Inserire un incontro con Piero Dorfles sul tema della contraddittorietà della modernità in una giornata dedicata a conferenze, presentazione di libri, tavole rotonde con tematica “Antiche carte raccontano: giornata dedicata al libro antico” è forte ammonimento per il numeroso pubblico intervenuto alla prima giornata di Volta la Carta, la fiera della piccola editoria che si svolge in questi giorni presso la cartiera del Vetoio. Ammonimento a considerare la crisi che interessa la nostra città come declino culturale prima che economico o politico; ammonimento che esorta alla fruizione del libro come mezzo indispensabile per la maturazione della capacità di analisi di osservazione del reale e per raggiungere una consapevolezza di giudizio e di discernimento sulle informazioni e comunicazioni che hanno più successo nel raggiungere la maggioranza della popolazione.
“Il ritorno del dinosauro” è il titolo del libro presentato dal giornalista e critico letterario: un dinosauro si definisce Dorfles, una specie estinta, una di quelle pochissime voci che con indignazione rispondono agli aspetti avvilenti e degradanti della società moderna. I fastidiosi dinosauri “detestano chi si comporta male, chi parla a voce alta…chi frega il posto nelle file…quando pensano che i ragazzini debbano aver rispetto per gli adulti e ancor più per gli insegnanti…”: la mancanza di cultura intesa come mancato confronto con la pluralità di punti di vista, come negazione dell’occasione di prendere come punto di riferimento modelli alti forniti dalla nostra storia non comporta soltanto un livello sempre più alto dell’ignoranza del nostro paese, dato contrastante alla crescita della popolazione alfabetizzata; è necessario accorgersi che l’assopimento della fame culturale genera problemi legati all’eticità dei cittadini di un Paese.
Diversi gli ambiti del quotidiano indagati dall’autore: dalla qualità (o meglio alla mancanza di qualità) dell’offerta televisiva, all’uso acritico delle nuove tecnologie, all’avvilimento delle eccellenze e ad una logica di aggiramento dell’impegno e del sacrificio presenti come risvolti negativi della democraticizzazione dell’istruzione.
Questi gli argomenti toccati durante la conversazione condotta sul filo dell’ironia, quella intelligente e pungente che smaschera la contraddittorietà del reale, e l’indignazione che si manifesta con un categorico rifiuto di adesione ad una società in cui è impossibile identificarsi. Dorfles ricorre alla metafora della “mucillagine sociale” coniata da De Rita per dare una rappresentazione del quadro attuale: una società che non pensa più ad uno sviluppo collettivo in cui tutti siamo soggetti ma si limita al soddisfacimento degli immediati bisogni individuali. Manca il senso d’identità culturale, la possibilità di guardare con fiducia e voglia di fare al futuro: a L’aquila questo discorso è ancora più sentito, tuttavia, afferma Dorfles, “si deve difendere l’identità culturale di una città anche quando è distrutta” e lo si può fare solo “con le idee degli aquilani” che devono pensare come doverosa la possibilità di offrire alle generazioni future di riconoscersi in un territorio che mostra orgoglioso le testimonianze storico-artistiche di un lungo processo di costruzione.
Se alle radici della crisi in atto c’è sicuramente una classe dirigente, anzi “digerente”, mediocre non si può evitare di pensare che questa rispecchi in realtà la composizione della società e che alla base di gravi fenomeni di corruzione ci sia la tolleranza di ciascun cittadino all’assuefazione del degrado e alla perpetrazione di “lievi illegalità ma sostanziali atti d’immoralità”. Il familismo diventa fenomeno giustificato in una situazione di disoccupazione che è diventato fenomeno ordinario nel nostro paese, la presenza del mezzo televisivo come popolare strumento d’informazione consente di aggirare il reperimento di altre fonti disponibili tramite altri strumenti. Bisogna allora attuare una forma di dissidenza basata sulla volontà di non essere funzionali a quelle logiche che riteniamo perverse: scegliere di guardare programmi televisivi rispettosi, fatti di cultura e non necessariamente sulla cultura, rifiutare un uso delle tecnologie che conduca alla riduzione delle potenzialità dell’individuo, trasmettere alle nuove generazioni il senso civico e l’idea della partecipazione attiva alla società, incoraggiare le eccellenze e fustigare il lassismo, considerare la cultura come strumento per esercitare i propri diritti e doveri di cittadino.
Dorfles auspica dunque ad un ritorno di “quei bravi dinosauri capaci di terribili rabbie, che sanno scuotere le code” in presenza della violazione di principi che non possono essere confinati in determinate epoche storiche ma devono essere riconosciuti come patrimonio universale e valorizzati tramite gli strumenti della modernità.
Elisa Giandomenico
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