Cominciano i guai anche per Kate, sin’ora cara tanto alla regina che ai suoi sudditi, ragazza bella e comunicativa e, soprattutto, senza le complessità caratteriali di Diana.
Ma ora, la pubblicazione di sue foto in topless, rende “furiosi, arrabbiati e rattristati” i reali, con il portavoce di Buckingham Palace, che dice che la rivista Closer, di proprietà della Mondadori, ha “oltrepassato una linea rossa” e che la coppia immortalata violandone la privacy mentre era in vacanza in un esclusivo albergo-castello in Provenza, sta valutando azioni legali contro di lei.
La vicenda, riferiscono i royal watcher, gli osservatori e i biografi della famiglia reale, ha scioccato profondamente William, rammentandogli la caccia continua che i paparazzi davano a sua madre, inseguita fino alla morte nell’incidente d’auto di oltre dieci anni fa.
Secondo indiscrezioni (che in questi casi non mancano mai), le foto erano state offerte anche a giornali britannici, ma tutti si sono rifiutati di pubblicarle, anche il terribile Sun, il tabloid londinese di proprietà di Rupert Murdoch, che pochi giorni fa (e nonostante i suoi guai non sopiti), aveva pubblicato alcune foto del principe Harry, il fratello minore di William, completamente nudo durante un party in un albergo di Las Vega, in compagnia di alcune giovani donne.
Certo è che il duca e la duchessa di Cambridge (questi i titoli per William e Kate) sono furiosi, anche se per ora, in tour nell’Estremo Oriente per conto della corona, non ha fatto commenti.
Ieri, giorno della pubblicazione delle foto “desnude”, Kate ha visitato una moschea, con il capo coperto da un velo, in omaggio alla tradizione islamica e c’è chi già maligna facendo accostamenti fuori luogo con le foto di Closer.
L’abbigliamento pubblico di certi personaggi deve essere consono al ruolo, ma, altrettanto, la loro vita privata è qualcosa di diverso e nessuno può sindacare su eventuali nudità a casa propria.
Sconveniente non è Kate in topless, ma la copertina ed il servizio di fotografico, con immagini sfocate perché carpite con teleobiettivo, che pretendono di essere scandalose mentre ritraggono solo una bella coppia di giovani sposi, che si spalmano teneramente crema solare, sulla terrazza della piscina del castello di Utet, proprietà del visconte Linee, figlio della principessa Margaret.
E poi, a dire il vero, ciò che Kate mostra è non solo tutt’altro che riprovevole o osceno, ma tanto bello che ora si potrà plaudire non solo alle sue bellissime gambe, ma mettere nella panoplia della bellezza ideale anche altre parti del suo corpo, come il lato B della sorella Pippa, le braccia di Cheryl Col o la pancia dell’olimpionica Jessica Ennis.
Soprattutto, le foto, anche se sgranate, documentano che lei, Kate, è una vera bellezza naturale, senza siliconature o infingimenti e che piuttosto che perdere tempo con la stoltezza di una rivista che viola la privacy per qualche copia in più, occorrerebbe simpaticamente riflettere sul fatto che oggi, contrariamente a ieri, le grandi bellezze (e non solo femminili) sono British: Jessica Ennis fra le donne (oltre alle citate) e fra i maschietti David Beckham, Daniel Craig, lo statuario Jason Statham (ex di Kelly Brook e attuale accompagnatore di Rosie Huntington-Whiteley) e l’olimpionico del ciclismo Sir Chris Hoy.
Ai responsabili della rivista Mondadori raccomanderei di leggere “Autobiografia erotica di Aristide Gambía” di Domenico Starnone (Einaudi, 2011), che, come suggerisce Michela Murgia, è paradigma ci certa incultura di oggi, che dell’osceno si nutre senza saperlo neanche dire o rappresentare e che fa in modo che ogni cosa, anche la più innocente, sembri oscena, falsandone i contenuti.
Non a caso Ludwig Marcuse, in Obsön- Geschichte einer Entrüstung / Osceno – Storia di un’indignazione, scrive: “Osceno è chi o cosa, in qualsiasi luogo, in qualsiasi momento, per qualsiasi momento,
ha provocato l’indignazione di qualcuno(….).La particolare indignazione che ha una delle sue espressioni preferite nella brutta parola osceno è diretta contro la sfera dell’erotico”.
Questo perché, come affermato già all’inizio del secolo scorso dall’architetto Adolf Loos nel suo saggio “Ornamento e delitto”, ogni espressione artistica è erotica ed il corpo, se esposto semplicemente e senza ludibrio, non è mai osceno, ma solo artistico e sensuale, dovendo volgare, soprattutto in fotografia, quando ferma i nudi femminili e maschili in modo imbarazzante e crudele, lontano dalle idealizzazioni ovattate e leziose delle vecchie, buone maniere.
Il caso del seno nudo di Kate, carpito in un momento di intimità familiare, gettato in pasto ai lettori, è l’esempio di certo malinteso diritto informativo in cui, soprattutto le donne (ma non solo), sono usate come “cavie” di un percorso di tipo commerciale, esposte e falsate come mero animale che ha perso ogni scrupolo di decenza e pudore, divenendo, non per come sono ma per come vengono ritratte, cifra di disturbo sessuale, con immagini di fatto violentate dalla neutralizzazione del loro autentico significato.
Quanto poi a quelli che si sono sentiti scandalizzati dalle foto di Kate, dovrebbero rendersi conto che sono vittime di quel moralismo dilagante che rende la pornografia ed il pettegolezzo floridi nella nostra società, un moralismo molto pericoloso davvero, un fantasma contro il quale è sempre più necessario usare le armi della ragione, come circostanziato con raffinatezza da Ruwen Ogien in “Pensare la Pornografia”, edito in Italia sette anni fa.
In fondo, a parte la libertà, nella propria privacy, di vestire come si vuole, si ricordi che ogni donna, in fondo, vive la sua nudità come liberatoria perché, come scritto da Alda Merini (“La vita facile”, 1992), nessuna può farsi santa avendo “sempre in mano l’arma del desiderio” e, ancora, come ci ricordava Karl Kraus (“Pro domo et mundo”, 1912), per l’uomo sano basta la donna, per l’uomo erotico basta la calza per giungere alla donna; ma per l’uomo malato basta la calza sola”.
Carlo Di Stanislao
Grazie Carlo! Hai dato voce al mio pensiero!