Minosse toglie il fiato e il sonno e la polemica fra Squinzi e Monti la pace.
Lo spread torna a farsi bollente ed il bollino rosso ricompare per le condizioni atmosferiche e le nostre finanze.
L’Eurogruppo vince le diffidenze dei paesi nordici (Filanda e Olanda, dopo la Germania) e conferma l’impegno sul fondo salva stati per acquistare bond sovrani, prorogando il mandato di presidente dei ministri finanziari dell’euro al lussemburghese Jean – Claude Junker, mentre Yes Marsch è stato indicato per la Bce, allo scadere di Draghi il quale plaude alla spendi che inizia il suo cammino in Senato, avvertendo che tagli ancora maggiori avremo, comunque, presto bisogno.
Domenica sera riesco rilassarmi, a Pescara, nella vasta ed ingombra platea dei premi Flaiano 2012, mentre vedo assegnare il Pegaso Internazionale per la Cultura a Tom Stoppard, sceneggiatore, scrittore, regista, artista a tutto tondo fra cinema, teatro e tv, già premio Oscar per “Shakespeare in Love”, con una carriera creativa marcata da una sempre imprevedibile genialità linguistica e mi auguro che il linguaggio, almeno, del mondo che mi circondi cambi, pechè, a volte, le parole sono contenuto e cambiando quelle, cambiano anche le cose.
Per la narrativa vince l’esordiente Maria Paola Colombo con “Il negativo dell’amore” (Mondadori): una sorta di riscatto per le donne non premiate allo Strega.
Per la Cultura Italiana nel Mondo premiati gli italianisti Philip Cooke, scozzese, Edward Goldberg statunitense e Alfred Noe austriaco e premio speciale assegnato a Hussein Mahmoud per il saggio “Mahfuz in Italia. Un riconoscimento dovuto”.
Penso allora a ciò che sta accadendo il Libia, con i liberali che si avviano a vincere nelle prime votazioni dopo Saddam e penso a l’Egitto, dove e militari ancora cercano di influenzare il governo appena eletto con libere elezioni.
Penso a quanto poco sappiamo e capiamo del mondo arabo e mussulmano e del Terzo Mondo più in generale, sempre spinti a creare primati e differenze e mai inclini a comprendere in che modo queste possono diventare valori.
Poi arriva il mio amore, il cinema e sento il cuore distendersi ed il cuore sussultare con i premi a Paolo Sorrentino per la regia di “This Must Be the Place”, Pierfrancesco Favino quale attore dell’anno (con ben quattro film di successo: L’industriale, Posti in piedi in Paradiso, A.C.A.B. e Romanzo di una strage), Dario Argento per la realizzazione di Dracula 3D e Ruggero Di Paola Premio del Pubblico Concorso Italiano IntraVisti per “Appartamento ad Atene”.
E mi beo nel vedere sul palcoscenico del d’Annunzio, premiati, per la tv, Victoria Cabello per la conduzione, Marco Giusti per il programma culturale, l’attrice Antonia Liskova per “Troppo amore”, l’attore Luigi Lo Cascio per “Il sogno di un maratoneta” (premiato anche per la regia di Leone Pompucci), Alessio Bertallot per il programma radio “Rai Tunes” e Franco Scaglia, Premio Flaiano speciale per la produzione del documentario “Fratelli e sorelle”.
E non bastano le sorprese gioiose per chi, come me, crede che l’arte, tutta intera, alla fine ci salva e ci affranca, soprattutto in momenti difficili.
Per il teatro vengono premiati, per la carriera, Carlo Cecchi e come interpreti Alessandro Gassman per “Roman ed il suo cucciolo” e Lucrezia Lante Della Rovere per “Malamore”; il regista Francesco Macedonio per “Gin Game” e Massimo Ghini e Cesare Bocci per il musical “Il vizietto”.
Le giurie, presiedute da Jacqueline Risset, per la letteratura Giuliano Montaldo, per il cinema e Ugo Gregoretti per la televisione, hanno lavorato bene e Tibone, col suo Premio targato 39, davvero benissimo.
Me domenica finisce ed arriva lunedì, certo più rovente e comunque meno divertente e gioioso.
Oggi leggo sui giornali che lo spread apre sopra quota 470, che la crisi è ancora di la da essere raffreddata o controllata da “condizionatori” vincenti e che, alle porte di casa, il braccio di ferro fra il neopresidente Morsi e i militari, rende l’Egitto a rischio di stabilità, con tutte le conseguenze sul panorama internazionale e soprattutto sui Paesi del Mediterraneo.
