Sembra essere una corsa a due quella alla presidenza di CSVnet, il Coordinamento nazionale dei Centri di servizio per il volontariato che riunisce e rappresenta 75 dei 78 Centri di servizio per il volontariato (CSV) presenti in Italia: per la successione a Marco Granelli (dagli inizi di giugno nominato assessore nella giunta comunale di Milano), sono in campo Francesca Danese e Stefano Tabò, rispettivamente presidenti del Cesv Lazio e del Celivo (il Csv di Genova). A decidere fra i due sarà nelle prossime settimane il nuovo Consiglio direttivo di CSVnet, organismo che prenderà forma il 22 ottobre con il voto dell’Assemblea dei soci di Csvnet prevista a Roma. Difficile fare previsioni: l’esito è particolarmente incerto e al momento non sembra esserci una grande convergenza su un singolo nome.
Il CSVnet è la struttura che ha l’obiettivo di rafforzare la collaborazione, lo scambio d’esperienze, di competenze e di servizi fra i Centri, allo scopo di consentire una realizzazione piena delle loro finalità istituzionali, nel pieno rispetto della loro autonomia. Alla rete complessiva fanno riferimento, a livello nazionale, oltre 20mila organizzazioni di volontariato. Tutti insieme davano lavoro nel 2009 a circa 1.200 persone, tra dipendenti, parasubordinati e autonomi.
L’Assemblea dei soci è chiamata, con i suoi 137 rappresentanti, ad eleggere il nuovo Consiglio direttivo (36 membri), il Collegio dei Garanti e il Collegio dei Revisori dei Conti. Dei 36 membri del Consiglio direttivo, 29 sono già stati indicati dai Csv su base regionale e non saranno dunque votati dall’assemblea, che invece eleggerà – su base nazionale – i restanti sette. A contendersi questi sette posti sono in 13. Una volta eletto il Consiglio direttivo, esso si riunirà – forse entro lo stesso mese di ottobre – per eleggere il nuovo presidente, e in una seduta successiva per nominare i componenti del Comitato esecutivo. Come da Statuto, i nuovi responsabili di CSVnet resteranno in carica per tre anni.
La sfida principale che il nuovo presidente si troverà di fronte è rappresentata dal drastico calo dei fondi provenienti per legge dalle fondazioni bancarie (fonte di entrata quasi esclusiva) registrato negli ultimi anni: una tendenza che non è destinata, almeno nel breve termine, a mutare. Fino a 2009, infatti, i Csv avevano a disposizione per i servizi erogati 117 milioni di euro (125 nel 2008). Una somma ridotta a circa la metà negli anni successivi: oggi i Csv, in base a un accordo del 2010 percepiscono complessivamente 60 milioni (di cui 15 per la progettazione delle associazioni), soldi certi fino al 2012, mentre per il 2013 bisognerà vedere come si chiuderanno i bilanci delle fondazioni di quest’anno.
Nel corso di queste settimane i due candidati ufficiali alla presidenza hanno fatto circolare fra i soci, sotto forma di contributo alla riflessione sul futuro di Csvnet e dei Csv, due documenti programmatici, che illustrano le rispettive priorità, gli obiettivi da perseguire, le sfide aperte ma anche una riflessione culturale sul ruolo di Csvnet e del volontariato in generale. “I Csv architetti del nuovo umanesimo”è il documento redatto da Francesca Danese: otto pagine (compreso un “aggiornamento” in risposta ai commenti pervenuti) per sottolineare la necessità di un rilancio di Csvnet (a partire dalle parole chiave “democrazia” e “partecipazione”, anche se non soprattutto interna) e l’esigenza di abbracciare un modello di azione in cui l’economia non prevalichi sull’aspetto sociale. Danese, classe 1965, è come detto la presidente del Cesv Lazio, uno dei due Centri della regione (l’altro è lo Spes con cui il Cesv condivide la sede e molte attività) ed è stata in passato alla guida dell’Anlaids regionale: si è spesa molto per l’apertura delle prime case-alloggio per malati di Aids e ha coordinato progetti nazionali e europei sui temi delle donne, dell’esclusione sociale e dei giovani.
“La responsabilità di essere CSVnet” è invece il titolo scelto per il suo contributo da Stefano Tabò, classe 1961, presidente del Celivo (il Csv di Genova e provincia), e direttore di Auxilium, la storica fondazione della diocesi del capoluogo ligure: presente anche nel consiglio direttivo dell’Istituto italiano per la donazione, fu l’iniziatore del processo che ha portato alla redazione della “Carta della rappresentanza”, il testo (elaborato e sostenuto anche dalla Consulta nazionale del volontariato presso il Forum del Terzo Settore e dalla Convol) che punta a favorire i rapporti tra il volontariato, il terzo settore e la pubblica amministrazione compattando in una rappresentanza unitaria il mondo del non profit. Tabò, nel suo documento in vista dell’Assemblea di sabato 22, sottolinea l’importanza di coniugare “giustizia e solidarietà”, auspicando un “tempo delle scelte” e “uno sguardo e un passo diverso”, all’insegna della collegialità, della relazione reciproca fra Csv e del rapporto con gli altri attori del Terzo settore.
Fin qui i candidati alla presidenza, o almeno quelli venuti “allo scoperto”. Tra i nomi dei “papabili” che avevamo indicato nel luglio scorso, infatti, c’era anche il presidente del Cesvot (il Centro di servizio unico della Toscana) Patrizio Petrucci, senatore per due legislature (dal ’94 al 2001), presidente dell’Anpas nazionale dal 1978 al 1994 e alla guida del Cesvot dal 2006. Oggi Petrucci dichiara di non essere mai stato tra i candidati ufficiali, anche se annuncia l’intenzione di “presentare un suo documento in assemblea, a nome della Toscana, con valutazioni diverse” rispetto ai testi di Danese e Tabò. E aggiunge: “Vedremo in quella sede il clima e i contenuti della discussione…”. Non si escludono sorprese. (ska/st)
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