10 del progetto Cesvi, fermiamo l’Aids sul nascere

E’ attiva da oltre 10 anni in Africa australe e oggi è attiva in Congo, Uganda, Sudafrica, Kenya e Vietnam: è uno dei progetti più conosciuti e longevi sul tema, partito un decennio fa nel piccolo ospedale Saint Albert in Zimbabwe. E’ “Fermiamo l’Aids sul nascere”, attività del Cesvi che garantendo una terapia farmacologia punta […]

E’ attiva da oltre 10 anni in Africa australe e oggi è attiva in Congo, Uganda, Sudafrica, Kenya e Vietnam: è uno dei progetti più conosciuti e longevi sul tema, partito un decennio fa nel piccolo ospedale Saint Albert in Zimbabwe. E’ “Fermiamo l’Aids sul nascere”, attività del Cesvi che garantendo una terapia farmacologia punta a ridurre la trasmissione del virus dalle mamme sieropositive ai neonati. Un’azione accompagnata da un programma di prevenzione e assistenza alimentare e psicologica alle mamme, dalla creazione di strutture di accoglienza e di lotta all’esclusione sociale per gli orfani dell’Aids, dal supporto e assistenza medica per i malati di Aids (accesso alle cure con farmaci antiretrovirali), dalla promozione di campagne educative e di prevenzione con il coinvolgimento della popolazione e delle istituzioni locali. Per aiutare il progetto, dal 27 novembre al 19 dicembre è possibile donare due euro inviando un sms solidale al numero 45509 (gestori Tim, Vodafone, Wind, 3, CoopVoce e Poste Mobile) o chiamando da rete fissa Infostrada e TeleTu, oppure cinque o dieci euro con chiamata da rete fissa Telecom Italia e Fastweb. In un appuntamento a Roma, in occasione della giornata di lotta mondiale all’Aids, il 1° dicembre, si sono celebrati i primi dieci anni del progetto Cesvi.

Oggi, secondo i dati dell’Unaids, il programma delle Nazioni Unite sull’Aids, sono 33,3 milioni le persone in tutto il mondo contagiate dall’Hiv, di cui 15,9 sono donne e 2,5 sono bambini. Due terzi dei sieropositivi sono concentrati nell’Africa subsahariana, numeri talmente elevati da essere ben lontana l’ipotesi di una sconfitta di questa grave pandemia in Africa. In Zimbabwe si stima che siano presenti circa un milione di orfani a causa dell’Aids, molti dei quali sono essi stessi sieropositivi. Nel contesto rurale dove opera Cesvi – fa notare l’associazione – a causa dell’Aids le famiglie si sono allargate, accogliendo tra i loro membri sia le vittime indirette dell’ Hiv (migliaia di orfani) sia i tanti malati che con il progredire della malattia e l’impossibilità di accedere ai farmaci antiretrovirali perdono la propria autonomia. In un contesto dove l’assistenza agli orfani ed ai malati non è minimamente sostenibile per il bilancio dello stato (in Zimbabwe nel 2009 vi sono state 48mila nuove infezioni tra gli adulti) e che ha visto decimata la sua generazione lavorativamente attiva, l’unica risorsa – spiega il Cesvi – rimane la famiglia, che diventa una vera e propria “struttura di supporto” per chi è malato: al punto che “chi ha una nonna, una zia o anche un lontano parente se lo tiene stretto”. Secondo uno studio condotto per conto delle Nazioni Unite, le famiglie che si accollano l’onere di curare un malato o di uno o più orfani, tendono a risparmiare sull’istruzione dei figli e a ridurre di circa il 40% il consumo di cibo, arrivando ai limiti della sopravvivenza. La pandemia dell’Hiv colpisce in Africa moltissimi giovani tra i 12 ed i 25 anni.

Negli anni recenti più della metà delle nuove infezioni da Hiv è stato registrato tra i giovani: oggi sono 12 milioni. Ad Harare, in Zimbabwe, Cesvi si è dedicato alla ristrutturazione di un edificio che è diventato “Casa del Sorriso”, centro di accoglienza per ragazzi abbandonati o orfani a causa dell’Aids, a rischio di droga e delinquenza. La Casa è per loro una possibilità concreta di salvezza dalla strada e di riscatto: un luogo dove accedere a cibo, cure mediche, servizi igienici e dove frequentare corsi di formazione e laboratori artistici ma anche dove essere informati sull’Hiv e sulle modalità di prevenzione.

Ma i progetti Cesvi di lotta all’Aids non riguardano solo la prevenzione del contagio madre-figlio, ma anche la prevenzione della diffusione del virus, la cura dei soggetti già affetti ed il supporto sociale ai malati e agli orfani dell’Aids. In Vietnam negli ultimi anni è aumentato il numero di persone che riescono ad accedere al trattamento dell’AIDS con farmaci antiretrovirali ma l’efficacia del sistema di prevenzione e controllo della pandemia risultano carenti. La diffusione dell’Hiv è principalmente legata all’utilizzo di droga e le categorie a rischio sono soprattutto i tossicodipendenti (53% dei nuovi infetti), le prostitute (24%), gli omosessuali, con una crescita del numero di nuovi infetti tra i clienti di prostitute e di donne sposate a clienti di prostitute. Il progetto The Positive Living Centre di Cesvi, rivolto a 25.000 beneficiari, prevede la fornitura di servizi per l’Hiv/Aids e la salute riproduttiva nella provincia di Hai Phong. Nel centro sanitario di Hai Pong si effettuano test, trattamento sanitario, consulenza psicologica, cure per le infezioni sessualmente trasmissibili, percorsi di sensibilizzazione per i giovani. Una clinica mobile consente inoltre di raggiungere i distretti più remoti per fornire consulenza e trattamento con farmaci. Dal 2006 Cesvi promuove in Europa la campagna Virus Free Generation con l’obiettivo di sensibilizzare i giovani rispetto al tema dell’Hiv/Aids e dimostrare che il virus può essere combattuto – in Europa come in Africa – attraverso l’educazione, la prevenzione e l’accesso alle terapie mediche. Per donazioni: C/c postale 772244 intestato a Cesvi, specificare la causale “Fermiamo l’Aids sul nascere”, Numero Verde 800-036.036 o sito internet www.cesvi.org

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