Bastano due scosse sismiche di bassa intensità ma distintamente avvertite dalla popolazione per far tornare la paura. Tre anni e mezzo dopo il terremoto del 6 aprile 2009, nel capoluogo abruzzese la normalità è ancora lontana. Lo sanno bene i lavoratori che dal sisma sono senza lavoro e che sopravvivono grazie ad ammortizzatori sociali sempre più ridotti: 4 mila in cassa integrazione e altrettanti tra mobilità e sussidio di disoccupazione. Lo sanno anche insegnanti e studenti che stanno per cominciare il terzo anno scolastico in strutture provvisorie, più o meno confortevoli. Lo sanno le associazioni attive nel sociale che faticano a portare avanti azioni in un territorio comunale oramai vastissimo le cui parti sono sconnesse fra loro a causa non solo della distanza, ma anche della mancanza di interesse che la popolazione, soprattutto quella più anziana, dimostra di avere, con il pensiero fisso a quello che era e le poche energie disponibili catalizzate nella ricerca di una normalità, di un equilibrio. Qualcosa, però, si muove.
Dopo 42 mesi la ricostruzione pesante, quella delle abitazioni più danneggiate, sembra essere faticosamente partita fuori dal centro storico: palazzi abbattuti, condomini fasciati da ponteggi, strade chiuse a singhiozzo per facilitare i trasporti fanno la felicità di quei cittadini che in tutto questo vedono avvicinarsi il giorno in cui rientreranno in casa propria mettendo fine allo status di “sfollato”.
In centro storico, ancora “sorvegliato” dai militari, la situazione è ben diversa: l’attività principale che vi si svolge è la rimozione delle macerie; alcuni puntellamenti sistemati nei mesi passati sono ormai rovinati, le strade vuote di giorno si sono riempite per tutta l’estate durante le ore serali e notturne grazie alla “movida” alimentata da decine di locali, pub e ristoranti che hanno riaperto ai piani bassi di palazzi inagibili grazie ad autorizzazioni, rilasciate dopo verifiche che non tutti ritengono scrupolose ed affidabili, che permettono ai gestori di aprire attività fino a quando non cominceranno i lavori di ristrutturazione della zona o del proprio palazzo. Pochi ancora i cantieri avviati.
Sempre di più sono invece i giovani che sperano di andar via: all’ottimismo dei primi tempi è subentrata una forte stanchezza che spinge i più giovani a lasciare il capoluogo. Non manca, certo chi resiste e continua a cercare una ricostruzione che sappia essere partecipata. In barba a queste richieste, proprio tre giorni fa è stato smontato il tendone posto in piazza Duomo che oramai da anni ospitava le assemblee settimanali dei cittadini e gran parte delle iniziative culturali e sociali. I cittadini che lo animavano hanno sollevato una polemica sui media, il sindaco li ha rassicurati dicendo che si tratta di una misura provvisoria necessaria per ospitare l’incontro nazionale di Emergency che comincerà a l’Aquila domani, giovedì 6 settembre 2012. Tre anni e mezzo dopo.
Elisa Cerasoli – Redattore Sociale
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