Con una decisione pubblicata ieri il Consiglio di Stato si è espresso in merito al ricorso del Codacons che, come si ricorderà, chiedeva un tetto al montepremi del Superenalotto, al fine da limitare i danni della “febbre da gioco’ nel nostro paese. La IV sezione del Cds, dopo aver confermato sul punto la tesi del Tar del Lazio secondo cui solo una nuova legge potrebbe fissare un tetto al jackpot, ha scritto:
“Come infatti sopra ricordato, le attuali modalità di accumulo obiettivamente vertiginoso del montepremi riservato alle vincite risultano disciplinate a livello regolamentare: di talchè ove ritenuto necessario sotto il profilo etico-sociale una fonte equiordinata ben potrebbe introdurre ( in assoluto o quanto meno se il jackpot supera i livelli di guardia) forme di depotenziamento o parziale sterilizzazione dell’incremento compatibili con le finalità non solo erariali che presiedono all’esercizio di giochi a totalizzatore nazionale come il Superenalotto da parte dello Stato’.
Non solo: il supremo consesso amministrativo ha anche chiesto approfondite ricerche sulle ludopatie. Scrivono infatti i giudici:
“nell’attuale stato delle conoscenze epidemiologiche, non sembra potersi individuare con sufficiente grado di attendibilità alcuna diretta correlazione tra l’aumento del jackpot e la diffusione delle ludopatie vere e proprie o comunque di fenomeni di patologica dipendenza dal gioco d’azzardo. Al riguardo i documenti versati in primo grado dalla concessionaria – ed in particolare quelli relativi all’andamento della spesa media per giocatore in relazione ai diversi livelli attinti dal montepremi del Superenalotto nel 2009 – dimostrano che all’accumulo del jackpot corrisponde sì un incremento complessivo delle somme giocate ma non un aumento della spesa del singolo giocatore. In particolare quando il montepremi raggiunge livelli eclatanti aumenta correlativamente il numero delle puntate di importo minimo e quindi la platea complessiva dei giocatori mentre non aumenta invece significativamente l’importo delle singole giocate. La tesi di fondo da cui muove la problematica evocata dall’appellante Associazione, la quale come si è detto sostiene che l’accumulo induce i giocatori a investimenti crescenti e sconsiderati, non trova dunque allo stato adeguato riscontro probatorio,’
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