Sono stati condannati a 16 anni di reclusione lo svizzero Stephan Schmidheiney, 64 anni, e il barone belga Jean Louis Marie Ghislain De Cartier De Marchienne, 89 anni, titolari della Eternit spa, la multinazionale che produceva gli ondulati di cemento misto ad amianto. È quanto ha stabilito nelle sentenza il collegio giudicante presieduto dal giudice Giuseppe Casalbore del Tribunale di Torino. Il pubblico ministero Raffaele Guariniello aveva chiesto per i due imputati 20 anni di reclusione con l’accusa di disastro ambientale doloso e di omissione volontaria delle cautele antinfortunistiche nei luoghi di lavoro.
Stephan Schmidheiney e Jean Louis Marie Ghislain De Cartier De Marchienne, sono accusati di aver causato la morte di 2.191 persone e di aver causato la malattia di altre 665. In Italia la Eternit spa aveva stabilimenti a Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera e Bagnoli.
La sentenza del processo Eternit pronunciata oggi dal tribunale di Torino ha qualcosa di storico e decisivo, non solo perche’ si e’ trattato del piu’ grande processo penale in Italia e nel mondo per le morti d’amianto, ma perche’ rappresenta finalmente un punto fermo di una battaglia che iniziata sindacalmente e’ divenuta coscienza civile. Lo afferma Nichi Vendola, presidente di Sinistra Ecologia Liberta’, dopo la sentenza sul processo Eternit. Una battaglia trentennale – ricorda il leader di Sel – iniziata a Casale Monferrato e che da ora deve diventare fondamentale nelle scelte dei modelli di sviluppo produttivi che devono tenere conto della salute non solo dei lavoratori e dei loro familiari, ma dell’intera comunita’ e dell’ambiente in cui questa e’ inserita o a cui si rivolge. La tragica esperienza delle migliaia di vittime dell’amianto – prosegue Vendola – che fossero lavoratori o meno, il dolore dei familiari lancia un messaggio chiaro sulle scelte che responsabilmente occorrera’ adottare quando vogliamo immaginare e programmare il futuro. Il risultato di oggi – conclude il presidente di Sel – non deve far dimenticare tuttavia che, nonostante una legge che vieti uso e produzione di amianto, nel nostro Paese se ne stimino piu’ di trenta tonnellate da bonificare e la sua messa al bando in tutto il mondo non e’ ancora un obiettivo raggiunto.
Dopo la sentenza del Tribunale di Torino il Codacons chiede a gran voce risarcimenti per le vittime dell’amianto e i loro familiari.
Ogni anno in Italia migliaia di persone si scoprono affette da gravi patologie derivanti dall’esposizione a fibre di amianto – spiega l’associazione – tra cui il Mesotelioma, una forma di cancro che può svilupparsi anche 30 o 40 anni dopo il contatto con l’amianto. Nonostante la legge, non tutti i luoghi di lavoro che contenevano o lavoravano o semplicemente smaltivano l’amianto sono stati bonificati, cosicché decine di persone si sono rivolte al Codacons avendo sviluppato patologie solo perché abitavano in quartieri dove pericolose fabbriche sono state bonificate solo dopo più di quindici anni o, purtroppo, non lo sono state affatto.
Quando un familiare si scopre affetto da tali gravi malattie anche i parenti che con esso vivono o che semplicemente lo assistono sviluppano un autonomo diritto al risarcimento di quel danno che la giurisprudenza definisce come “danno parentale”.
Per questo motivo l’associazione ha già intrapreso diverse azioni legali volte a far ottenere ai cittadini il giusto risarcimento per i danni alla salute e alla vita familiare prodotti dall’amianto.
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