma per come si vorrebbe che fosse, per cui può aiutare a dare un respiro maggiore alla grande ferita ch vi portate sia dentro che fuori.
La sua è una discografia molto vasta, per cui prima del concerto viene spontaneo chiedersi cosa le proporrà
– Infatti stasera presenterò alcune delle mie canzoni più conosciute, una parte della Lauda francescana in forma di oratorio, e alcuni nuovi brani, tratti da “Senza spina” e dal mio nuovo disco “Così è se mi pare”.
Proprio in “Così è se mi pare”, album uscito lo scorso marzo, collabora un aquilano, il professor Walter Tortoreto.
– Esatto. Sono sue le parole dell’ultimo brano [“La ballata del tempo e dello spazio” – ndr], e sono davvero bellissime.
Una domanda al limite della curiosità personale: come sceglie i brani che andranno in scaletta? Ci sono canzoni, che se pur bellissime, lei ultimamente non esegue molto spesso dal vivo, mi riferisco a “ Il ladro”, ma anche a pezzi come “Il poeta di corte”.
– “Il ladro” è un disco che sto rivalutando solo recentemente, trovo anch’io che sia una delle cose più belle che abbia mai fatto, ma per ora non prevedo di suonarne delle canzoni, è un disco che richiede parecchia concentrazione, vi è una costante minimale molto forte, ed il minimalismo cerca il nulla; quindi questo disco ha una valutazione molto positiva per me, ma per il mio carattere ha una valutazione meno positiva, non negativa, ma meno positiva.
La sua produzione discografica ve dal ’74 ad oggi, è quindi molto vasta ed è stata costante nel tempo. Molti cantautori e cantanti invece, una volta raggiunto l’apice del successo, hanno tirato un po’ i remi in barca, forse per timore di perdere consenso popolare; lei invece si è sempre messo in discussione, sperimentando cose molto diverse. Ciò è dovuto ad una scelta razionale, mirata, o piuttosto ad un fattore quasi “fisiologico”, cioè il musicista deve suonare?
– Decisamente è una scelta fisiologica, il musicista deve suonare e deve sperimentare. Inoltre, nell’arco di quarant’anni di carriera ho conosciuto momenti di altissima qualità e quantità e momenti di bassa qualità e quantità e gli uni sono necessari agli altri, per cui non ho avuto nessuna paura di scrivere, ad esempio, “Il ladro”, che è un disco che nessuno si sarebbe aspettato da me…”Così è se mi pare” appunto, se mi và, io faccio, non sto a ragionare su questioni di marketing, sono un musicista da quando avevo cinque anni..ne ho viste di cose..
Ringrazio di cuore il Maestro Branduardi e la sincerità nel darmi le sue risposte, mai retoriche e al contempo cariche di genuina umiltà; un ultima occhiata al camerino, agli abiti di scena appesi.
Dopo qualche ora il concerto ha inizio, e Branduardi rivolge un augurio particolare agli aquilani:
“La musica aiuta a vincere le paure, anche la più grande di esse..dei bimbi al buio inizialmente piangeranno, poi inizieranno a cantare, proprio per vincere la paura. Quindi vi auguro che stasera voi possiate per un po’scordare le vostre ferite, senza per questo passarci sopra, per cui, non abbiate paura, e buon concerto…grazie”
Sandro Coletti
Foto: Manuel Romano
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