Persi dietro i piccoli affari ed i grandi malaffari della politica di casa nostra e con lo strazio delle varie fiducie su decreti che tagliano ogni cosa (siamo giunti a 68, in meno di un anno), ci siamo per un po’ dimenticati dei problemi economici che investono non solo noi, ma l’intera Europa e che ora tornano in primo piano al summit dell’Unione Europea in corso a Bruxelles, con Germania e Francia divise su come organizzare la governance economica e la Merkel che vorrebbe un Commissario con poteri di veto, nominato dalla Commissione come garanzia di intervento diretto sui bilanci degli Stati e Holland fortemente contrario a tale proposta, dettata, soprattutto, dalle elezioni che si svolgeranno in Germania a settembre e che vedono il partito della cancelliera in forte affanno.
Proprio per appianare questa divergenza, certo di non poco conto, i due leader hanno organizzato un incontro bilaterale prima del vertice ufficiale, dove il parlamentare europeo Martin Shulz, ha affermato che bisogna procedere con il metodo comunitario, ovvero cercare di trovare un equilibrio tra gli interessi di tutti i Paesi.
Ciò che ha fortemente irritato il presidente francese sono state le dichiarazioni di ieri, in mattinata, pronunciate dalla Merkel al Bundestag, in cui la cancelliera ribadiva l’esigenza di procedere verso un nuovo trattato Ue e appoggiato la proposta di un supercommissario, una sorta di ‘zar’ europeo dei conti, lanciata dal suo ministro all’Economia Wolfgang Schaeuble. “La Germania è favorevole che si accordi un effettivo diritto di ingerenza sui bilanci nazionali”, aveva detto la cancelliera, frenando così sulla costruzione della vigilanza bancaria europea e sulla ricapitalizzazione diretta della banche da parte del fondo salva stati permanente Esm.
Nella notte, comunque, a Bruxelles è stato raggiunto un primo accordo sulla supervisione unica bancaria, secondo la quale sarà la Bce a dover dire quando nel 2013 il nuovo sistema di sorveglianza creditizia diventerà operativo; mentre rimane la scadenza del primo gennaio 2014 per l’estensione della supervisione a tutto il sistema bancario di Eurolandia.
Quanto ad Italia e Spagna sono state, naturalmente, dalla parte di Hollande, bocciando l’idea tedesca, con Monti che ha dichiarato, alla fine della prima giornata del vertice dei 27, che: “non paiono necessari nuovi meccanismi o super commissari “ e Barroso che ha chiarito come già “il commissario per gli Affari Economici e Monetari abbia poteri speciali all’interno della Commissione”.
A parere di Monti i poteri del commissario attuale “superano quelli spesso mitizzati del commissario alla Concorrenza e Barroso rileva che se in passato ci sono stati problemi non è stato per la debolezza delle decisioni prese dalla Commissione, ma è stato perché in questa materia le decisioni sono soggette all’approvazione del Consiglio.
Per Van Rompuy e Barroso, comunque, il fatto stesso che sia stata scritta “una data certa” entro la quale definire “il quadro legislativo” con cui far partire la vigilanza unica da parte della Bce, che mancava nell’accordo di giugno, è sufficiente per parlare di “importante passo avanti” nella costruzione del primo pilastro dell’Unione bancaria.
Si dice soddisfatto Monti che, ancora una volta, ha costituito un asse di ferro con Hollande, utile a superare le titubanze tedesche; sicché al termine del vertice appare sollevato, soprattutto perché, spiega, l’Europa ha saputo decidere nonostante i mercati, almeno per il momento, non stiano mettendo sotto eccessiva pressione i governi.
E’ vero, come riconosce lo stesso professore, che non è possibile dire con esattezza quando potranno essere ricapitalizzate direttamente le banche in difficoltà, a cominciare da quelle spagnole. “Ma i mercati – assicura Monti -, non dovrebbero rimanere troppo delusi perché non si aspettavano una operatività immediata”.
