Fisco,Giro: “Si alla lotta all’evasione fiscale, no alla sua spettacolarizzazione”

In una nota Francesco Giro, deputato Pdl ed ex sottosegretario ai beni culturali, dichiara: ” Noi non contestiamo la lotta all’evasione fiscale ma la sua spettacolarizzazione. Se lo stesso direttore Befera esulta per il recupero nel 2011, durante il governo Berlusconi (e non dei marziani), di 11 miliardi di euro, allora vuol dire che hanno […]

In una nota Francesco Giro, deputato Pdl ed ex sottosegretario ai beni culturali, dichiara: ” Noi non contestiamo la lotta all’evasione fiscale ma la sua spettacolarizzazione. Se lo stesso direttore Befera esulta per il recupero nel 2011, durante il governo Berlusconi (e non dei marziani), di 11 miliardi di euro, allora vuol dire che hanno funzionato i nuovi sistemi di controllo fiscale, di verifica incrociata dei dati e di misurazione del reddito messi in campo in questi anni dal governo di centro destra, senza che occorressero blitz paramilitari alla vigilia di Capodanno.  E se poi, come ancora il dr. Befera sostiene, di queste operazioni se ne sono fatte moltissime, allora ci chiediamo come mai solo ora esse abbiano avuto una ricaduta mediatica cosi imponente. Forse per alimentare ad arte una polemica politica ? allora avrebbe ragione il Presidente Cicchitto a sospettare che dietro a questo sfrenato esibizionismo si possa nascondere qualche velleità politica. Quanto all’effetto deterrenza di queste operazioni ha già risposto per noi, e molto meglio di noi, l’ex ministro delle finanze Visco ammettendo che gli show servono a poco. Profittiamo per rispondere e ripetere ai nostri critici che a Silvio Berlusconi considera l’evasione un male capitale, un modo per sottrarre soldi alla comunità e ai servizi pubblici forniti soprattutto a vantaggio delle persone piu deboli e piu fragili, come anziani, bambini, donne sole e giovani disoccupati. Cio che Berlusconi considera però assai dannoso per la crescita equilibrata di una nazione evoluta è l’eccessiva tassazione sui redditi delle persone e delle imprese che -come oggi scrive il maggiore quotidiano italiano- sono costrette a lavorare per lo Stato dai 6 e -in alcuni casi- agli 11 mesi l’anno, un danno al quale occorre in qualche modo porre rimedio combattendo chi le tasse non le paghe ma anche aiutando la crescita che è l’unico modo per abbassare il carico fiscale che qui in Italia è sinonimo di oppressione”.

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