Mancano solo pochi giorni alla commemorazione dei defunti, il 2 novembre, ed in tutti i cimiteri si stanno svolgendo delle piccole opere di pulizia delle tombe, dei loculi, delle cappelle per sistemarle al meglio – nel pieno rispetto di una tradizione consolidata nelle nostre tante città,che arricchisce di umanità il territorio e la sua gente – portandoci un fiore, un lumino e recitando una preghiera. Questa triste e mesta ricorrenza ha un suo particolare rituale che consiste nel recarsi nel luogo sacro a rendere omaggio ad una persona defunta soffermarsi davanti alla sua tomba, raccolti in un religioso silenzio di preghiera rimembrando trascorsi d’affetto, d’amicizia, di vita che fu. In questo giorno i luoghi ove riposano i nostri cari cambiano volto accendendosi di mille luci e tanti colori, quelli che per la nostra tradizione sono i “ fiori dei morti” che ogni parente ogni amico porterà alla tomba di coloro che hanno lasciata questa terra. Nella mia piccola comunità di montagna, Cabbia di Montereale, la ricorrenza dei defunti è molto sentita e partecipata fino al punto di raggiungere punte di partecipazione come quelle della festa di S. Rocco, Santo protettore del paese, che si tiene in pieno agosto: cuore dell’estate. La tradizione cabbiese vuole che la sera dei Santi tutti ci rechiamo in chiesa a fare un rintocco di campana per ogni nostro defunto, parente, amico, conoscente, che serve a ricordarlo. Nella vita delle persone e delle Comunità s’incontrano tutti i loro problemi e le vicende, anche personali, che ne determinano la solidarietà, la grandezza, la passione, l’attaccamento al suolo natìo manifestato anche in questa particolare ricorrenza. Una questione di cultura del rispetto e di umanità che nutriamo nei confronti di coloro che ci hanno preceduti ed hanno fatto, con il loro spirito d’impegno e di sacrificio, la storia delle proprie famiglie e del nostro meraviglioso paesello allocato sui monti. Partendo da questa considerazione ci ritroveremo tutti il prossimo due novembre a Cabbia per commemorare i nostri defunti, una particolare ricorrenza molto sentita per il suo grande valore sentimentale ed umano poiché ricordiamo, con affetto e commozione, i nostri cari estinti che hanno lasciato in questa terra la loro opera a testimonianza di una vita vissuta tra problemi e difficoltà, sacrifici e soddisfazioni. Sono persone legate tra loro, com’è normale in un paese di poche anime, da legami di parentela, di amicizia,di conoscenza, di vicinato per cui quando ci rechiamo a far visita ad un nostro caro poi facciamo il giro del cimitero a salutare tutti. Questo è molto bello poiché dimostra l’attaccamento, il rispetto, il ricordo, sentimenti che vanno ben oltre la morte e fanno vivere in eterno le persone. Sono particolari momenti in cui tanti pensieri si accavallano nella mente e nel cuore, navigando nei trascorsi della vita, e ricordano mamme e padri di famiglia, giovani , ragazzi periti nel fiore della gioventù, colpiti da un destino atroce, che hanno gettato nel dolore e nello sconforto questa piccola comunità di montagna – unita e solidale – colpita nei suoi affetti più cari, nelle energie migliori. Non esistono, ne esisteranno mai, parole in grado di mitigare il dolore e spiegare simili tragedie che, purtroppo, si verificano con assurda frequenza e con le quali ci dobbiamo, nostro malgrado, rapportare in quanto eventi facenti parte della vita. Dal punto di vista cristiano la morte è vista come pasqua cioè il passaggio dalla vita terrena a quella eterna sebbene essa rimanga una condizione angosciante che inevitabilmente la società cerca di nascondere in tutti i modi e noi stessi cerchiamo di allontanare. Paradossalmente la morte serve ad illuminare la vita, come il dolore e la malattia ci rendono consapevoli del valore e dell’importanza della salute che diversamente daremmo per scontati. In tale particolare ricorrenza il fiore prediletto è il crisantemo la cui fioritura avviene in tardo periodo autunnale essendo molto resistente al freddo. Nelle diverse culture e tradizioni esso rappresenta, per noi, il dolore, in Cina ed in Giappone lo si dona alle spose, in Inghilterra viene regalato nelle festose circostanze delle nascite. C’era una volta una mamma tanto triste per la scomparsa del figlio avvenuta in guerra, una donna che per via delle sue disagiate condizione economiche non poteva regalare al figlio il proprio fiore nel giorno in cui ogni famiglia commemorava i propri cari e fu così che in un cassetto trovò delle strisce di stoffe bianche e gialle, le cucì l’una sull’altra fino a formare una grande corolla avvolta da uno stelo di ferro rivestito da una tela verde. La donna si addormentò ma al suo risveglio quel fiore di stoffa palpitava gonfio di vita, con cento linguette vellutate di bianco e di giallo. Sulla tomba del soldato scomparso la donna ci pose il fiore più bello: il crisantemo. Questo giorno e questo fiore hanno la loro importanza poiché dimostrano che i veri valori della vita, al di fuori di tante banalità, sono l’amicizia ed il volersi bene il resto, come ci ricorda il grande Totò nella poesia “ A livella”, è solo una condizione diversa che la morte rende uguale. Per tutti. Riportiamole ultime tre strofe della poesia di Antonio De Curtis.
Nando Giammarini
“ A livella”
“Tu qua’ Natale…Pasca e Ppifania!!!
T”o vvuo’ mettere ‘ncapo…’int’a cervella
che staje malato ancora e’ fantasia?…
‘A morte ‘o ssaje ched”e?…è una livella.
‘Nu rre,’nu maggistrato,’nu grand’ommo,
trasenno stu canciello ha fatt’o punto
c’ha perzo tutto,’a vita e pure ‘o nomme:
tu nu t’hè fatto ancora chistu cunto?
Perciò,stamme a ssenti…nun fa”o restivo,
suppuorteme vicino-che te ‘mporta?
Sti ppagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive:
nuje simmo serie…appartenimmo à morte!”
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