Con il passare delle ore, la notizia dell’uccisione del Mullah Omar si è trasformata in quella della sua ‘scomparsa’ da Quetta, dove il leader dei talebani afgani viveva da anni sotto protezione dell’Isi, i servizi segreti militari pachistani.
L’ipotesi che sta prendendo corpo è che la stessa Isi, temendo un nuovo blitz americano in stile Abbottabad, abbia deciso di mettere al sicuro il Mullah Omar. Come del resto era stato anticipato martedì scorso da indiscrezioni di stampa che parlavano di una missione dell’ex capo dell’Isi e mentore dei talebani, il generale Hamid Gul, volta a convincere il suo vecchio amico a tornare in patria, nella provincia afgana di Helmand. Lo stesso Hamid Gul che ha reagito con grasse risate alla notizia dell’uccisione dell’emiro di Kandahar.
All’ennesimo sgarbo del Pakistan all’America di Obama, che dopo il blitz di Abbottabad aveva detto chiaro e tondo che l’obiettivo successivo sarebbe stato il Mullah Omar, hanno risposto a stretto giro di posta ‘i talebani della Cia’ – così i pachistani hanno ribattezzato i miliziani del Tehrik-i-Taliban Pakistan (Ttp) dopo lo scandalo Raymond Davis, l’agente della Cia arrestato per l’uccisione di due spie pachistane che indagavano i suoi sospetti legami con il Ttp. Nei telefonini di Davis c’erano infatti i contatti di ventisette militanti del Ttp, e nella sua macchina fotografica immagini delle principali istallazioni militari pachistane.
L’attacco sferrato domenica notte dal Ttp contro la base aerea della marina militate di Mehran, a Karaci, ha lasciato basiti gli esperti di terrorismo per la tecnica militare dimostrata dal commando: sei uomini, super-addestrati e dotati di armi sofisticate, sono riusciti ad assaltare una delle più sorvegliate basi militari del paese e a tenere testa per diciassette ore a millecinquecento soldati delle forze speciali pachistane, uccidendone una quindicina e distruggendo due aerei, un elicottero e un hangar. Un’azione militare da manuale, che ricorda quella che un altro commando del Ttp sferrò nell’ottobre 2009 addirittura contro il quartier generale delle forze armate pachistane a Rawalpindi.
Fin da quando sono nati 2007, i ‘talebani pachistani’ guidati dai pashtun waziri del clan Mehsud hanno sferrato centinaia di attacchi in Pakistan, contro obiettivi sia militari che civili, moschee comprese. Una strategia condannata dallo stesso Mullah Omar, che ha più volte ordinando al Ttp – senza successo – di cessare gli attacchi contro i ‘fratelli’ pachistani per concentrarsi invece contro l’occupante straniero in Afghanistan. Il dissenso interno alla linea del Ttp ha provocato la fuoriuscita di diversi quadri del movimento (Qari Zainuddin, Maulana Hasan Jan, Haji Turkistan, per citare i più importanti), tutti concordi nel denunciare la strumentalizzazione e la manipolazione del Ttp da parte della Cia (idea condivisa anche dall’ex direttore dell’Isi in Punjab, generale Aslam Ghuman).
Oltre a distrarre uomini e risorse dalla resistenza afgana contro Usa e Nato, gli attacchi del Ttp contro le roccaforti militari pachistane mettono in evidenza le falle nella sicurezza delle istallazioni militari di Islamabad, alimentando i timori americani sulla sorte dell’arsenale nucleare pachistano. Su ordine del presidente Obama, il Pentagono ha approntato da tempo un piano di intervento militare d’emergenza per mettere in sicurezza le atomiche pachistane – di fatto per disarmare il paese – in caso di ‘attacchi terroristici’ contro i depositi nucleari di Islamabad.
”Sia ben chiaro – ha dichiarato pochi giorni fa il premier pachistano Yousaf Raza Gilani – che ogni attacco, diretto o indiretto, contro le istallazioni strategiche pachistane avrà adeguata risposta: il Pakistan si riserva il diritto di reagire con la massima forza”.
Poi se ne è andato a Pechino per ottenere protezione militare dalla Cina, che ha risposto regalando a Islamabad cinquanta caccia Jf-17 e soprattutto avvertendo gli Stati Uniti che ogni attacco contro il Pakistan verrà considerato un attacco contro la Cina. La consacrazione dell’asse Pechino-Islamabad dovrebbe ricevere il sigillo ufficiale il prossimo 15 giugno ad Astana, con l’ingresso del Pakistan nella Sco, la ‘Nato dell’est’ a guida cinese.
Enrico Piovesana-PeaceReporter
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