Raquel Gutiérrez Aguilar, giornalista e attivista sociale messicana, pochi giorni fa si è vista costretta a interrompere il suo viaggio verso l’Italia perché il governo degli Stati Uniti ha chiuso lo spazio aereo al volo AereoMexico-Alitalia sul quale viaggiava. Raquel stava venendo in Italia su invito della Fondazione Neno Zanchetta per partecipare al seminario “America Latina ma non solo” organizzato a Cortona dal 22 al 24 luglio. Professoressa e ricercatrice del CEAM (Centro di Studi Andini e Mesoamericani), Raquel è una delle voci più limpide e geniali della lotta dell’acqua di Cochabamba del 2000: con l’associazione Yaku nel 2009 ha pubblicato “La Rivoluzione dell’acqua. La Bolivia che ha cambiato il mondo” che, lo scorso anno ha presentato in Italia in una serie di incontri tenutisi da Trento a Roma.
Proponiamo qui di seguito la traduzione italiana della “Lettera Aperta” nella quale Raquel condivide le sue riflessioni sul comportamento arbitrario del governo degli Stati Uniti e chiede le dovute spiegazioni ai fatti che l’hanno vista involontariamente protagonista. Chiunque voglia esprimere la sua solidarietà può utilizzare il blog: http://agraviosgringosnongratos.blogspot.com/
Lettera aperta agli uomini e donne sensibili di questo mondo
María Raquel Gutiérrez Aguilar
Stanotte ho preso un volo per andare in Italia. Dovevo arrivare in Toscana per incontrare amici e compagni con i quali condividere esperienze di lotta in America Latina. Non sono potuta arrivare alla mia destinazione perché il governo degli Stati Uniti ha deciso che io non avevo diritto di passare nel suo territorio, nemmeno nel suo “spazio aereo” nonostante stessi viaggiando con una compagni aerea teoricamente messicana (Aero Mexico) che operava un volo per conto di un’altra compagnia (Alitalia) di un altro paese e senza tenere nemmeno conto del fatto che il punto più vicino al suolo nordamericano in cui sarei stata si trovava a circa 30mila piedi di altezza.
Vi racconto quello che è successo:
Mercoledì 20 luglio del 2011 alle 22.35, mi sono imbarcata a Città del Messico nell’aereo dell’Aeromexico, volo 033 con destinazione Barcellona, per fare scalo e poi prendere da Barcellona un altro volo per Roma con Alitalia. Una amica mi avrebbe accompagnato da Roma alla Toscana in macchina. In volo tutto procedeva in maniera assolutamente normale, quando qualche minuto dopo la mezzanotte il comandante ci ha avvisati che stavamo volando verso Monterrey perché era stato chiuso lo spazio aereo nordamericano. Ha spiegato che dato che avrebbe dovuto volare seguendo un’altra rotta, l’aereo aveva bisogno di rifornirsi di altro combustibile.
L’aereo è atterrato a Monterrey e tutti eravamo abbastanza nervosi dato che l’avviso del comandante è parso a tutti abbastanza strano.
La mia grande sorpresa è stata che quando siamo atterrati, ormai passata la una del mattino di oggi 21 luglio, si è avvicinata a me una delle hostess, e mi ha chiesto di mostrarle un documento di identità. Le ho mostrato i miei documenti senza problemi. Avevo con me anche la carta elettorale e le credenziali della UNAM. Una volta visto il mio nome mi ha chiesto di prendere le mie cose e di seguirla fino alla porta dell’aereo.
Quando sono arrivata alla porta dell’aereo con tutto il mio bagaglio a mano, c’erano alcuni poliziotti federali messicani e due o tre funzionari dell’Aeromexico, mi hanno chiesto di nuovo i documenti e poi mi hanno chiesto di scendere dall’aereo. Io ho risposto che non sarei scesa a meno che qualcuno non mi avesse spiegato cosa stesse succedendo. Mi hanno risposto che “il governo degli Stati Uniti aveva negato lo spazio aereo al nostro volo perché io ero su quel volo!
Davanti alla mia faccia di assoluta sorpresa, una funzionaria molto gentile dell’Aeromexico mi ha detto che anche loro erano molto sorpresi, mi ha chiesto di seguirla e che avremo cercato di capire cosa si poteva fare. Non mi restava altra scelta che scendere dall’aereo; nel frattempo stavano già portando via i miei bagagli registrati dalla stiva.
