Una giovane su quattro occupata al Sud d’Italia, in Campania il dato peggiora se considerate le under 34: una su cinque lo e’ con regolarita’. Sono alcuni dei dati diffusi dallo Svimez, che sottolinea anche come, sempre nel Mezzogiorno, ci siano piu’ laureate che laureati. Al Sud nel 2010 lavora regolarmente meno di una giovane su quattro, con un tasso di occupazione fermo al 23,3%. In testa le sarde (38%), in coda le campane (17,9%). Mentre secondo la Svimez le donne meridionali laureate, anziche’ essere oggetto di politiche di sviluppo, rischiano di restare a casa con bambini e anziani a causa del sistema di welfare che ostacola la conciliazione lavoro-famiglia. È quanto emerge, all’indomani dall’8 marzo, dal dossier Svimez “La condizione e il ruolo delle donne per lo sviluppo del Sud” di Luca Bianchi e Giuseppe Proven-zano. Meno di una giovane su quattro e’ regolarmente occupata: in coda le campane – Nel 2010 su una popolazione di donne di eta’ 15-34 anni al Sud solo meno di una su quattro, pari al 23,3%, lavora regolarmente.
Con forti differenze regionali: le giovani sarde e abruzzesi registrano un tasso di occu-pazione di poco inferiore alla media nazionale (38%), rispettivamente del 36% e 35%. Mentre vanno decisamente peggio tutte le altre: 29% in Molise, 27% in Puglia, 24% in Basilicata. Agli ultimi posti le donne calabresi (21%), siciliane (20%), fino alle campane, fanalino di coda (17,9%).
Se quindi in Lombardia e’ occupata regolarmente una donna su due (51%), in Molise e Puglia meno di una su tre, in Basilicata, Calabria e Sicilia meno di una su quattro, fino alla Campania: qui fra le under 34 lavora regolarmente una su cinque. Situazione critica anche se si considerano le donne under 64: qui il tasso di occupazione e’ del 30,5%, pari a meno di una su tre. Un divario dal resto d’Europa di quasi trenta punti (la media europea nel 2010 e’ 58,2%). A livello regionale si conferma la stessa dinamica registrata per le giovani: in testa a-bruzzesi (44%) e sarde (41,8%), seguite da molisane (39%), lucane (35%), calabresi (30%) e pugliesi (29%). In coda, siciliane (28%) e campane (25%). In altri termini, se in Abruzzo e’ occupata regolarmente meno di una donna su due, in Calabria e Pu-glia una su tre, e in Campania solo una su quattro.
IL GRANDE PARADOSSO DELLE DONNE LAUREATE: Studiare non basta. Eppure le donne me-ridionali sono state protagoniste di una grande rivoluzione culturale. Nel 2010 le meri-dionali laureate sono state il 18,9% sul totale della popolazione 30-34 anni, quasi 7 punti in piu’ dei maschi (12,3%), pur se distante dalla performance del Centro-Nord (27,1%). A livello regionale, le donne molisane laureate sono il 31,5%, quasi il doppio degli uomini (17,1%), seguite dalle abruzzesi (27,9% rispetto al 14% dei maschi) e cala-bresi (23,1%). Vengono dopo le lucane (22,8%), le sarde (20,3%), le siciliane e puglie-si quasi allineate al 18%. Da segnalare che in Sicilia nell’eta’ di riferimento solo 1 maschio su 10 e’ laureato, mentre le donne sono quasi 2 su dieci.
DONNE MODERNE E SOCIETÀ ANTICA: senza welfare a casa con bambini e anziani – Il si-stema di welfare familiare e informale che ancora in molti casi e’ dominante nel Mezzo-giorno, si regge sulla donna, non lavoratrice, costretta ad un ruolo casalingo secondo un modello sociale tradizionale: allevare i bambini, accudire gli anziani. Nel 2009, la percentuale di bambini da 0 a 3 anni che hanno usufruito dei servizi per l’infanzia (essenzialmente asili nido) e’ stata pari al 5% al Sud contro il 17,9% del Centro-Nord. Il welfare certo non sostiene le donne del Sud: nel 2008 in base a elaborazioni Svimez la spesa comunale per interventi e servizi sociali e’ stata al Nord Est di 155 euro pro capite, al Sud di 52 euro, tre volte di meno. Spicca su tutti il caso dell’assistenza ai disabili, che vede il Nord Est con oltre 5mila euro a testa a fronte dei 657 del Sud.
IL FATTORE D PER FAR RIPARTIRE IL SUD: “Nella giornata dell’8 marzo dobbiamo riflette-re sul potenziale di crescita che il nostro Paese, in particolare nel Sud, spreca lascian-do giovani donne con elevata formazione fuori dal mercato del lavoro o sottoutilizzate con contratti precari, ha dichiarato il Vice Direttore Luca Bianchi. La politica per la crescita e’ legata soprattutto a interventi in grado di inserire nel sistema questo patri-monio di intelligenza. Lo Stato deve fare la sua parte assicurando i servizi essenziali per la conciliazione del lavoro con i carichi familiari. E’ inaccettabile che in alcune re-gioni meridionali il livello di copertura dei servizi per l’infanzia e dell’assistenza agli anziani sia cosi’ distante dal resto del Paese. In presenza di un sistema di welfare in-completo che si scarica essenzialmente sulle donne, rischiano di riproporsi vecchi mo-delli sociali (in occupazione e rinuncia all’istruzione superiore) in contraddizione con i progressi in termini di formazione scolastica e universitaria che sono stati fatti dalle donne soprattutto nelle regioni meridionali.
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