Solo tre negozi aperti nel centro storico, compresa una trattoria e un bar senza clienti. Per negozi e botteghe artigiane solo macerie ancora da raccogliere. Confcommercio Abruzzo: “presto servirà una mensa dei poveri per i commercianti aquilani”. “Quello che fino al 6 aprile era il cuore pulsante del capoluogo è ancora oggi sostanzialmente una città fantasma, presidiata dall’esercito e inaccessibile senza permessi”. Non è il grido d’allarme dei terremotati dell’Aquila, ma un passaggio fondamentale dedicato alla città abruzzese dell’ultimo rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese. “Gli edifici distrutti o gravemente inagibili nel centro storico sono il 74 per cento del totale”, si legge nel documento, ma degli esercizi commerciali non c’è traccia. Anche perché – come afferma Celso Cioni, direttore della Confcommercio del capoluogo – sono appena tre i negozi del centro storico che hanno riaperto, ma con ancora la classificazione “E”, quella di massimo pericolo e di inagibilità totale”. Una città fantasma con gli orologi ancora fermi a quella maledetta notte di aprile.
A meno di duecento metri dalla tristemente famosa “Casa dello studente”, c’era la sede della Confcommercio. Oggi, a dieci mesi dal sisma, l’aquilotto confederale è appena visibile sulla porta di un container nel campo di Collemaggio. Proprio come nei primi giorni dopo la tragedia. Quando i commercianti chiedevano notizie delle loro botteghe seppellite dalle macerie e scavavano pietosamente tra le rovine.
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