Sorprendente Cannes

Lunedì un film in bianco e nero, muto, pieno di rimandi, che parla di cinema nella Hollywood degli anni 30, un paradosso nell’epoca di  Avatar, ma  che strappa 13 minuti di applausi da parte di un pubblico entusiasta. Michel Hazanavicius non si aspettava tanto dalla presentazione alla Croisette di “The Artist”, la storia  di un divo […]

Lunedì un film in bianco e nero, muto, pieno di rimandi, che parla di cinema nella Hollywood degli anni 30, un paradosso nell’epoca di  Avatar, ma  che strappa 13 minuti di applausi da parte di un pubblico entusiasta. Michel Hazanavicius non si aspettava tanto dalla presentazione alla Croisette di “The Artist”, la storia  di un divo del cinema muto,  interpretato da Jean Dujardin, baffetti e capelli brillanti nati, che con l’avvento del sonore vede sfumare la sua carriera. Ma la giovane Peppy Miller, col volto di Bérénice Béjo, compagna di viaggio del regista, un pizzico quando lui era già una star,  non si dimentica di lui, dopo aver raggiunto il successo. Bang, si legge in una delle didascalie mentre l’immagine mostra lui a un passo dal suicidio. Ma non bisogna farsi ingannare: è la ragazza che ha un incidente d’auto per la fretta di salvarlo. Quando sono di nuovo sulla pista del successo come ballerini, il produttore dirà: perfetto. Sarà l’unica parola che si sente, assieme al rumore di un bicchiere che cade per terra, il protagonista è sconvolto: in realtà quel rumore sarà un suo incubo notturno. Successo di critica e pubblico e garanzia di ottimi incassi per questo film presentato ieri A Cannes, contro ogni pronostico e previsione. Mentre oggi solo tiepidi consensi per l’ultimo lavoro di Jodie Foster regista ed interprete, con Mel Gibson co-protagonista che alla conferenza stampa mattutina non c’èra, ma poi, è comparso a sorpresa all’anteprima ufficiale della sera, vero colpo di scena per l’attore coinvolto in una vicenda giudiziaria tristemente nota: le accuse di maltrattamenti contro l’ex compagna Oksana Grigorieva che hanno portato alla sua condanna a 36 mesi con la condizionale. Attrice fin da bambina, premio Oscar, personalità forte e intelligente, nonché regista, Jodie Foster è in è in quest’ultima veste che si presenta a Cannes, con un film complesso, si svolge in due direzioni diverse e parallele: quella di Walter,   che cerca di essere un altro uomo, un altro marito e un altro padre e quella del figlio ventenne Porter che, evitando la famiglia, cerca di uscire con Norah (Jennifer Lawrence), la ragazza di cui è innamorato e che ha un passato doloroso. Due direzioni che sembrano non incontrarsi mai, per precisa intenzione registica e di scrittura, sottolineata anche dall’uso di commenti musicali differenti. Tra lacrime e sorrisi, il film ha la forza di raccontare personaggi veri e complessi alla prese con rancore e dolore, con rabbia e desiderio di felicità, ma, purtroppo basato su colpi di scena prevedibili e un finale denso di retorica (gli americani continuano a delegare ai discorsi di fine anno della scuola o delle recite dei figli morali che non avrebbero bisogno di così tante parole). Così Cannes non risparmia soprese, con l’ovazione ad un out-sider ed il flop di una stella di prima grandezza.

Carlo Di stanislao

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