La polizia federale, in una maniera abbastanza intimidatoria mi ha chiesto di consegnargli una copia del mio passaporto. Le signorine dell’Aeromexico mi hanno accompagnato a fare le copie del passaporto in un ufficio della compagnia, la polizia le ha prese e le stesse signorine – alle quali io credo perché erano incredule rispetto a quello che stava succedendo, indignate, (anche perché sono state costrette a lavorare ore extra), e che in più erano davvero cordiali con me – mi hanno detto che dovevano cercare un’altra rotta per me, per evitare di passare dagli Stati Uniti e che Aeromexico ad ogni modo si faceva carico di mandarmi in Italia.
Siamo rimaste ad aspettare in aeroporto più o meno un’ora e mezza, fino a che finalmente sono riuscite a trovare un aereo. Ho chiesto loro che mi trovassero un posto sul primo aereo per Città del Messico che mi hanno trovato immediatamente. Dopo, loro stesse mi hanno accompagnato a un taxi che mi ha portato in un hotel. Io ero abbastanza spaventata e molto molto indignata.
Una volta nell’hotel Marriot Courtyard mi sono messa in contatto con i miei amici più cari, con i compagni italiani che mi avrebbero dovuto aspettare a Roma per avvisarli che non sarei arrivata con il volo programmato. Ho pensato molto a cosa fare e dopo le chiacchierate con gli amici e il risultato è questo:
Quello che sentivo più di qualsiasi altra cosa era una specie di paura, un senso di vulnerabilità profonda che mi spingeva prima di tutto a mettermi in salvo. Per questo ho deciso di viaggiare subito.
Allo stesso tempo sentivo una grande indignazione: come può succedere una cosa del genere? Che ti facciano scendere da un aereo che si trova in un’altra parte del mondo, come possono queste “autorità statunitensi” comportarsi in “maniera così dispotica”? Come facciamo a tollerare cose del genere? Come possiamo proteggerci davanti a queste, al fatto che loro possono prendere queste decisioni in maniera così insolente e senza dover rispondere di questi fatti davanti a nessuno?
Per tutta la giornata del 21 sono stata a parlare con molti amici, che voglio ringraziare davvero per l’appoggio e l’indignazione che hanno condiviso con me. Abbiamo capito varie cose da questo avvenimento: queste arbitrarietà, le risposte del tipo “perché sì …” che una persona deve sopportare senza poter fare nulla sono il tipo di relazioni sociali che ci stanno imponendo e, in questo caso particolare, penso che siano una specie di “avviso” a dimostrazione del fatto che loro possono fare qualsiasi cosa.
Di sicuro hanno davvero molto potere per tante cose, come quello di far scendere una passeggera dal posto 17J di una linea aerea teoricamente straniera, che sta viaggiando verso un paese che non è il loro paese, e lasciarla in una città del nord del Messico all’alba di un giorno qualsiasi.
Però non hanno il potere sufficiente per evitare che noi ci mettiamo in comunicazione e parliamo, non possono impedirci che io domani partecipi con i compagni italiani, all’evento per cui mi avevano invitato, anche se non sarò lì fisicamente. Questo non possono impedirlo.
Non hanno nemmeno la capacità di evitare che questi fatti, anche se piccolezze confronto ad altri avvenimenti, non smettano di farci indignare, collegare, e renderci solidali tra noi, che è quello che i miei amici e le mie amiche stanno facendo con me a partire dall’alba di oggi. È quello che abbiamo fatto in questo caso, un piccolo caso, minuscolo dove non c’è stata tortura, ne minacce, ne la morte di qualcuno… è stato solo un modo di spaventare una passeggera nel mezzo della notte, e una mancanza di rispetto assoluto a tutti i viaggiatori che sicuramente hanno avuto problemi con i loro scali e con i loro piani di viaggio. Però credo che in questo caso piccolo, minuscolo, insignificante, possiamo riconoscerci tutti, ognuno con i soprusi che ha dovuto subire e sopportare da tempo. Quasi tutti abbiamo una storia simile, qualcosa che ci hanno impedito di fare, qualcosa che ci ha offeso, arrecato danno. E per questo sarebbe bene pensare ad alcune modalità di auto-protezione collettiva.
Stiamo attraversando brutti tempi, che minacciano essere anche peggiori in futuro. Dobbiamo tirare fuori le nostre abilità migliori per impedire che riescano a raggiungere il loro obiettivo di paralizzarci e spaventarci, questo è quello che mi sembra più urgente.
