“Condivisione d’affetti, da Firenze a Santo Stefano di Sessanio”, è il titolo della mostra inaugurata ieri sera nello splendido borgo aquilano, dall’assessore provinciale alla Cultura, Luigi De Fanis, curata dalla galleria degli Uffizi, con le stesse opere d’arte che vennero esposte per celebrare la riapertura di quella parte della struttura gravemente danneggiata dall’attentato terroristico del 1993, in via dei Georgofili. Santo Stefano, che oggi vive una nuova trionfante stagione di interessi turistici e culturali, in occasione del terribile sisma del 2009, ha subito il crollo della torre dei Medici, simbolo delle magnifiche testimonianze architettoniche lasciate in eredità dalla storica famiglia fiorentina e filo rosso che unisce due realtà geograficamente lontane, ma accumunate da secoli di storia lungo la cosiddetta “via della lana”. Il restauro e l’acquisizione di alcune delle opere esposte si devono all’associazione degli Amici degli Uffizi, che ha fortemente sostenuto la realizzazione dell’evento. Un percorso che vede nuovamente in prima fila il giovane imprenditore Daniele Kihlgren, di origine olandese, che nel 2004 ha deciso di investire sul patrimonio artistico e ambientale di Santo Stefano, acquistando una parte del borgo per realizzarvi un “albergo diffuso”. Un proficuo “incontro” tra pubblico e privato (Comune, Ente Parco e Sextantio), sancito dalla Carta dei Valori, divenuto negli ultimi anni un significativo modello di sviluppo internazionale per tanti borghi storici abbandonati o spopolati, e che ha fatto di Santo Stefano uno dei luoghi più famosi d’Italia, apprezzato a livello internazionale, con l’ormai noto “fenomeno Santo Stefano di Sessanio”. La mostra, nata con l’impulso determinate del Comitato per il rilancio di Santo Stefano di Sessanio, presieduto dal teramano Walter Mazzitti, è concretamente, così come sottolinea il titolo stesso, una condivisione di affetti tra la città di Firenze e il borgo abruzzese. Le opere, come sottolineato da Antonio Natali, Direttore della Galleria degli Uffizi “nel 2003 furono in gran parte esposte agli Uffizi, nella sala delle Reali Poste, in una mostra che si volle intitolare “Inventario di affetti”, dal momento che si trattava per lo più di acquisizioni nuove e dunque di nuovi numeri inventariali; ma con ognuno di quei numeri che corrispondeva più a un sentimento che a un manufatto. “Sicché oggi – ha concluso Natali – mutata l’occasione, ma pur sempre di sentimenti trattandosi, il titolo s’è di poco variato e in epigrafe s’è voluto fosse scritto: “Condivisione di affetti”. L’evento è perciò un segno concreto di solidarietà da parte del prestigioso museo fiorentino nei confronti d’un luogo d’incanto, stretto da un legame indissolubile con la città di Firenze. Il borgo fu territorio di dominio della Famiglia dei Medici nel Rinascimento e proprio in questo periodo raggiunse il suo massimo splendore, come base operativa della Signoria di Firenze per il commercio della lana “carfagna”, qui prodotta e poi lavorata in Toscana, venduta in tutta Europa. La mostra, già al centro delle cronache non solo regionali, è il primo passo di un percorso che funge da apripista a una serie di manifestazioni che vedrà i due comuni impegnati insieme per rendere più solido nel tempo un rapporto sancito nel periodo più importante dell’intera storia fiorentina. Prossimo appuntamento potrebbe essere infatti un gemellaggio culturale tra i due comuni proprio all’insegna della solidarietà. Un gemellaggio già caldeggiato dalle varie Amministrazioni che si sono succedute dall’inizio degli anni 2000 e confermato dall’interesse manifestato dall’Amministrazione fiorentina nei giorni successivi al terremoto per sostenere economicamente proprio la ricostruzione della Torre medicea di Santo Stefano di Sessanio. Plauso per l’iniziativa è stato espresso, fra i primi, da Antonio Centi, presidente di Anci Abruzzo, che ha commentato: “La mostra va oltre il fattore attrattivo, che prevedibilmente portera’ in Abruzzo, nell’aquilano ed a Santo Stefano di Sessanio una moltitudine di visitatori, certamente dell’Italia centrale ma anche oltre, portatori di una voglia di turismo basata sugli stimoli culturali. Va oltre