150 anni di storia delle Camere di Commercio d’Italia, tra cui la Camera di Commercio di Lecce, a sostegno delle imprese. 36 sono le imprese ultra-centenarie della provincia di Lecce, tra cui una Banca, iscritte nel Registro Nazionale delle Imprese Storiche di Unioncamere. Cosa posso io aggiungere a quanto già detto dal Presidente della Camera di Commercio di Lecce Alfredo Prete, e dal Presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello, che mi hanno preceduto sul palcoscenico dello stupendo Teatro Paisiello, che illumina l’incantevole via Giuseppe Palmieri di questa splendida città?
Posso citare una bella frase di un grande musicista e compositore, Gustav Mahler: “Tradizione non è culto delle ceneri, ma custodia del fuoco”. Fuoco. L’Italia per ripartire non ha tanto bisogno di un decreto “Salva Italia”, ma di un decreto “Cresci Italia”. Il nostro Paese ha soprattutto bisogno di ravvivare quel fuoco. Ha soprattutto bisogno di riprendere a sognare e di realizzare quei sogni.
L’ho scritto tante volte nei giorni scorsi sulle bacheche di Facebook, con riferimento a questo evento. Lo ribadisco oggi, 18 aprile 2012, da Lecce: “Se non si sogna, non si progetta. E se non si progetta, non si realizza”. Sognare, progettare, realizzare: è la conditio sine qua non per uscire dalla crisi.
La crisi. La crisi che stiamo vivendo, o più precisamente subendo:
– è una crisi che, anche se ha preso le mosse dal sistema finanziario, non è solo finanziaria;
– è una crisi che, anche se sta manifestando i suoi effetti più preoccupanti nell’ambito economico, non è solo economica;
– è una crisi anche etica, sociale e culturale.
Per rendere conto di ciò, mi basta citare il recente libro del prof. Paolo Savona: “Eresie, esorcismi e scelte giuste per uscire dalla crisi. Il caso Italia”. Non solo finanza ed economia, quindi, ma anche quella che, con un garbato eufemismo e molta amarezza, definisco “cultura tossica”.
Un primo punto fermo. L’Italia è inserita nell’area dell’euro.
Un’area, purtroppo, che:
– è affetta da grave miopia;
– ha serie difficoltà di crescita (nel quarto trimestre 2011 il PIL dell’area dell’euro si è contratto dello 0,3% rispetto al precedente trimestre. E il nostro? Nel quarto trimestre 2011 il PIL dell’Italia si è contratto dello 0,7% rispetto al precedente trimestre);
– è dilaniata da liti del tutto marginali e, sovente, da insulti tra le contrapposte fazioni che, non avendo ancora capito di trovarsi sullo stesso treno, si accapigliano … per un posto in prima classe.
Povero Vecchio Continente! L’analisi annuale sulla crescita per il 2012 della Commissione europea individua cinque priorità:
– lottare contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi;
– ripristinare la normale erogazione di prestiti all’economia;
– portare avanti un risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita;
– promuovere la crescita e la competitività nell’immediato e per il futuro;
– modernizzare la pubblica amministrazione e correggere il malfunzionamento della giustizia civile.
È un dato di fatto, come ripetutamente segnalato dalle Agenzie di rating nelle ultime ore, che non ci si sta impegnando abbastanza per dare sostanza alle citate cinque priorità.
Un secondo punto fermo. Il divario tra il nord e il sud del Paese è ancora un problema irrisolto. Povera Italia! Sabato 17 marzo 2012 mi sono recato al Palazzo di Giustizia di Milano. In una sala enorme c’era uno spazio dedicato alla mostra “150 Anni di Sussidiarietà”. Lo slogan della mostra era bellissimo: “Le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo”.
Su un cartello c’era un pensiero, che mi ha molto amareggiato, perché testimonia inter alia che l’Unità è un ideale da consolidare, piuttosto che un pilastro ultra-solido. Il pensiero è del nostro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Ve lo leggo:
“Non lasciamoci paralizzare dall’orrore della retorica: per evitarla è sufficiente affidarsi alla luminosa evidenza dei fatti. Nella nostra storia e nella nostra visione, la parola unità si sposa con altre: pluralità, diversità, solidarietà, sussidiarietà. Reggeremo alle prove che ci attendono, come abbiamo fatto in momenti cruciali del passato, perché disponiamo anche oggi di grandi riserve di risorse umane e morali. Convinciamoci tutti, nel profondo, che questa è ormai la condizione della salvezza comune, del comune progresso”.
E poniamoci la domanda delle domande: ce la può fare l’Italia a tornare a crescere stabilmente senza il Mezzogiorno, vale a dire “senza una ruota”, come titolano tanti giornali e riviste? Riformuliamo la domanda delle domande: si può pensare di affrontare efficacemente le sfide della globalizzazione con metà del territorio nazionale e un terzo della popolazione che non tiene il passo? E con il riproporsi di una “questione settentrionale”? Se le misure tentate in passato non hanno funzionato, ci si deve silenziosamente rassegnare e attendere o bisogna, invece, ragionare su nuove strade e provare a sperimentarle con determinazione?
Un Paese con squilibri territoriali forti, come la Germania, negli ultimi anni ha fatto progressi significativi combinando risorse locali e nazionali e, soprattutto, coordinando efficacemente governo centrale e governi locali. Possiamo credere che un grande Paese come l’Italia riesca veramente a consolidare il suo sviluppo economico e sociale senza venire a capo, dopo decenni, del problema del Mezzogiorno?
Occorre darsi una mossa. A mio avviso, a seguito della crisi finanziaria e economica, viviamo in un’epoca in cui si è avverato ciò che un timido ed eccentrico docente di matematica pura aveva previsto nel 1896, nel libro “Attraverso lo specchio”. In precedenza aveva scritto “Alice nel Paese delle Meraviglie”. Il suo nome è Lewis Carroll.
“Nel Regno della Regina Rossa per mantenere il proprio posto, occorreva, come adesso, correre a più non posso; per andare da qualche altra parte, occorreva, come adesso, correre almeno il doppio”. Purtroppo, la cruda realtà è che “Per andare da qualche altra parte, per avanzare, se fai impresa al Sud, non basta correre almeno il doppio, ma necessita correre almeno il triplo”.
Come ne veniamo fuori da un mondo in cui gli antichi valori sono andati giù, in cui il mare ha inghiottito le boe, sicure e galleggianti, cui attraccavamo le imbarcazioni in pericolo? Secondo don Tonino Bello non basta più enunciare la Speranza: occorre organizzarla. Sottoscrivo, sottoscrivo, sottoscrivo, indicando nei giovani capaci di dar vita ad attività imprenditoriali la punta più avanzata di organizzatori della Speranza. Ma, come Alice, hanno bisogno di qualcuno che li incoraggi, li stimoli ad essere protagonisti del loro futuro e del loro sviluppo, organizzando la Speranza per sé e per gli altri. Hanno bisogno di una Regina Rossa.
Ebbene, non riesco a vedere chi possa interpretare tale ruolo meglio delle 36 Imprese Storiche. Vi affido un compito. In questi tempi avari di futuro, continuate ad offrire stimoli ai giovani, siate ancor più di prima (e la vostra è una Storia ultra-centenaria) esempi concreti di imprenditori che sanno, sanno fare e sanno far sapere in settori strategici per il presente e il futuro del nostro Paese. Così facendo, si accorgeranno in tanti che su questa nostra povera terra il rosso di sera non si è ancora scolorito.
Francesco Lenoci
docente Università Cattolica del Sacro Cuore e Vicepresidente Associazione Regionale Pugliesi – Milano
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