L’operazione spending review, ha chiarito Monti alle parti sociali, è in tre fasi: la prima parte, che è già partita, é dedicata ai tagli alla presidenza del Consiglio e al ministero dell’Economia. La seconda é l’oggetto della riunione tenuta oggi e si concretizzerà in un decreto legge e la terza, che inizierà tra qualche settimana, porterà a un altro Dl e riguarderà i governi locali e la riorganizzazione delle amministrazioni periferiche dello Stato.
Secondo quanto riferito dal viceministro all’Economia Vittorio Grilli, che ha presieduto al’incontro con rappresentanti degli enti locali, nel corso della riunione a Palazzo Chigi con il governo a proposito degli interventi sulla spesa pubblica (che non è una nuova manovra, come ha tenuto a chiarire Mario Monti), sono previsti, fra l’altro, tagli del 20% dell’organico dei dirigenti della pubblica amministrazione e del 10% dei dipendenti, attuate dopo la verifica delle piante organiche e la successiva modulazione dell’intervento attraverso la mobilità di due anni.
“l’Italia e’ sorvegliata speciale nell’Eurozona”, ha detto il vice ministro del tesoro, facendo eco alle parole del premier che parla di una “operazione strutturale”, che serve a recuperare gli oltre i 4 miliardi necessari per evitare l’aumento dell’Iva a settembre.
Come scrive l’AGI, i sindacati restano sul ‘chi vive’ e Susanna Camusso, leader della Cgil, ha commentato: “E’ evidente che se il governo pensa di procedere al taglio degli organici e alla riduzione dei servizi getta benzina su una situazione molto difficile”.
Giudizio negativo dagli Enti locali: “Siamo disponibili a lavorare sui costi standard ma i tagli prospettati dal commissario Bondi sono estemporanei e parziali”, ha detto il presidente dell’Anci Graziano Delrio al termine dell’incontro con il governo. “Il provvedimento – ha detto – e’ impostato bene ma mancano i dettagli delle cifre negli ultimi anni i Comuni hanno subito tagli per circa 8 mld tra tagli delle manovre e Patto di stabilità”.
Proteste anche sul taglio dei microtribunali, poiché il piano del governo prevede di cancellarne 33 piccoli, con 37 Procure non provinciali e di azzerare 220 sezioni distaccate, ma l’unione di Pdl, Pd e Udc, è intenzionata a portare il limite massimo a 29 tribunali da sopprimere.
Per quanto riguarda il settore sanità si va verso un intervento per 3-3,5 miliardi da qui al 2014, che diventano 8-8,5 miliardi se si sommano ai 5 miliardi di tagli già previsti per il prossimo biennio dalla manovra di luglio 2011.
Naturalmente le proteste salgono anche da tale settore già fortemente penalizzato, ma Mario Monti, scrive Il Giornale, anche in questo caso mostra i muscoli e non si cura delle proteste, perché, dice,sui tagli, che pur presentati alle diverse parti, non ci saranno contrattazioni.
L’obiettivo è un Consiglio dei ministri tra giovedì e venerdì per varare il testo sulla revisione della spesa, testo da cui cavare almeno cinque miliardi, anche se l’esecutivo spera di recuperarne circa otto, soprattutto tagliando gli sprechi.
Solo per far fronte alla questione degli esodati (la peggiore figura dell’attuale Governo), ai danni del terremoto dell’Emilia ed evitare un aumento dell’Iva, serve “una cifra molto più alta di 4,2 miliardi”, avrebbe detto il premier, sottolineando poi che l’obiettivo della spending review è “eliminare gli sprechi e non ridurre i servizi”, evitando “tagli lineari guardando alle più alte priorità”.
Insomma, come ha detto il supertecnico dell’impresa Enrico Bondi, commissario ad acta, con questa spending review si vuol fare di più spendendo meno, con una revisione parametrata su linee mediane di virtuosità e frontiere di efficienza, basate su spese pro-capite e servizi con prezzi benchmark e leve molto severe sulle centrali di acquisto locali.
Come ciò sarà attuato, lo staremo a vedere. Anche perché difficoltà emergono dall’interno dello stesso Governo, con il ministro della Salute Renato Balduzzi, che vorrebbe una riduzione di solo un miliardo per l’anno in corso e il ministro della Difesa Di Paola non pare abbia accoglierebbe di buon grado un ulteriore contributo del suo settore per la spending review.
