Il prossimo 6 agosto saranno 17 anni da quando è morto, nella sua Lampedusa, dopo una strenua battaglia contro il male. Domenico (“Mimmo”) Modugno, è considerato il padre dei cantautori italiani, ma è stato, in generale, uno dei più prolifici artisti di questi anni, avendo scritto e inciso 230 canzoni, interpretato 38 film per il cinema e 7 per la televisione, recitato in 13 spettacoli teatrali e condotto diversi programmi televisivi.
La sua canzone Nel blu dipinto di blu, scritta con Franco Migliacci e universalmente nota come Volare, ha venduto ben 800.000 copie in Italia e oltre 22 milioni nel mondo, ma in pochi ricordano che non iniziò come cantante, bensì come attore. Nata a Polignano a Mare, in provincia di Bari, nel 1928, ventenne partecipa al concorso per attori al Centro Sperimentale di Cinematografia, dove viene ammesso e dove poi vincerà una borsa di studio come migliore allievo della sezione di recitazione. Qui conosce, fra gli altri, Riccardo Pazzaglia, allievo della sezione di regia, futuro paroliere di alcune sue memorabili canzoni. Nel 1951, ancora allievo, prende parte al film “Filumena Marturano” di Eduardo De Filippo e nel 1952 è in “Carica eroica” di De Robertis, dove interpreta la parte di un soldato siciliano che canta la “Ninna Nanna” ad una bambina. Sempre nel 1952 è in teatro nel “Il borghese gentiluomo” di Molière e prende parte ai film “Anni facili” (1953, di Luigi Zampa) e all’episodio “La giara” del film “Questa è la vita” (1954, di Giorgio Pastina). Divenuto famoso come cantante e dopo aver vinto nel ’56 il festival di Napoli (che vincerà ancora nel 1964) e nel 57, ‘59 e nel 62 quello di Sanremo (che vincerà ancora nel 1966), nel 1963 si cimenta nella regia cinematografica con il film “Tutto è musica”, un film che ha anche scritto e musicato con Ennio Morricone. ra i film di Modugno vanno ricordati “Europa di notte” (1959, di Alessandro Blasetti), “Nel blu dipinto di blu” (1959, di Piero Tellini), “Lo scopone scientifico” (1972, di Luigi Comencini) e “Il giudizio universale” (1961, di Vittorio De Sica). Fra le altre prove come attore, nel 1968 interpreta “Liolà” di Luigi Pirandello e tra il 1973 e il 1975 è Mackie Messer in “Opera da tre soldi” di Bertolt Brecht e Kurt Weill, per la regia di Giorgio Sthreler. Tra gli sceneggiati televisivi ricordiamo quello del 1984 “Western di cose nostre”, tratto da un racconto di Leonardo Sciascia, sceneggiato da Andrea Camilleri, per la regia di Pino Passalacqua. Stamani, su Rai Tre, è andato in onda il suo unico film di regia: “Tutto è musica”, presentato a Venezia al Festival del Cinema di Venezia nel 2008, per gli ottanta anni dalla nascita dell’artista. Composto da vari momenti apparentemente slegati, la pellicola, a tratti surrealmente poetica, assume quasi il carattere di un film ad episodi, costruito su tanti videoclip. Nel film, che alla sua uscita fu accolto tiepidamente, compaiono lo stesso Modugno Paolo Bergamaschi, Stefano Conti, Giustino Durano, Franco Franchi, Eddra Gale, Ciccio Ingrassia, Mario Laurentino, Mirella Macnich e Richard McNamara. Tutto è musica sulla carta ha diversi elementi da vero supercult. In primo luogo vede la presenza di Tonino Valerii come sceneggiatore ( con Migliacci), assistente alla regia e regista della seconda unità. E ad una prima occhiata si ha la netta impressione che il suo apporto sia stato ben più sostanziale (si guardi l’episodio della corsa dei cavalli o quello dei pesci spada e dove non si può non notare la mano del regista di Montorio al Vomano). Poi il film porta la firma di Modugno anche come produttore; teoricamente l’unica firma in questo ruolo, anche se il cantante era già entrato ed entrerà, spesso non accreditato, in produzione nei film diretti da Pazzaglia (era già successo ne L’onorata società nel ’61 e la presenza di Franco e Ciccio ne sono un cenno rivelatore). Quello che poteva essere il suo difetto principale, la sua frammentaria discontinuità, ne è invee punto di forza e di novità, con una collezione di videoclip ante-litterman, spesso girati con tecnica di prim’ordine, soprattutto per la fotografia. Il tutto accompagnato ad un senso profondo di autoironia, che mitiga grandemente, senza cancellarla, la malinconia di fondo. Il più bello, che compare come entità marziana, l’episodio di Franco e Ciccio, per alcuni aspetti curiosamente pre-pasoliniano. E