I Fratelli Musulmani e il Consiglio Supremo delle Forze Armate (Scaf), i due colossi protagonisti dell’Egitto post Mubarak, giocano una partita rovente e la domanda che circola s negli ambienti terzisti (quelli diffidenti delle moschee quanto delle caserme) dopo l’ultima sortita del neopresidente islamista Morsi che domenica ha ripristinato il Parlamento sciolto dalla Corte Costituzionale il 15 giugno, alla vigilia del ballottaggio e quale futuro si prepari per l ‘Egitto. I giudici, estrema propaggine del vecchio regime, ribadiscono l’inappellabilità della decisione e la propria estraneità alla politica, ma nell’attesa della seduta “ribelle” convocata per oggi alle 14 tutti gli occhi sono puntati sui generali, gli attuali titolari del potere legislativo che dopo essersi riuniti d’emergenza si limitano a chiedere “il rispetto della legge”.
E leggo che la Russia è oggi in lutto per le 171 vittime della regione meridionale di Krasnodar, lungo le Coste del Mar Nero, nel sud del Paese, mentre la stampa attacca le autorita’ locali, accusandole di negligenza.
A Krimski, di gran lunga la citta’ piu’ colpita con 159 morti, l’onda di acqua e fango ha raggiunto addirittura i sette metri di altezza, a causa del crollo della diga di Neberdzhayevsk, situata su una montagna sovrastante.
Piu’ di 5.200 abitazioni a Krimsk e a Gelendzhik, abitate da 26.475 persone, tra cui 6.330 bambini, sono state invase dall’acqua, secondo le autorità locali.
Che si difendono sostenendo che “un tale livello di acqua e con così tanta forza, non si e’ mai visto nei 150 anni di vita del comune di Krimski” e quanto e’ accaduto e’ stata una “grossa sorpresa”. “Nessuno e’ in grado di resistere alla valanga d’acqua”, ha affermato Tkachiov in una intervista al quotidiano “Izvestia”.
Ma la stampa punta il dito proprio contro gli amministratori locali. La negligenza e l’incapacità’ di imparare dai disastri del passato sono la prima causa del disastro, e’ la linea che accomuna in modo piuttosto insolito i giornali vicini al governo e quelli d’opposizione.
Per la stampa, quanto e’ accaduto non era affatto una novità erano bene consapevoli dei rischi.
Le autorità sono accusate di non aver evacuato i residenti e di non averli avvertiti del pericolo.
Izvestia, vicino al Cremlino, critica aspramente la reazione delle autorità e accusa: “La tragedia di Krymsk e’ la perfetta dimostrazione di cosa comporta la trascuratezza”.
Le immagini di morte e devastazione a Krasnodar, a pochi chilometri da dove nel 2014 si svolgeranno le attese Olimpiadi invernali di Sochi, sono un colpo all’immagine di Vladimir Putin, appena tornato al Cremlino tra inedite proteste di piazza. “Ora la pressione sul potere centrale da parte dell’opinione pubblica e il malcontento tra i cittadini si farà più forte”, avverte la sociologa Olga Kryshtanovskaya interpellata da Afp.
Come scrive l’agenzia Rbc, l’estate si conferma storicamente come un periodo “nero” per la Russia.
L’anno scorso, il 10 luglio era affondato il traghetto Bulgaria sul Volga, uccidendo 122 persone.
L’anno prima, vasti incendi dagli Urali ai confini occidentali del Paese provocarono decine di morti e la distruzione di interi raccolti, mentre e’ ancora vivo il ricordo dell’agosto 2000, quando Putin – appena eletto presidente nel suo primo mandato – dovette affrontare l’esplosione in circostanze misteriose del sommergibile atomico Kursk, in cui persero la vita 118 marinai russi. In seguito, quando in un’intervista tv gli chiesero, cosa successe al Kursk, Putin rispose semplicemente: “E’ affondato”.
Domenica pomeriggio, prima di distendermi al Flaiano, ascoltavo un metereologo spiegare, per radio, che l’anticiclone che porta il caldo infernale da noi, è lo stesso, con le sue propaggini ha cerare inondazioni in Polonia, Inghilterra e Russia. Commentava l’esperto che: “è come se l’Equatore si fosse settentrionalizzato o l’Italia fosse scivolata più in basso”.
Ma lo diceva con un tono irritante, come a dire: che ci possiamo fare?
Carlo Di Stanislao
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