nel senso che si conferma cosi’ che la cultura e l’arte possono diventare fattori formidabili, addirittura unici in qualche caso, necessari per la ricostruzione dell’area del terremoto aquilano”. Nella mostra, allestita nell’edificio comunale e in alcune caratteristiche sale del borgo mediceo e che chiuderà i battenti il 30 settembre, tante le da guardare con attenzione. Tra i più importanti: La “Madonna della Gatta”, ritratto del ‘600 di Federico Barocci, scelto anche come immagine di presentazione; il Ritratto di Sisto IV di Tiziano; la Madonna col Bambino e i Santi Martino e Dorotea, del pittore del ‘500 Benvenuto Tisi detto Garofalo e i ritratti a Luce e Elica Balla dell’artista dei primi del Novecento, Giacomo Balla. Piccolo insediamento di epoca Romana denominato “Sextantio”, Santo Stefano è u8no dei borghi più belli e meglio conservati d’Italia, con la coperture dei fabbricati realizzate esclusivamente con coppi, che offrono un’armonica visione d’insieme a chi lo osserva dall’alto della torre medicea. Le strade che lo attraversano, da percorrere rigorosamente a piedi, si presentano in ricchissima varietà, dall’erta scalinata che costeggia la Chiesa di S. Maria in Ruvo (XIII-XIV secolo), ai tortuosi selciati che si insinuano tra le abitazioni e conducono alla Torre, al lungo percorso ricavato sotto le case per proteggerle dalla neve e dai gelidi venti invernali. Appartengono al dominio dei Medici i loggiati dalla linea elegante, i portali disposti ad arco con formelle fiorite, le finestre in pietra finemente lavorate e decorate da mani esperte, le bifore meravigliose e le mensole dei balconi. Tra fine XIII e inizio XIV secolo si assiste alla formazione del vasto dominio feudale della Baronia di Carapelle, comprendente, tra gli altri, il territorio di S. Stefano che ricopre un’importante funzione strategica come primo centro della Baronia confinante con il Contado aquilano a controllo del percorso proveniente da Barisciano. Nella seconda metà del XV secolo, sotto gli Aragonesi, l’abolizione della tassa sugli animali e il riordino dei pascoli di Puglia consentono un forte sviluppo della pastorizia e della transumanza al punto che in quell’anno S. Stefano, Calascio, Rocca Calascio e Carapelle hanno nella dogana di Puglia ben 94.070 pecore. Nel 1579, Costanza, iglia unica di Innico Piccolomini, cede la Baronia di Carapelle a Francesco de’ Medici Granduca di Toscana. Ai Medici queste terre apparterranno fino al 1743. In questo periodo S. Stefano raggiunge il massimo splendore come base operativa della Signoria di Firenze per il fiorente commercio della lana “carfagna”, qui prodotta e poi lavorata in Toscana e venduta in tutta Europa.Infine, nel 1810, dopo il passaggio al Re di Napoli, il territorio della Baronia è diviso in cinque comuni, tra cui quello di S. Stefano. Con l’unità d’Italia e la privatizzazione delle terre del Tavoliere delle Puglie ha termine l’attività millenaria della transumanza e inizia un processo di decadenza del borgo che vede fortemente ridotta la popolazione a causa del fenomeno dell’emigrazione. Oltre alla Torre Medicea, perfettamente restaurata, altre opere di particolare pregio sono: la chieda di S. Stefano Protomartire, edificata tra XIV e XV secolo,che si presenta come una monoaula in cinque campate, caratterizzata da un’insolita area presbiterale su cui si aprono le cappelle e un abside semicircolare ed anche la chiesa della Madonna del Lago, del XVII secolo, che sorge subito fuori le mura, sulle verdi rive di un ameno, cristallino e distensivo laghetto. Celebri, infine, in tutto il mondo, le lenticchie di S. Stefano, le cui caratteristiche principali sono o il colore marrone scuro, le dimensioni molto piccole, la superficie rugosa e striata e, soprattutto, il sapore, che le ha rese particolarmente care ai più celebri chef, per piatti tradizionali o della nouvelle cuisine. La zuppa di lenticchie servita con quadratini di pane fritto in olio di oliva è la più nota tra le minestre basate su questo legume, che possono essere cucinate anche con le patate, le volarelle (pasta fatta in casa, tagliata a quadretti) e le salsicce.
Carlo Di Stanislao
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