Ieri, poco dopo le 10, in uscita di curva, Simoncelli stringe, resta attaccato alla moto, che piega inspiegabilmente verso il centro pista e viene colpito dalla Yamaha di Edwards, in una collisione che coinvolge anche Valentino Rossi. Il pilota statunitense e Super Sic cadono, mentre Rossi prosegue la marcia nell’erba, restando in piedi. Marco, nel fortissimo impatto, perde il casco e rimane immobile, riverso in pista. Scena raggelante ed inutili i soccorsi. Doveva essere una di quelle gare senza storia, un Gran Premio senza sussulti né possibili stravolgimenti di classifica. Invece la morte di Marco Simongelli, al secondo giro, ha iscritto questo GP di Malesia, fra quelli più indimenticabili e luttuosi. Aveva solo 24 anni Simongelli e dopo gli inizi e le battaglie in minimoto, con uno dei grandi rivali con cui avrebbe poi incrociato ancora le traiettorie anche in MotoGP, Andrea Dovizioso, aveva debuttato nel 2002 nel mondiale 125 con l’Aprilia, a Brno. Il primo successo nel 2004, in Spagna, poi il salto in 250 nel 2006, con la Gilera. Tre stagioni e, nel 2008, il Mondiale, che gli aprirà, nel 2010, le porte della MotoGP. Ieri, davanti a milioni di spettatori, il Sic, se n’è andato, sul circuito di Sepang, pista dove aveva festeggiato il suo unico mondiale nella massima cilindrata. Tutti i tentativi di rianimarlo sono stati inutili e le lacrime del padre che attendeva non potranno mai essere asciugate, così come lo strazio della giovane fidanzata Kate, è destinato ha durare, nel tempo. Il corpo senza vita di Marco farà ritorno in Italia martedì e saranno in tanti a voler dare l’ultimo saluto ad uno dei giovani più simpatici dello sport: un volto sempre allegro e spensierato, che è volato in cielo in una gara insignificante, per troppo cuore e troppa sportività. Ferito a morte è Valentino Rossi, che lo considerava un “fratello minore”. Scrive nel suo “social network” che Marco era “tanto duro in pista come dolce nella vita” e che ancora non riesce a credere nella sua scomparsa. Non solo lui, ma anche altri sportivi hanno affidato a Twitter il loro ricordo. I primi a scrivere sono stati i piloti della MotoGp Jorge Lorenzo e Julian Simon: “Que mierda” è stato l’eloquente commento dell’ex campione del mondo della Yamaha, che in questa stagione aveva avuto più di un diverbio con Sic. Subito dopo sono arrivati i commenti di Ben Spies (“Super Sic, riposa in pace”) e quello di Marco Melandri, pilota della Superbike con un passato nella MotoGp: “Buon viaggio Marco, le parole non spiegheranno mai la sofferenza”. Un minuto di silenzio è stato osservato, ieri, in tutti gli stadi e nelle varie trasmissioni sportive, ma è poco per consolare la madre Rossella che delle corse ha sempre avuto paura. Parole di cordoglio sono arrivate anche dagli atleti degli altri sport: decine i messaggi che esprimevano incredulità e tristezza per l’accaduto. Tra i primi a dedicare un pensiero a Simoncelli gli interisti Wesley Sneijder (“Riposa in pace Marco. Notizia terribile”) e Diego Forlan (“Un abbraccio alla tua famiglia e agli amici”), il portiere del Manchester United David De Gea (“Se ne va un grande del motociclismo”), i cestisti Andrea Bargnani (“Senza parole… tristezza infinita”) e Marco Belinelli (“Non trovo le parole. RIP Marco), il terzino del Barcellona Dani Alves (“E’ un giorno triste per lo sport”) e il golfista Francesco Molinari (“E’ una notizia scioccante”). Qualche giorno fa lo stesso Simoncelli aveva pubblicato su Youtube un video in cui, con la consueta simpatia, presentava il Gran Premio della Malesia. “Ho voglia di scendere in pista. Qui nei test sono andato molto forte quest’anno e quindi penso si possa fare bene e salire su qualche gradino del podio, magari quello centrale, che è il più carino”. E’ stato invece portato via, agonizzante, da una pista assassina, lontana migliaia di miglia dalla sua casa. Ai giornalisti che si assiepavano attorno alla sua casa a Coriano, in Romagna, mamma Rossella ha detto: “per favore anate via. Non è questo il momento” ed è rimasta dritta e impietrita, senza un grido, senza neanche una lacrima, come sanno fare, nel più profondo dolore, le donne del nostro Paese. Al Bar dello Sport di Coriano una grande foto appesa alla parete ritrae Marco quando voleva giocare a calcio ed era uno dei giovani della San Lorenzo di Riccione. Ti colpiscono due cose di quella foto:un sorriso contagioso e degli occhi, in cui già si inscrive un tragico destino. Nota Baricco in Novecento che negli occhi è già scritto ogni nostro passo, ogni incontro, ogni evento futuro. Ed ora, come ricordo di SuperSic, mi vengono in mente alcune parole dello stesso scrittore in Seta, per descrivere quale tipo d’uomo fosse Marco, che: “Aveva con sé l’inattaccabile quiete degli uomini che si sentono al loro posto”; che realizzano il loro destino, rischioso ma completo. Uomini che, ogni tanto, “nelle giornate di vento, scendono attraverso il parco fino al lago, e si fermano per ore, sulla riva, a guardare la superficie dell’acqua incresparsi formando figure imprevedibili che luccicavano a caso, in tutte le direzioni. Uno spettacolo. Lieve e inspiegabile”, che dentro dona dinamismo senza pari ed estremo ed inesauribile coraggio. Ricordando i versi di Ungaretti in “Agonia” (Morire come le allodole assetate sul miraggio./ O come la quaglia/ passato il mare/nei primi cespugli/ perché di volare non ha più voglia./ Ma non vivere il lamento/ come il cardellino accecato), ricordo che i sogni vogliono coraggio e fatica e che uomo è colui che non rifiuta le prove, anche le più estreme e dolorose e le accetta, anche nella forma estrema della morte, a cui da un senso la scelta di libertà, che è, di per sé, sempre rischiosa.
Carlo Di Stanislao
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