Il governo Monti scende in campo per evitare la chiusura dell’Ilva di Taranto. Il premier ha deciso ieri di mandare i ministri Passera, Severino e Clini il 17 agosto nella citta’ pugliese per studiare come salvare la fabbrica. La decisione e’ arrivata dopo che il gip Patrizia Todisco aveva revocato al presidente dell’Ilva Bruno Ferrante il ruolo di custode giudiziario. Il ministro della Giustizia ha chiesto gli atti dell’inchiesta, il ministro dell’Ambiente ha criticato il gip. Per Passera ”necessario evitare la chiusura”.
“A Taranto, ogni mese, almeno due persone sono uccise dalle sostanze chimiche prodotte dall’inquinamento industriale. È questo l’eccesso di mortalità calcolato dai periti nominati dalla procura di Taranto nell’ambito dell’incidente probatorio. Chi ha governato, questa verità non l’ha voluta cercare. Ha preferito non sapere e non far sapere. E ha lasciato che una città morisse lentamente”, è quanto scrive Alessandro Marescotti, Presidente di PeaceLink sul Manifesto.
Da cinquant’anni la città è sotto ricatto occupazionale rinunciando alla dignità di cittadini e lavoratori, costretti a dover scegliere tra il diritto alla salute e il diritto al lavoro.
Nessun Paese civile dovrebbe essere messo con le spalle al muro. Oggi lo Stato italiano si ritrova con le spalle al muro perché per 50 anni è stato complice di un delitto. Il delitto è aver permesso che diritti fondamentali, come il
lavoro e la salute, fossero frutto di negoziazione.
L’Associazione Antimafie Rita Atria, da anni impegnata sui tempi della difesa dei diritti, dell’ambiente e della legalità in tutta Italia, segue con apprensione e sgomento quanto sta accadendo in queste ore a Taranto.
Pieno sostegno all’azione della magistratura, intervenuta a difesa della legalità e dei diritti dei cittadini.
In questi anni le Istituzioni hanno totalmente fallito il loro compito e, solo oggi, grazie all’azione della Magistratura Taranto assurge alle cronache nazionali. Non dimentichiamo che la prima denuncia è del 1965, la prima manifestazione ambientalista del 1971, la città è dal 1991 è “area a elevato rischio ambientale”, la prima condanna in tribunale per “getto di polveri” è del 1982 (quindici giorni di reclusione per il direttore dell’allora Italsider), la prima condanna per Emilio Riva arriva per i “parchi minerali” nel 2002, nel 2007 Emilio Riva e suo figlio Claudio furono anche interdetti dall’esercizio dell’attività industriale, e fu loro inibita la possibilità di contrattare con la pubblica amministrazione.
Davanti a questa realtà le Istituzioni non hanno saputo tutelare i cittadini, non hanno saputo imporre il rispetto della legalità e del diritto. Solo nel 2007, grazie alle denunce di PeaceLink e delle associazioni ambientaliste si comincia a documentare ed accertare l’avvelenamento quotidiano a cui Taranto è sottoposta.
Riteniamo, pertanto, gravissime le dichiarazioni del Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola sull’ambientalismo isterico che consideriamo offensive e dannose. Il Presidente Vendola, così come molti altri esponenti istituzionali, dovrebbe chiedere scusa alla città e all’Italia intera per i ritardi e le omissioni istituzionali.
L’azione di questi anni dell’associazionismo merita di essere ringraziato e sostenuto, a partire dall’Associazione PeaceLink il cui Presidente, prof. Alessandro Marescotti, è stato oggetto la settimana scorsa di una provocatoria contestazione durante il suo intervento ad un convegno pubblico. Le associazioni ambientaliste hanno, in questi anni, svolto i compiti di tutela pubblica e di analisi ambientale che spettavano alle Istituzioni. E dal mondo ambientalista è venuta l’unica proposta di progetto di bonifica dell’area e che salverebbe anche i posti di lavoro.
Dimostrazione che il cosiddetto “ricatto occupazionale”, di cui in questi giorni si sono fatti portavoce alcuni politici locali e nazionali, gran parte della stampa locale e nazionale (comprese trasmissioni di quello che dovrebbe essere “servizio pubblico”) e, purtroppo, alcuni sindacalisti è falso ed è solo un favore alla proprietà e a chi non vuole un futuro migliore per Taranto: in tutta Europa esistono esempi di riconversioni industriali e, anche, di poli siderurgici che non mettono a rischio la salute pubblica e l’ambiente. Sono questi gli esempi che Taranto deve seguire, smontando tale ricatto e costruendo un avvenire dove l’aria possa tornare pulita e i cittadini non debbano vivere con il timore di ammalarsi o di vedere nascere figli già condannati.
L’Associazione Antimafie Rita Atria chiede quindi alle Istituzioni di assumersi fino in fondo il loro compito e di assolvere ai doveri per le quali esistono, non sono più accettabili dichiarazioni come quelle di Vendola o parole vuote senza alcun seguito concreto.
Ringraziamo la Magistratura, esprimendo loro il nostro sostegno e ringraziamento. Ci stringiamo attorno agli operai, e ai loro rappresentanti, che in queste ore stanno rifiutando il “ricatto occupazionale” e denunciano con forza che non esiste alcuna contrapposizione tra diritto al lavoro e diritto alla salute.
Taranto merita di tornare a vivere, Taranto merita aria pulita, salute e lavoro. Taranto merita un futuro migliore. Non è più possibile tirarsi indietro, o continuare con vuote promesse o “poesie” ancora più inutili, è questo il momento decisivo.
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