Come il cervello disegna la realtà. L’ultimo insegnamento di un grande storico della scienza

Tutti gli esseri umani cercano forme di regolarità nell’ambiente che li ospita: se queste non ci fossero la sopravvivenza sarebbe impossibile. Così le persone usano gli organi di senso e il cervello, e colgono colori, suoni, sapori, ruvidezze in quegli oggetti esterni che vengono disposti in uno spazio tridimensionale, e dei quali si percepiscono mutazioni […]

Tutti gli esseri umani cercano forme di regolarità nell’ambiente che li ospita: se queste non ci fossero la sopravvivenza sarebbe impossibile. Così le persone usano gli organi di senso e il cervello, e colgono colori, suoni, sapori, ruvidezze in quegli oggetti esterni che vengono disposti in uno spazio tridimensionale, e dei quali si percepiscono mutazioni nel tempo. Emergono allora le regolarità del senso comune e delle leggi di natura. Entrambe funzionano, ma sta crescendo l’abisso che separa il senso comune e la scienza. Già nel Seicento Galilei, Boyle, Locke e Newton avevano sostenuto che certe qualità degli oggetti (come i colori) non sono reali ma sono creazioni del cervello. La scienza contemporanea si è spinta oltre quelle tesi, fino a criticare le nozioni quotidiane di oggetto, spazio e tempo; e le neuroscienze ci aprono nuovi orizzonti, dove al centro è collocato il cervello come creatore di ciò che il senso comune continua a chiamare “realtà”. Questi i temi toccati da Enrico Bellone nel libro, edito a fine marzo da Codice, “Qualcosa, là fuori”, con sottotitolo molto esplicativo: “Come il cervello crea la realtà” e lo scopo (riuscito), di dimostrare che pensieri comuni sono i pensieri fissati e collegati in modo stabile nel cervello attraverso l’esperienza che contraddistingue la personalità umana, mentre sognare le immagini che determinano la realtà comune, per farne esperienze in maniera fruttuosa, è il compito precipuo del nostro cervello. Aiutarci a comprendere ed accettare che possiamo davvero modificare il nostro cervello e cambiare la nostra vita è l’ obbiettivo centrale in questo libro, il cui approccio consiste nell’unificare le più utili tra le nuove scoperte delle neuroscienze, neurofisiologia, biologia, e genetica, accrescendo la conoscenza del lettore in maniera sistematica, facilmente comprensibile, e, certamente, avvincente. Esso è concepito in modo da servire come strumento pratico per guidarci mentre facciamo esperienza dei processi che possiamo utilizzare per cambiare la nostra mente ed evolvere il nostro cervello. Scomparso il 16 aprile scorso, a 72 anni, divulgatore scientifico e storico della scienza,  Enrico Bellone è stato ordinario di Storia della Scienza e delle Tecniche presso la Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell’Università degli Studi di Milano, ha Padova ha diretto dal 1998 fino alla morte,  il Centro Interdipartimentale di Ricerca in Storia e Filosofia delle Scienze della stessa Università. Inoltre, nel 1995 è divenuto  Direttore di Le Scienze, versione italiana della statunitense Scientific American, rivista di cultura scientifica fra le più prestigiose in Italia. Dalla nascita, avvenuta nel 2003, è anche direttore della rivista Mente&Cervello. Nel 2004 gli è stato assegnato il Premio Capo d’Orlando. Laureato in fisica a Genova nel 1962, Bellone era ben presto entrato a far parte del gruppo di studiosi, logici, filosofi e storici della scienza riuniti a Milano attorno alla figura di Ludovico Geymonat. Aveva collaborato alla sua Storia del pensiero filosofico e scientifico e, in seguito, alla Storia della scienza curata da Paolo Rossi. Il suo primo libro, “Il mondo di carta” (1976), ebbe, tradotto in inglese, ampia diffusione in tutto il mondo e nel 2008 gli era stato conferito l’ambito Premio Preti “per il dialogo fra scienza e democrazia”. Nel 1996, chiudendo il primo volume di aggiornamento della “Storia del pensiero filosofico e scientifico”, che egli stesso aveva curato insieme a Corrado Mangione, Bellone scriveva che a Geymonat andava riconosciuto “il merito d’essersi battuto affinché gli storici della scienza, oltre a essere riconosciuti in ambito accademico, fossero anche protagonisti della battaglia che ogni società deve compiere per salvare se stessa, ovvero per produrre conoscenza senza istituire fittizie linee doganali tra cultura, scienza e storia”. Ora che è scomparso possiamo dire che lui ha portato sino ai nostri giorni questo importante messaggio di cultura e di autentica scienza. Con questo ultimo libro, uscito due settimane prima della sua morte nella sua Taormina, Bellone ci ricorda che la scienza contemporanea collaca il cervello come creatore di ciò che il senso comune continua a chiamare realtà. C’è qualcosa, là fuori, ma la sua struttura è costruita dai nostri neuroni. Nuovi problemi, insomma, per storici e filosofi. Stupenda la sua voce narrante, incantatrice, in un programma radiofonico che ebbi modo di ascoltare non molto tempo fa intitolato “lo specchio della mente”: una grande lezione di come si narra la scienza, nel suo stile originale, semplice e chiaro, che procedeva per aneddoti, senza mai cadere nel superficiale. Enrico Bellone mancherà a chi lo ha conosciuto e frequentato di persona, come Marco Cattaneo, attuale direttore di Le Scienze, che non esitato a definire la sua esperienza come un incontro con un uomo straordinario. E mancherà anche a noi che, meno fortunati, non abbiamo mai incrociato la sua strada ma abbiamo atteso con impazienza l’uscita di un suo libro, convinti sempre di trovare, nelle pagine di ogni sua nuova fatica, chiare parole cariche di significato. In fondo non ci consoliamo con poco se la sensazione provata, dopo ogni lettura, è sempre stata quella di fare un passo in avanti. Anche noi non lo dimenticheremo.

Carlo Di Stanislao

 

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