Clementine italiane raccolte da stranieri sfruttati

Nei giorni scorsi, la stagione agrumicola ha raggiunto il clou nel cuore della Piana di Sibari, quando le clementine sono finite sulle tavole degli italiani per le feste, tra Natale e Capodanno.  Tra Cassano allo Jonio e Corigliano Calabro, sulla fascia jonica cosentina, si producono due milioni e mezzo di quintali annui, pari al 60% della […]

Nei giorni scorsi, la stagione agrumicola ha raggiunto il clou nel cuore della Piana di Sibari, quando le clementine sono finite sulle tavole degli italiani per le feste, tra Natale e Capodanno.  Tra Cassano allo Jonio e Corigliano Calabro, sulla fascia jonica cosentina, si producono due milioni e mezzo di quintali annui, pari al 60% della produzione nazionale di clementine. La raccolta si concentra in un periodo di tempo ristretto, tra l’autunno (ottobre- novembre) e la fine di gennaio. Servono tanti braccianti e lo sfruttamento della manodopera è intensivo.  A raccoglierle sono soprattutto romeni, bulgari, polacchi, albanesi, ucraini, maghrebini.  Negli ultimi periodi ci sono anche bengalesi, pachistani e asiatici. Reclutamento  avviene all’alba per le strade del paese, nella frazione marina di Schiavonea, caporalato e paghe di due tipi: 20-25 euro alla giornata oppure 1 euro, 1,20 euro a cassetta. È questo l’identikit del lavoro agricolo a Corigliano Calabro.

Ai migranti prendere in affitto un posto letto in una casa costa 120- 150 euro a testa al mese. Per gli italiani l’affitto di un intero appartamento non supera i 300 euro in quella zona. Invece gli stranieri pagano una casa complessivamente dai 400-500 euro fino ai 1000 euro al mese, dividendo la somma in tante persone e quindi vivendo in condizioni di sovraffollamento, quando va bene. C’è anche a chi è andata particolarmente male. Sono una trentina i lavoratori migranti che si sono accampati sulla spiaggia, vicino al porto. Hanno per casa delle tende o dei ripari fatti di plastica e stracci. Le tende non sono più di quindici. Questi migranti hanno il terrore sul viso: l’anno scorso furono sgomberati e molti hanno paura che l’esperienza possa ripetersi. Non saprebbero dove andare.

Si stima che siano 12mila gli stranieri che lavorano nella Piana, la metà in modo pseudo-regolare: figurano nelle liste dell’Inps anche se sono truffati dai datori di lavoro che fanno comparire un numero basso di giornate rispetto a quelle effettivamente lavorate. Un’altra metà sono invisibili, perché lavorano completamente in nero o perché sono irregolari dal punto di vista del permesso di soggiorno. L’unico calcolo esistente l’ha fatto Carlo Caravetta dell’associazione “Torre del Cupo” sulla base dei dati del 2006 e sostiene che la situazione non è cambiata. “Mi sono fatto dare le liste dei braccianti iscritti all’Inps e i dati sulla superficie coltivata ad agrumeti e uliveti nei 22 comuni della Sibaritide – spiega – tramite le associazioni di agricoltori sono riuscito a risalire a quanti braccianti servono per la raccolta e ho incrociato i dati con quelli del centro per l’impiego”. Dalle liste ufficiali di lavoratori, Caravetta ha considerato che un 30-40% sono falsi braccianti, italiani che stanno a casa e prendono i contributi, mentre il lavoro nei campi è fatto dagli stranieri. Una truffa documentata dallo scandalo Inps del 2009, quando una funzionaria ‘eroica’, Maria Giovanna Cassiano, denunciò alla procura che intere famiglie si dichiaravano braccianti agricoli senza esserlo. Dalla sottrazione fra quanti braccianti servono e quanti risultano lavorare effettivamente, Caravetta ha elaborato il dato di 12mila. “A Corigliano c’è la metà dell’agrumicoltura della Piana, per cui servono circa seimila lavoratori – continua – cui si aggiungono duemila stranieri residenti, per un totale di sette-ottomila immigrati”.

2 risposte a “Clementine italiane raccolte da stranieri sfruttati”

  1. Zampino Giovanni ha detto:

    Corigliano Calabro un paese alla deriva economica l’allarme viene dalle classi socialmente debole un paese collassato dalla crisi economica lo sfruttamento della manodopera avviene per la lo scarso risultato della vendita del prodotto, il produttore che deve per forza sottostare alla cattiva gestione che viene dato al prodotto stesso,il quale viene venduto a prezzii bassissimi sui mercati i quali dettono legge e che gli operatori del settore locale devono sono tenuti a sfruttare operai e produttori, i Mercati le GDO vengono ad accaparrare prodotto a prezzi da sottocosto per poi metterli in vendita presso i loro punti vendita a prezzi sbalorditivi spero che questo messaggio giunga a tutti i produttori agrumari della piana di sibari e il momento di ribellarsi a questa situazione tragica deprorevole e che dobbiamo fare in modo che la cosa cambi per un futuro migliore alla ns zona

  2. Maurizio ha detto:

    ma perché, invece di pensare ai guai nostri, ci dovrebbero interessare quelli degli altri

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