Pertanto, nonostante l’ostentata sicurezza di Monti, i nodi da scogliere sono ancora tanti ed è ancora in piedi, come spina per il suo Governo, l’intenzione dell’Idv e della Lega di discutere circa la mozione di sfiducia per Elsa Fornero, ministro del Lavoro che intanto, lo scorso 27 giugno, in una intervista al Wall Street Journal, ha continuata a difendere la sua riforma, definendola “non è perfetta, ma buona, soprattutto per quelli che entrano nel mercato del lavoro” ed affermando che essa ha comunque il merito di “far cambiare agli italiani il loro atteggiamento in molti sensi” sul fronte del mercato del lavoro, perché lo scopo suo e del Governo di cui fa parte è di “proteggere le persone e non il loro posto di lavoro”.
Insomma, dice la ministro, “Deve cambiare l’atteggiamento delle persone. Il posto di lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso sacrifici”.
E subito Il Fatto Quotidiano e molti giornali di destra, parlano di ennesima gaffe che ha scatenato una bufera di reazioni nel mondo politico, tanto che la titolare del Welfare, poco dopo l’uscita del giornale, è stata nuovamente (le capita piuttosto spesso) costretta a correggere il tiro: “Il diritto al lavoro non può essere messo in discussione perché è riconosciuto dalla Costituzione.
Va comunque detto che la precisazione-smentita non ha ricevuto tutti i crismi dell’ufficialità. Fonti del dicastero, del resto, hanno precisato che nell’intervista la Fornero ha fatto riferimento “alla tutela del lavoratore nel mercato e non a quella del singolo posto di lavoro, come sempre sottolineato in ogni circostanza”.
Antonio Di Pietro ha parlato di ‘asineria’, la Lega si è chiesta se il ministro abbia giurato su Topolino, il segretario di Rifondazione Ferrero ha definito aberranti le parole del titolare del Welfare.
Certo è che se Monti fa danni solo se parla di calcio, la Fornero ne fa di più ogni volta che parla di lavoro, argomento suo di centrale interesse come professore e come ministro.
Secondo un sondaggio diffuso dal Tg di La7 il 1° luglio, nell’ultima settimana il partito di Grillo ha fatto registrare una significativa perdita di consensi, lasciando sul terreno il 2,1% e calando al 17,3%.
Nello stesso arco di tempo il Pdl di Silvio Berlusconi e Angelino Alfano ha guadagnato l’1,4% passando dal 17,3% al 18,7% e scavalcando il Movimento 5 stelle.
Il calo del movimento grillino sembra da attribuire alla fine dell’esposizione mediatica guadagnata in seguito alla conquista del comune di Parma da parte di Federico Pizzarotti.
Le incertezze del nuovo sindaco di Parma, le indecisioni relative alla formazione della giunta e il calo dell’interesse die media per il fenomeno-Grillo sarebbero dunque alla base dell’inversione di tendenza elettorale subita dal Movimento 5 stelle.
Inversione di tendenza alla quale potrebbe aver contribuito anche l’irruzione degli Europei di Calcio nei palinsesti televisivi.
Per quanto riguarda invece il Pdl, la crescita registrata nell’ultima settimana sembra da attribuire al prepotente ritorno in scena di Silvio Berlusconi, che nell’ultimo periodo è tornato a parlare di euro e si è proposto tanto come presidente della Repubblica quanto come ministro dell’Economia.
Queste letture mi preoccupano molto perché indicano che l’indignazione italiana decresce e con lei anche la capacità di operare un critico controllo.
Infatti, sui giornali, non si parla più di tagli della politica né di necessaria moralizzazione dei partiti, discorsi passati rapidamente nel dimenticatoio e nessuno riprende la nota, al Corriere della Sera, della acuta signora Giancarla Taborelli-Ruther, che scrive: “L’impegno, il coraggio, la collaborazione, la lungimiranza, la lealtà, la correttezza, la fiducia in se stessi e nei compagni di squadra, senza dimenticare il talento, l’estro e l’abilità di cogliere le occasioni inattese: tutto ciò ha reso il risultato della sfida “Italia-Germania” un successo meritato e riconosciuto da tutti, avversari (di solito sempre pronti a sminuirci e a non prenderci sul serio) in primis. In fondo molte di queste qualità fanno parte della natura degli italiani: perchè allora non sfruttare il loro effetto sinergico per il bene del Paese (consci che ciò costituirebbe un vantaggio per tutti, anche per noi stessi) invece di mettere sempre al primo posto il proprio interesse personale? Ma forse, per capirlo, ci sarebbe bisogno di un “allenatore degli italiani” alla Prandelli. Altrimenti ci toccherà sempre, prima di rialzarci, toccare il fondo”.
Alla nota io aggiungo che, oltre ad un allenatore, ci vorrebbero italiani accorti che vogliono davvero farsi allenare e che, toccando il fondo, si rialzano appena, senza nessuna voglia di raddrizzare la schiena e la testa.
Carlo Di Stanislao
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