L’intera area a caldo dell’Ilva di Taranto e’ stata messa sotto sequestro preventivo. Otto persone, tra dirigenti ed ex dirigenti del Gruppo Riva e dello stabilimento tarantino, agli arresti domiciliari. Sono le misure disposte dal gip del Tribunale di Taranto Patrizia Todisco nell’ambito dell’inchiesta sull’inquinamento ambientale prodotto dall’azienda siderurgica piu’ grande d’Europa. Immediata la protesta dei lavoratori metalmeccanici che hanno invaso a migliaia la citta’. I sindacati Fim, Fiom e Uilm hanno proclamato uno sciopero ad oltranza. Per questa mattina e’ stata indetta una assemblea dei lavoratori all’interno dello stabilimento.
VENDOLA, NON LASCIAMO I LAVORATORI DA SOLI – “La partita non è finita. Adesso dovranno esprimersi i giudici del riesame. Ma per il gup che ha disposto il sequestro dell’Ilva, bisogna nutrire rispetto”. Lo ha detto il presidente della Puglia Nichi Vendola in un’intervista a La Repubblica.
“Finisce un’epoca: quella in cui la salute della gente e la tutela ambientale avevano un peso marginale rispetto al dio profitto – ha aggiunto -. Non è più così. E’ necessario trovare un equilibrio avanzato tra gli uni e l’altro. Perchè la guerra dell’ambiente contro il lavoro, sconfigge tutti”.
“Il pericolo – conclude Vendola – è che Taranto si ritrovi a combattere con il cancro e, daieri, anche con una prospettiva di povertà. Ma non siamo alla fuoriuscita dell’industria. Entriamo, piuttosto, in un’epoca nuova, dove convivono benessere e occupazione”.
CLINI, CHIUDERE ORA NON HA SENSO – “Sul futuro dell’Ilva, il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, non ha dubbi “non ha senso chiuderala – ha detto in un’intervista a Il Manifesto -, perchè negli ultimi tre anni l’azienda ha cominciato ad adeguarsi alle normative nazionali e regionali, e alle direttive europee seguendo le procedure per l’Autorizzazione integrata ambientale, e avviando un processo di risanamento del ciclo produttivo anche se ci sono ancora parti critiche che però sono oggetto di ulteriori prescrizioni già impartite”.
“Ho avuto un lungo incontro con il presidente dei Verdi Angelo Bonelli – aggiunge -, e capisco le ragioni dei cittadini esposti ai rischi dell’inquinamento. Oggi però l’Ilva ha adeguato la maggior parte della produzione ai limiti di legge, cosa che ovviamente va assolutamente verificata nel tempo”.
“L’unica strada per uscire da questa situazione è pressare l’azienda per continuare l’opera di risanamento”, ha spiegato Clini.
“La prima cosa da fare subito – dice ancora – è garantire che il sito industriale non sia più sorgente di inquinamento. Anche se non si riuscirà a bonificare il suolo, utilizzato per decenni, che ormai difficilmente potrebbe diventare un campo di grano, si può però mettere in sicurezza il sito per evitare la contaminazione delle falde acquifere e la dipsersione di inquinanti. C’è poi il problema delle polveri disperse dall’immenso parco geominerario di 78 ettari dove sono stoccati i materiali – aggiunge -. Ancora: bisogna continuare con l’abbattimento delle emissioni, in partioclare quelle solforose, e occorrono interventi tecnoologici sugli impianti più inquinanti. E’ un investimento economico per l’Ilva ma ciò le permetterebbero di acquistare competitività e ridurre il contenzioso ambientale”.
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