Non sopportiamo più queste offese in silenzio, pensiamo non solo a come “denunciarle”, ma anche come fermarle, come fare in modo che finiscano: prenderci cura di noi stessi, ma tutti insieme, credo che sia la cosa migliore da fare, per fare fronte a questa frammentazione basata sulla paura di quello che stiamo vivendo.
Quello che ci è capitato oggi, questo di aver parlato e dialogato tutto il tempo, mentre io percorrevo il lungo cammino da Monterrey a Città del Messico, e da lì fino a casa di mia madre, che era l’unico posto dove io volevo andare per sentirmi in salvo, queste chiacchierate ci devono portare a fare alcune cose:
Chiediamo alle due compagnie aeree Aeromexico e Alitalia che dicano cosa è realmente successo alla passeggera col posto 17J del volo AM33 del 20 luglio, che ha preso il suo volo alle 10.35 e non è arrivata alla sua destinazione finale. Che ci dicano, che ci spieghino a quali leggi si deve attenere, da quali leggi è tutelata una persona che decide di viaggiare all’estero.
Chiediamo anche alle autorità statunitensi che ci spieghino quale pericolo poteva causare loro la passeggera col posto 17J del volo in questione, che volava a 30 mila piedi di altitudine sopra gli Stati Uniti. A questo proposito chiediamo agli amici e compagni statunitensi che ci aiutino. Vogliamo solo una spiegazione. Che pericolo rappresentava questa donna? Come questa passeggera del posto 17J poteva essere considerata una minaccia per il signor Smith di Alabama, o per il signor Jones di Boston mentre sorvolava le loro case? Chiediamo che queste “autorità” ci spieghino quello che fanno. Vogliamo che ci spieghino quello che decidono e perché lo decidono. Perché le loro decisioni ci sembrano non solo stupide, ma anche molto arbitrarie.
Organizziamo anche un modo per chiedere agli statunitensi amici – che sono gli unici ad essere riconosciuti come persone con diritto di parola per lo stato nordamericano; la maggior parte di noi non ha neppure questo diritto di parola – chiediamo che tutti quelli che sono nella “lista nera” del governo statunitense per le più svariate, e quasi sempre assurde ragioni, abbiamo almeno una “visa aerea” affinché questo governo non possa impedire il traffico aereo e la mobilità dei passeggeri di altri paesi. Non chiediamo che ci lascino entrare nel loro paese. Loro avranno le loro ragioni perché noi non entriamo negli Usa. Però è aberrante che non permettano neanche che si passi sul loro spazio aereo con un volo, se nel volo c’è un passeggero che loro, per qualsiasi motivo considerano non grato.
Concludendo, stiamo creando un blog dove condividere queste esperienze, dato che la comunicazione tra noi e il prenderci cura gli uni degli altri è forse l’unico modo per salvarci da questa prepotenza. Non possiamo rimanere paralizzati e perplessi – come ero io questa notte davanti alla porta dell’aereo di AeroMexico, rientrato a Monterrey – è meglio che iniziamo a raccogliere le storie dei “testimoni di soprusi e offese che abbiamo patito noi della lista nera”. Sappiamo che sono molti. Sappiamo che non vogliamo sopportare questi abusi in silenzio e da soli… Sappiamo che possiamo fare in modo di mitigarli, e magari fare in modo anche che un giorno finiscano.
Non ultimo ringrazio tutti voi, per qualsiasi tipo di appoggio o attenzione possiate dare a quanto mi è successo. Non è questione di garantire che Raquel Gutiérrez possa viaggiare, ma che chiunque, qualsiasi persona, uomo, donna o bambino che sia seduto nel posto 17J, sappia che può arrivare alla sua destinazione finale. Che sappia che non ha motivo di avere paura, che sappia anche che è sicuro e che può girare per il mondo per incontrare i suoi amici, compagni, fratelli e sorelle con fiducia.
Se questa lettera può essere utile a qualcuno, se qualcuno pensa di poter fare qualcosa perché fatti del genere non succedano più vi chiedo di scrivere a questo indirizzo: hombresymujeres.agraviados@gmail.com e che visitiate il blog http://agraviosgringosnongratos.blogspot.com/ in modo che possiate lasciare un commento e tutti possiamo condividere le esperienze e capire come trovare soluzioni.
Ringrazio di cuore quelli che mi hanno sostenuta quando sono stata colpita dal dispotismo e dall’arbitrarietà del governo statunitense nel mio stesso paese. Ringrazio allo stesso modo quelli che parteciperanno all’imbastitura di questa rete di auto-protezione che stiamo proponendo e che sono sicura costruiremo insieme.
(Traduzione di Elvira Corona)
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