Si chiude con il tragico bilancio di 116 morti l’affondamento, avvenuto domenica scorsa, del “Bulgaria”, il traghetto russo inabissatosi in Tartasan, mentre era in navigazione sul Volga. La nave – a bordo della quale c’erano, secondo il ministero della protezione civile, anche oltre un centinaio di turisti – è calata a picco a 3 km dalla riva, non lontano dal villaggio di Syukeyevo, circa 80 chilometri a sud di Kazan, la principale città del Tatarstan, situata a 800km a est di Mosca. Le agenzie ci dicono che sono stati recuperati finora 88 corpi, mentre sono stati spiccati i primi fermi, che hanno riguardato Svetlana Iniakina, direttore generale della compagnia che ha noleggiato il battello e un ispettore, con due capitani indagati per omissione di soccorso. Tra le vittime è stato identificato pure il corpo di Alexander Ostrovsky, comandante del Bulgaria, ritrovato nella sua cabina assieme al corpo della moglie, mentre non sono stati ancora ritrovati i corpi dei due figli, che pure erano sulla nave. A bordo del traghetto c’erano, al momento del disastro, 196 persone, nonostante l’imbarcazione, una nave a doppia coperta fabbricata in Cecoslovacchia nel 1995 e, pare, sprovvista di licenza di navigazione, non ne potesse trasportare più di 120. La nave aveva di recente superato i test di controllo tecnici per la navigazione e le cause del naufragio sono, per ora, ancora sconosciute. Inoltre la compagnia proprietaria, ha confermato di aver condotto recentemente delle ispezioni, che erano state superate. I sopravvissuti, intervistati dalla tv Rossia24, hanno però denunciato l’assenza sull’imbarcazione delle indicazioni riguardanti le misure di sicurezza: “Non c’era alcuna indicazione sul luogo dove si trovassero i giubbotti di salvataggio”, ha raccontato una donna sfuggita alla morte, calandosi in acqua da un oblò. Quello del Bulgaria è il più grave incidente nautico della Russia post-sovietica, a parte quella del sottomarino Kursk del 2000, con 118 morti. Prima di questo, l’ultimo naufragio risale al settembre 2010, quando sette persone persero la vita nel naufragio di un battello su un lago a 80 km da Norilsk (grande nord russo). Il 16 settembre 2005, invece, 14 passeggeri su un totale di 24 morirono nel fiume Enisei a Dudinka, nella regione siberiana di Krasnoiasrk, a bordo della nave Nekrasov, che trasportava anche oltre 100 tonnellate di frutta e verdura (contro un massimo di 70). In epoca sovietica, invece, il 31 agosto 1986, la nave da crociera Nakhimov fu speronata da una chiatta e affondò nel mar Nero al largo di Novorossisk, causando la morte di 423 persone tra i 1243 passeggeri. Il 5 giugno di tre anni prima, la nave da crociera Suvorov, in navigazione sul Volga da Rostov sul Don a Mosca, urtò contro un pilone di un ponte ferroviario mentre stava passando un convoglio: i morti, tra passeggeri della nave e del treno, furono almeno 173, ma secondo altre fonti potrebbero essere stati addirittura 600 (le autorità sovietiche fecero scendere il silenzio sulla tragedia). Nel tentativo di arginare le critiche alle autorità in vista delle elezioni presidenziali di marzo, il presidente Russo Medvedev, che ha detto che non ci sarebbe stata la tragedia se fossero state rispettate le norme di sicurezza, ha annunciato “un’indagine completa” dei veicoli di trasporto operanti nel Paese e proclamato, per oggi, un giorno di lutto nazionale. Le più “sincere condoglianze” per la tragedia che ha ucciso persone che “volevano solo riposare” sono state inviate dal presidente Vladimir Putin. “Attualmente occorre non solo individuare i colpevoli ma anche aiutare i sopravvissuti e i parenti dei morti”, ha detto Tatiana Golikova, Ministro della Sanità e dello Sviluppo Sociale, che ha aggiunto: “l’essenziale è fornire assistenza sociale e psicologica ai sopravvissuti e ai parenti delle vittime del naufragio che sono in un grave stato psicologico. Abbiamo inviato a Kazan nostri specialisti per fornire assistenza qualificata a tutti i bisognosi”. Lettere di cordoglio sono giunte da tutti i vari Capi di Stato.
Carlo Di Stanislao
Lascia un commento