Tuttavia, ci dicono fonti diplomatiche citate da Tgcom, Madrid non sembra pensarla così, sicché, pare, il governo di Mariano Rajoy potrebbe rinunciare agli aiuti ai propri istituti di credito proprio perché arriverebbero troppo tardi e rischierebbe di avere condizioni troppo pesanti.
Ciò che appare comunque evidente è che Hollande, pur cercando ancora sponde con Italia e Spagna, è necessitato a non rompere con Berlino, poiché sono solo queste due Nazioni, in Europa, a beneficiare di un trattamento privilegiato dai mercati sul versante dei rendimenti dei titoli del debito pubblico, pur non avendo da mesi ‘numeri’ altrettanto incoraggianti.
A ben vedere e a conti fatti, trovato il compromesso, resta l’interrogativo sulla conciliabilità dei tempi: rinviare la piena operatività della unione bancaria e della supervisione della Bce sui meccanismi di salvataggio pone un problema non da poco alla Spagna, che continua a traccheggiare sulla richiesta di aiuti anche se, come scrivono questa mattina i quotidiani on line spagnoli, la richiesta è dietro l’angolo.
D’altra parte lo stesso Rajoy non ha interesse a bruciare i tempi: lo spread negli ultimi giorni si è raffreddato e incombono le elezioni regionali nella ‘sua’ Galizia.
Anche se Rainews e Corriere oggi scrivono che il vero vincitore di un vertice difficile e interlocutorio è stato Mario Monti, con la solita litania che ribadisce il suo status di grande mediatore europeo, con accrescimento della sua credibilità, grazie alla legge anti corruzione e ai risultati dell’ultima asta di titoli del Tesoro, con rendimenti in vistoso calo; io credo che la palma vada invece ad Hollande, che hai tedeschi ha detto, in modo chiaro e diretto, che non possono continuare a pensare solo a loro, mentre il resto d’Europa è alle prese con scioperi generali, morti (ad Atene) e disoccupazione dilagante (la più alta in Italia, con punte preoccupanti soprattutto per i giovani).
E se Monti può sorridere perché i conti si stanno risanando e può guardare non più dal basso in alto Germania, Finlandia e Olanda, dimostrando che la situazione del Paese è diversa da quella greca o spagnola, non possono certo sorridere gli italiani, che continuano a tagliare e sacrificarsi, senza prospettive se non quella di un precipizio senza fine.
Prima del vertice di Bruxelles, a Bologna, al Padiglione della Fiera, di fronte ai cinquecento sindaci del congresso Anci, Monti aveva rivendicato “le misure brutali” del suo governo, servite “per evitare la catastrofe” e, per la prima volta in undici mesi di governo, forse per l’atmosfera come sospesa e decisamente poco empatica, ha chiuso il suo discorso in modo decisamente brusco, dicendo che le sue scelte si sono rese necessarie per “tamponare la situazione finanziaria” determinata dalla speculazione internazionale, ma anche per “l’estirpazione del cancro finanziario” del disavanzo, accumulato dalla politica in decenni di spesa allegra, senza pensare alle conseguenze che avrebbe determinato sulle generazioni successive.
Ma gli è stato risposto, da parte di Graziano Delirio, sindaco Anci di Reggio Emilia, con un aplomb che lascia immaginare una futura (ed auspicabile) carriera politica, che “non si può sostituire la politica con la Corte dei Conti” e che, in una situazione complessa, occorre capacità di governance aperta e non solo forbici da ragioniere.
Sempre alla Fiera di Bologna, il 17, Monti ha detto che negli attacchi alla classe politica, si finisce per dimenticare che l’elite dei partiti è alimentata da una società civile spesso altrettanto compromessa, lasciando intendere che l’Italia si merita, in politica, ciò che ha prodotto e seminato.
Siamo naturalmente d’accordo ma sappiamo anche che lui, come tecnico, non può chiamarsi fuori e che proprio ai tecnici va attribuita la sudditanza ed il servile vassallaggio alla politica, che ha ridotto, negli anni, l’Italia, in questo stato.
Carlo Di Stanislao
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