tutto scorre, con contaminazioni da mondo movie (Lu pisce spada, Il cavallo cieco della miniera), fellinismi, perfino accenni al lacrima movie (Piove). Una strana e straniata autobiografia fra realismo e drammatizzazione, sulla vita di uno dei più grandi cantautori della musica leggera italiana, dall’infanzia trascorsa in Puglia ai primi successi come attore e poi come cantante, alle fasi successive, introdotte e fra loro inanellate dalle alcune delle più famose canzoni da lui composte e interpretate. A me è molto piaciuto l’episodio in spiaggia con Giustino Durano, un episodio melanconico e visionario, che si apre sull’eterno discorso del desiderio e dell’amore. Grande attore di teatro, ( Il dito nell’occhio, Sani da legare, I dritti, con Dario Fo e Franco Parenti), regista, mimo, fantasista e attore di cinema: da La fortuna di essere donna (1956) e Io, io, io… e gli altri (1965) diretti da Alessandro Blasetti, ad apparizioni in produzioni internazionali come Il magnifico Bobo (1967) con Peter Sellers, Durano ha ottenuto, nel 1997, un Nastro d’argento per la commovente interpretazione dello zio ebreo nella Vita è bella di Roberto Benigni. Lo stesso anno del film uscì, con lo stesso titolo, un album della Fonit Cetra con tutte le canzoni già note del cantautore, ristampate nelle versioni già, di cui una, Stasera pago io, ancora inedita su LP. Completano il disco due nuovi brani, Lettera di un soldato e Io peccatore, non incluse nella pellicola, che erano già state incise su 45 giri la precedente primavera. Come già detto il film fu un fiasco, mentre miglior fortuna al cinema Modugno la ottiene come compositore di colonne sonore in film ironicamente drammatici quali Uccellacci e uccellini (1966) e Capriccio all’italiana (episodio Che cosa sono le nuvole??, 1968, in cui ha anche una piccola parte) entrambi di P.P. Pasolini. Grande amico di illustri poeti come Quasimodo (di cui ha messo in musica due poesie Ora che sale il giorno e Le morte chitarre) e Montale, dopo l’ictus che lo ha colpito nel 1984, si dedicò alle battaglie civili, politiche e sociali, simpatizzando apertamente per le campagne progressiste del Partito Socialista Italiano, al quale aveva donato i diritti d’autore della canzone L’anniversario, composta nel 1973, in occasione della campagna per il referendum sull’abrogazione della legge Fortuna – Baslini, che nel 1971 aveva introdotto il divorzio nella legislazione italiana. Nel 1986, impressionato dall’attività a favore dei disabili del Fronte Radicale Invalidi iniziò ad interessarsi alle iniziative del Partito Radicale, per il quale fu candidato alle elezioni politiche del 1987, venendo eletto alla Camera tra i deputati della X legislatura dalla quale si dimise il 18 aprile del 1990 in ossequio allo statuto del partito. In seguito alle dimissioni dal Senato di Gianfranco Spadaccia gli subentra nel suo seggio a Palazzo Madama, dove siederà fino al termine della legislatura. Durante la sua permanenza in Parlamento, Modugno si impegnò a fondo sui temi dei diritti delle persone disabili e sulle norme a tutela degli artisti. Nel ’91 ritornò in attività, con un memorabile concerto alle Terme di Caracalla. Il 26 agosto 1993 tenne a Polignano a Mare, sua città d’origine, l’ultimo grande concerto della carriera, alla presenza di 70.000 persone in occasione della “riappacificazione con i polignanesi” per essersi sempre dichiarato siciliano. La manifestazione dei tre giorni chiamata Modugno torna a casa, ideata e diretta dal regista Gianni Torres, vide Mr. Volare sfilare lungo la costa di Polignano a bordo di una barca (come si fa il 15 giugno di ogni anno per San Vito, patrono locale), alla testa di tante altre piccole barchette, attraversare il paese baciando bambini e stringendo mani a bordo della famosa Lancia Aurelia del film “Il sorpasso” di Dino Risi, e per terminare, il concerto nel quale dichiarò davanti a tutti: “Chiedo scusa, ma per la fame avrei anche detto di essere giapponese!»” Si trattò del più importante evento nazional-popolare del 1993 e Domenico Modugno, un po’ appartatosi per via della malattia, tornò sulla scena da leone, proprio ripartendo dal suo paese natale come accadde tanti anni prima. L’anno dopo morì d’infarto a soli 66 anni,. dopo aver combattuto contro il disagio della paralisi, per più di un decennio.
Carlo Di Stanislao
Lascia un commento