Sono giorni cruciali per il coordinamento interregionale anti gasdotto. Dopo l’approvazione unanime della risoluzione presentata dai consiglieri del Pd Giovanni D’Amico, Giuseppe Di Pangrazio e Claudio Ruffini in sede di Consiglio Regionale avvenuta lo scorso 18 ottobre, l’Assessore all’Ambiente Alfredo Moroni, coordinatore del movimento anti gasdotto, ha convocato ieri mattina, presso l’Assessorato all’Ambiente, una riunione plenaria per decidere sulle strategie da intraprendere.
Tramite la delibera il consiglio regionale impegna il presidente della Regione Gianni Chiodi a mettere in atto le necessarie iniziative istituzionali nei confronti del Governo nazionale affinché venga istituito un apposito tavolo tra tutti i soggetti interessati per la individuazione di un tracciato del metanodotto alternativo alla dorsale appenninica.La risoluzione afferma che “il tracciato scelto dalla società dell’Eni presenta diverse e consistenti criticità”, la più evidente delle quali è l’”elevato rischio sismico delle zone interessate”, insieme al forte impatto ambientale. Per questo, si legge nel testo, riconosce che non sussistono le condizioni per esprimere un parere favorevole nell’ambito dell’intesa Stato Regione
“Non vorrei che la votazione della settimana scorsa in Consiglio ci faccia adagiare– ha ribadito Moroni– il comitato deve essere pragmatico e mettere a punto idee a breve termine, affinché il favore che stiamo riscuotendo non finisca nelle secche. Questo risultato deve, invece, stimolarci a rilanciare a livello parlamentare la nostra iniziativa”.
Presenti all’iniziativa anche istituzioni della Regione Marche e della Regione Umbria: la realizzazione del tracciato attuale del gasdotto interessa anche altri territori oltre quello abruzzese. Si capisce che un coinvolgimento delle istituzioni delle altre due regioni sia un imprescindibile punto di forza nella battaglia all’esecuzione progettuale dell’attuale tracciato proposto da Snam. Moroni ha dunque ribadito la necessità di creare un movimento tra comitati e istituzioni.
Presenti nella riunione anche il comitato spontaneo di Montereale che ha fatto presente l’esigenza di un’informazione capillare sul territorio tenendo a bada, allo stesso tempo, forme di attivismo eclatanti, particolarmente temute dopo i drammatici episodi occorsi a Roma lo scorso 15 ottobre a seguito di una manifestazione che voleva essere pacifica.
“C’è bisogno di informare la popolazione perché capiscano cos’è il gasdotto e quali conseguenze potrebbe apportare al territorio e alla popolazione presente- mi spiega Leonello La Rosa del comitato no tubo sezione dell’Aquila- la persona che firma l’autorizzazione al passaggio del metanodotto per il tecnico Snam può essere una persona anziana redarguita o spaventata da un’eventuale minaccia di esproprio. Anche il potere economico si basa sul terrore. Questo avviene perché i partiti politici stanno poco sul territorio, interrompendo la comunicazione tra istituzioni e cittadini”.
La Rosa ha affermato l’esigenza di fornire inconfutabili spiegazioni di tipo tecnico-scientifico da addurre nel prossimo tavolo tecnico con le istituzioni: “la Snam è carente quando si tratta di giustificare la presenza di un metanodotto in un’area a rischio sismico”. La risoluzione approvata in Consiglio riconosce del resto che “il tracciato scelto dalla società dell’Eni presenta diverse e consistenti criticità”, la più evidente delle quali è “l’elevato rischio sismico delle zone interessate”. Inoltre non sono state ancora attuate prescrizioni fondamentali contenute nel parere della Commissione VIA. Tali prescrizioni, propedeutiche per l’eventuale realizzazione della centrale stabiliscono, tra l’altro, che dovrà essere effettuato uno studio approfondito sulla risposta sismica locale dell’opera e il monitoraggio della qualità dell’aria, monitoraggio che “dovrà iniziare almeno un anno prima dell’avvio della fase di cantiere della centrale”.
La proposta dei comitati anti metanodotto non si limita ad una pars destruens del progetto messo a punto da ENI, ma suggerisce un percorso alternativo della realizzazione dell’intera struttura che tuteli la popolazione dal rischio sismico, sia più conveniente da un punto di vista economico dati i costi elevati dei terreni montani, sia meno gravosa a livello di impatto ambientale: il passaggio in mare. “I metanodotti di Algeria e Tunisia si trovano a profondità molto più elevate rispetto all’Adriatico dove il gasdotto potrebbe essere realizzato senza molte difficoltà e sarebbe semplice anche la manutenzione” afferma La Rosa.
Elisa Giandomenico
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