Una manifestazione nazionale unitaria delle associazioni Rom e Sinte, per chiedere il riconoscimento di “diritti negati da sempre”: mercoledì 9 novembre, a Roma, in piazza Montecitorio, Rom e Sinti saranno “crohl chetane”, “tutti uniti”, per avanzare le proprie richieste a Governo e Parlamento. Radames Gabrielli è presidente della Federazione Rom e Sinti insieme e promotore dell’iniziativa.
Radames, come è nata l’idea di questa manifestazione?
In Italia non viene data voce e spazio nei media e nelle istituzioni alle associazioni Sinte e Rom. Non parlo di associazioni pro Rom e Sinti ma proprio di associazioni Sinte e Rom. Associazioni che in Italia esistono ma a cui appunto non viene data voce. In Europa è diverso, penso alla Germania ma anche alla Romania o alla Gran Bretagna. Adesso è giunta l’ora che anche gli italiani abbiano la possibilità di sentire la nostra voce di Sinti e di Rom.
Perché è così importante per voi il riconoscimento come minoranza? Cosa comporterebbe?
I Sinti e Rom sono minoranze presenti in Italia dal 1400, quindi storiche come per esempio il ladino, il franco provenzale, il tedesco… Non essere riconosciuti in Italia è un grave handicap come hanno sottolineato tutte le istituzioni internazionali, dal Parlamento europeo al Consiglio d’Europa all’Osce, fino ad arrivare all’Onu. Se Sinti e Rom fossero riconosciti, non ci sarebbe più spazio per fantasie stereotipate su “nomadi”, “zingari” ecc., né per decreti di emergenza, “campi nomadi”, divieti di sosta… Chiediamo che siano riconosciuti i nostri diritti di minoranza.
Perché chiedete che sia riconosciuta la persecuzione nazifascista di Sinti e Rom?
La persecuzione nazifascista contro i Sinti e Rom è intima alla storia italiana. Tutti i Sinti e Rom italiani, dopo l’11 settembre 1940, sono stati rinchiusi in campi di concentramento appositi a Prignano (Mo), Tossicia… Questo è un pezzo di storia italiana. Nei treni che partivano per Auschwitz, insieme agli ebrei, c’eravamo noi: uomini, donne, bambini, anziani, handicappati perseguitati, concentrati e deportati in quanto Sinti e Rom. Una storia che non deve essere dimenticata, perché dalla storia e dalla memoria possiamo imparare ciò che siamo oggi. E gli italiani, sui Sinti e Rom devono ancora imparare parecchie cose…
Cosa chiedete al governo italiano?
Il Governo italiano deve rispettare le indicazioni e le richieste formulate dal Parlamento Europeo in aprile e dalla Commissione europea nel giugno scorso. Entro il mese di dicembre l’Italia deve presentare alla Commissione europea la sua Strategia Nazionale per affrontare i tanti problemi e le tante situazioni discriminanti che vivono quotidianamente i Sinti e Rom nel nostro Paese. Chiediamo quindi l’istituzione di uno o più tavoli tecnici per affrontare le questioni fondamentali
Come valutate la condotta del governo italiano verso Rom e Sinti?
Il Governo in questi ultimi tre anni sembrava un cieco che non sapeva dove andare. Ecco, noi oggi facciamo un passo e prendiamo la mano al Governo per guidarlo ad uscire insieme da questo tunnel, che ha portato in questi anni a tanti drammi e a troppe vittime innocenti. Per esempio, dagli anni 80 molte famiglie Sinte ma anche tante famiglie Rom hanno acquistato dei terreni agricoli per non finire rinchiusi nei “campi nomadi”. Queste famiglie hanno posizionato su questi terreni delle case mobili o roulotte perché la legge lo permetteva. Negli anni successivi tante altre famiglie Sinti e Rom hanno seguito questo esempio uscendo dai “capi nomadi”. Dal primo gennaio 2005 è entrato in vigore il Testo Unico 380/2001, che ha reso illegale questo tipo di abitare. Chiediamo che sia modificala le legge, nessuna forza politica italiana vuole i “campi nomadi”: questa che proponiamo è una soluzione che abbiamo trovato noi Sinti e Rom e che abbiamo sperimentato in tutti questi anni.
Quante persone prevedete di riuscire a mobilitare il 9 novembre?
Non saremo più di quattrocento persone, perché così ci ha chiesto la Questura, dopo le violenze che del 15 ottobre scorso. Potevamo essere molti, molti di più. Tantissimi saranno a casa davanti alla televisione per vederci.
Avete avuto qualche riscontro finora rispetto alle vostre richieste? Qualche politico o istituzione se ne sta interessando?
Sappiamo di avere un sostegno importante dal Parlamento e dalla Commissione europea ma anche dal Consiglio d’Europa che tengono sotto stretta sorveglianza il nostro Paese. L’Unar negli ultimi due anni, con la Campagna Dosta!, ha iniziato a lavorare insieme a noi. La Commissione del senato per i Diritti Umani ha in questi mesi prodotto un documento interessante. Molti parlamentari, sia di centrodestra che di centrosinistra, si sono impegnati a formulare in Parlamento delle proposte che condividiamo. E’ un inizio ma è ancora troppo poco, sporadico. Non c’è un disegno complessivo che ci veda pienamente protagonisti. Credo che sia ora di costruirlo insieme. (cl)
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