Il suo nome significa “colui che sta bene” e la più antica testimonianza che lo riguarda è in un documento ufficiale della Chiesa dei secc.V-VI, dove compare il suo anniversario di morte. Ancora nel sec. VIII un altro documento ci narra alcuni particolari del martirio: la tortura, la decapitazione notturna, la sepoltura ad opera dei discepoli Proculo, Efebo e Apollonio, successivo martirio di questi e loro sepoltura. Altri testi del sec. VI, raccontano che S.Valentino, cittadino e vescovo di Terni dal 197, divenuto famoso per la santità della sua vita, per la carità ed umiltà, per lo zelante apostolato e per i miracoli che fece, venne invitato a Roma da un certo Cratone, oratore greco e latino, perché gli guarisse il figlio infermo da alcuni anni. Guarito il giovane, lo convertì al cristianesimo insieme alla famiglia ed ai greci studiosi di lettere latine Proculo, Efebo e Apollonio, insieme al figlio del Prefetto della città. Imprigionato sotto l’Imperatore Aureliano fu decollato a Roma.
Era il 14 febbraio 273. Il suo corpo fu trasportato a Terni al LXIII miglio della Via Flaminia. Fu tra i primi vescovi di Terni, consacrato da S.Feliciano vescovo di Foligno nel 197. Preceduto da S.Pellegrino e S.Antimo, fratello dei SS.Cosma e Damiano. La sua festa (che è anche Festa degli Innamorati), o si riallaccia agli antichi festeggiamenti che si tenevano il 15 febbraio in onore del dio Pan (in Grecia), Fauno (tra gli Italici) e Luperco (presso i Latini); festeggiamenti legati alla purificazione dei campi e ai riti di fecondità, che, divenuti troppo orridi e licenziosi, furono proibiti da Augusto e poi soppressi da Gelasio nel 494. In epoca romana e fino alla proibizione augustea, in quel giorno si estraeva la “lotteria dell’amore”: ogni fanciulla in età da marito metteva il proprio nome in un’urna ed ogni giovane scapolo doveva poi pescare un nome a caso.
Si formavano così delle coppie, che per un intero anno avrebbero vissuto in intimità, affinché il rito della fertilità fosse concluso. Pertanto il 15 febbraio è la festa della “vita che si rinnova”, festa che, il 13 dello stesso mese, era celebrata anche presso i Celti, col nome di “Festa della Sposa”: il giorno che la dea Ofide faceva capolino dal suo covo, per vedere a che punto era l’invernata; la Festa della Primavera: la stagione degli amori, degli accoppiamenti, dai quali nascono i nuovi figli della natura, nel ciclo delle vite che si ripete incessante.
L’agiografia popolare e cristiana attribuisce alla storia di San Valentino, due finali differenti. Secondo una versione, quando l’imperatore Aureliano ordinò le persecuzioni contro i cristiani, San Valentino fu imprigionato e flagellato lungo la via Flaminia, lontano dalla città per evitare tumulti e rappresaglie dei fedeli. Mentre la seconda versione racconta che, nel 270 d.C. il vescovo Valentino, famoso per aver unito in matrimonio un pagano ed una cristiana, fu invitato dall’imperatore pazzo Claudio II che tentò di persuaderlo a convertirsi nuovamente al paganesimo. San Valentino, con dignità, rifiutò di rinunciare alla sua Fede e, imprudentemente, tentò di convertire a sua volta Claudio II al Cristianesimo. Il 24 febbraio 270 d.C. San Valentino fu lapidato e poi decapitato. La storia sostiene, inoltre, che mentre Valentino era in prigione in attesa dell’esecuzione si fosse innamorato della figlia cieca del guardiano, Asterius, e che con la sua fede avesse ridato miracolosamente la vista alla fanciulla. La festa di San Valentino fu istituita un paio di secoli dopo la sua morte di Valentino, nel 496, da papa Gelasio I, fissata il 14 febbraio ed in sostituzione ei lupercrari pagani; ma pare che la festa fosse già celebrata all’epoca di San Gregorio Magno (quindi contemporaneamente o addirittura in epoca antecedente alla vita del Vescovo di Terni), così come si nota nei Capitularia del sec. VII e nel Sacramento Gregoriano.
Patrono di Terni, i festeggiamenti in suo onore sono molto ampi e complessi in città: in occasione della festa viene celebrata una S. Messa per le coppie che compiono 50 anni di matrimonio, a suggellare la sacralità di vincoli d’amore così duraturi da poter essere esempio per tutti i giovani che si apprestano ad iniziare una vita di coppia e che, chiedendo la protezione del Santo possono augurarsi di raggiungere analogo traguardo. Nella stessa data si festeggia il santo a Vico del Gargano, in provincia di Foggia, nel cuore del Parco Nazionale del Gargano, con la statua del santo ornata di alloro e arance, portata in processione per il paese. Anche a Quero (in provincia di Belluno), il 14 di questo mese, si festeggia il Santo, lanciando verso di lui arance benedette. Più complesso e particolare il festeggiamento del santo dal 13 al 15 febbraio, durante la “Lacera” di Rocca Grimalda in provincia di Alessandria: tre di festa che caratterizzano il Carnevale e sono il risultato storicizzato dei riti di fertilità precristiani di cui abbiamo già detto. Il venerdì e sabato i figuranti si spostano nelle campagne eseguendo le danze tradizionali. La domenica il corteo raggiunge il centro storico animato da giocolieri. A dar nome alla festa sono i Lachè (servitori), che ricoprono il ruolo principale nella rappresentazione: la loro danza festosa e spumeggiante, è forse una manifestazione grottesca e ridicolizzante di signori e potenti. I loro movimenti sono continui saltelli in direzione della sposa che non riescono mai a raggiungere. Infine dobbiamo far cenno ai “Falò di S. Valentino” di Abruiola, in provincia di Potenza. Gli abitanti di Abriola, fieri di aver eletto loro Patrono il Santo, sono in annosa diatriba con la città di Terni, dove ugualmente, e con ben maggiore enfasi, si venera il S. Valentino degli innamorati.
Il 30% degli abitanti del piccolo borgo porta il nome del Santo che, tuttavia, sarebbe diverso dal Vescovo francescano umbro, poiché si tratterebbe, secondo ricerche approfondite, di un altro martire romano, vissuto nel III secolo e sepolto al II miglio della Via Flaminia, in vicinanza dell’insediamento attuale. Il rito di Abriola mescola ancora elementi cristiani e pagani. I festeggiamenti, che attirano migliaia di visitatori da tutta la regione, iniziano la mattina del 14 febbraio con la processione; si compongono “squadre” di fedeli che si contendono con offerte sempre più generose l’onore di portare a spalla per le strade del paese la statua del Patrono, custodita nel corso dell’anno nella Chiesa Madre. La sera si allestiscono i fuochi, detti “fucanoi”; grandi falò di ginestre e legna raccolta dai ragazzi del paese, con carrozze costruite da loro nei giorni precedenti la festa; questi fuochi, in numero di dodici, uno per ogni quartiere, vengono collocati nelle piazze e negli slarghi dei vari rioni, che si contendono il falò più bello e spettacolare; gli abitanti preparano cibi e pietanze tipiche che, innaffiate di abbondante vino locale, offrono in piazza a tutti i visitatori, e intorno ai falò si mangia, si beve, si balla e si intonano canti popolari fino a che i fuochi non sono consumati, il che spesso “impone” il proseguimento dei festeggiamenti anche la sera successiva. Una forma “abbreviata” è celebrata nel paese anche il 16 agosto.
Carlo Di Stanislao
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