Una ragazzina, poco più che bambina, buttata come la carta di una caramella.
Una donna, afferrata con le parole, legata con i sussurri, strattonata dall’indifferenza.
Donne di ogni età, comprate e vendute, prese a botte, con i pugni e con i gomiti, come si fa con un sacco appeso al soffitto. Mamme, figlie, sorelle, amate, desiderate, esiliate nell’angolo più buio dove la luce muore, insieme alla pietà, alla compassione crocifissa, alla giustizia tradita, umiliata, dove non esiste amore.
Tanti nomi, occhi, corpi, in tante storie sconosciute, vissuti appena iniziati e giù terminati, amori che non posseggono più sorriso che fa del mondo uno spazio infinito dove ritrovarci, stare insieme, credere e avere fiducia nell’altro, anche in colui che offende e uccide i nostri sogni.
Donne vittime e sacrificate, donne alla ricerca di un una salvezza, di un ruolo e di un riconoscimento, donne in fuga dal tallone caricato sulla testa, dall’angolo dove c’è dimenticanza del loro valore.
Bambini strappati agli affetti, alla vita tutta ancora da interpretare, vittime di questo paese disarcionato, intontito dalla paura di perdere il domani, mentre è di oggi l’ennesimo omicidio di una bambina, di una donna, è violenza avversa al femminile, che s’allarga, non risparmia fragilità né innocenza, è violenza che si mostra travestita di scuse, giustificazioni sociali, è violenza che si fa vedere, guardare, che non concede centimetri, importanti per conoscere e indagare a fondo.
Quando lo sguardo si posa sulle tante adolescenti scomparse e ritrovate senza vita, gettate qua e là, senza possibilità di una carezza, di un conforto, di un bene che rimane sordo e muto, il rischio sta nella irraccontabilità di questa sofferenza, che obbliga alla cecità del dolore, per cui diviene difficile arrivare a delle risposte condivise, il pericolo è di imbattersi nelle corruzioni dialettiche, nelle parole contaminate che vorrebbero dire tutto e il contrario di tutto, e questa ulteriore alterazione del male, ci raggira al punto da non esser più capaci di riaffermare il valore della vita, per cui togliamo diritti conclamati universali all’umanità intera.
Qualche tempo fa è stata la festa della donna, c’è da chiedersi se è stata festa di compleanno dedicata a tutte le principesse, oppure si è trattato di una ricorrenza-celebrazione, a ricordo di chi non c’è più, maltrattato in qualche anfratto, in una buca dove gli occhi rimangono aperti a guardare il male dentro di noi.
Figli a perdere, destinati a lasciare il tempo, bambini additati a nostro futuro, come se questo presente non fosse così importante, come se queste assenze devastanti fossero parte di un presente di cui non c’è nulla da preoccuparsi, tanto meno preoccuparci dei più indifesi, vissuti come giocattoli, traditi come esseri umani.
Le televisioni fanno scorrere immagini viste troppe volte, i giornali ripetono righe sempre uguali, mentre donne e bambine sono costrette a rimanere al palo, il consorzio sociale non se ne avvede, sbilanciato a correre in avanti restando anch’esso indietro, una società contorsionista che livella e abbatte ogni vergogna per un gesto infame che sarà per sempre, piuttosto che prendersi cura di chi non ha difese da opporre, ma unicamente occhi spalancati di innocente.
Vincenzo Andraous
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