La “sospesa” formalità di Tornatore

Storia di un incubo in forma di interrogatorio al quale lo scrittore Onoff, apparentemente in preda all’amnesia, è sottoposto da parte di un commissario di polizia. Fin dal titolo,  il 4° film di Tornatore è sotto il segno dell’ambiguità: oltre al suo significato di gergo burocratico-poliziesco, potrebbe essere letto come un esercizio di pura forma, […]

Storia di un incubo in forma di interrogatorio al quale lo scrittore Onoff, apparentemente in preda all’amnesia, è sottoposto da parte di un commissario di polizia. Fin dal titolo,  il 4° film di Tornatore è sotto il segno dell’ambiguità: oltre al suo significato di gergo burocratico-poliziesco, potrebbe essere letto come un esercizio di pura forma, ossia di stile, che mette in discussione lo statuto di credibilità delle immagini:qual è il confine tra fantasia e realtà? tra falso e vero? Allucinato dramma notturno di nordico onirismo, giocato sulla corda pazza dell’assurdo, è un film da prendere o lasciare, senza vie di mezzo. Chi prende ne gusterà la sagacia della costruzione, l’alta tenuta figurativa e sonora (fotografia di Blasco Giurato, musiche di Ennio Morricone), l’ammirevole concertazione degli attori: oltre a Depardieu e Polanski (doppiati da Corrado Pani e Leo Gullotta), c’è un incisivo S. Rubini come poliziotto che verbalizza. Incalzante, grottesco, misterioso, bellissimo. Presentato nel 1994 al 47° festival del Cinema di Cannes, “E’ una pura formalità”,  resta uno dei film migliori (e meno noti) di “Peppuccio” Tornatore, girato con due grandi interpreti (Depardieu e Polanski), in un casolare nei pressi di S. Demetrio. Film complesso, per definire il quale vale soprattutto l’aggettivo “sospeso”. Sospesa è l’ambientazione, senza spazio nè tempo, un evidente Purgatorio in terra in cui stazionano i dannati – un robusto Depardieu di cui Tornatore non risparmia dettagli della sua opulenta anatomia – prima di andare da qualche parte (dov’è presumibilmente diretto Onoff – o On/Off –, appena spuntata l’alba). Sospesa e mirabile è la recitazione del sorprendente Roman Polanski, il commissario senza nome, uno dei personaggi più ambigui che si ricordino in un film. la drammaturgia e la teatralità (risultano costruite con pochissimi e vagamente delineati elementi, dando vita ad una narrazione di finissima fattura a dir poco universale. Unica costante la pioggia che penetra tutto, mura, mobili e persone. Atmosfere kafkiane ci portano dentro un’indagine, un interrogatorio di un uomo che ancor prima che rispondere alle autorità sta rispondendo a se stesso. La memoria di una vita viene ricostruita pezzo dopo pezzo, cercandone le prove e le testimonianze oggettive per poter affermare con certezza: “Si, io ho vissuto” Temi su cui riflettere in questo tempo sospeso e senza futuro del dopo terremoto e che ci saranno riproposti mercoledì 13 prossimo, alle 17, alla sala Sericchi della Carispaq, in via Strinella, per il quinto appuntamento della rassegna “Cinema per l’Aquila” dell’Istituto Lanterna Magica, in collaborazione con l’accademia dell’Immagine, la Film Commition e la Provincia. La proiezione, libera, sarà aperta da una breve scheda a cura dei due esperti Per cesare Stagni e Giovanni Chinante, tutta incentrata sui contenuti di una metafora perfetta su cacciatore e preda, vittima e carnefice a parti alterne e rovesciate.
Straordinaria la colonna sonora di Ennio Morricone e la fotografia di B. Guirato. Molti i motivi, quindi, per non mancare e, fra questi, quello della straordinaria prova d’attore (la sua migliore) di Roman Polanski, di cui, in questi giorni, sta per uscire l’ultimo film: “L’uomo ombra”; una pellicola che richiama in parte le sue recenti vicende giudiziare e la sua vita da carcerato in casa. Dopo aver conquistato  l’Orso d’Argento durante l’ultimo Berlinale e in attesa del giudizio del pubblico sulla prova di interpreti inediti per il genere (ierce Brosnan, Ewan McGregor e Kim Cattrall), potremo gustarci il duetto ineffabile e tragico fra lui e Gerard Depardieu.

Carlo Di Stanislao

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