La grande magnolia davanti alla sua casa a Palermo, in via via Notarbartolo, simbolo del resistenza senza quartiere alla mafia, è stata devastata nella notte scorsa. Un’azione criminale durante la quale qualuno ha rimosso dall’albero i messaggi e le fotografie dedicati a Giovanni Falcone e all’impegno civile per la lotta alla mafia, diventato, negli anni, il simbolo della rinascita della società palermitana e dell’impegno per la legalità. Stamane, la sorella di Giovanni Falcone, ha sottlineato “che le forze dell’ordine stanno ancora accertando se il gesto compiuto sia solo un volgare atto vandalico o un preciso avvertimento di stampo mafioso”, ma, ha anche agiunto: “indipendentemente da ciò, resta il fatto che questo grave episodio avviene proprio un mese prima del 23 maggio”, mentre la Fondazione Giovanni e Francesca Falcone ed il ministero dell’Istruzione stanno lavorando con gli insegnanti e gli studenti delle scuole di Palermo e di tutta Italia per preparare le iniziative in occasione del diciottesimo anniversario della strage di Capaci. Il presidente del Senato, il palermitano Renato Schifani, dopo aver avuto conferma dal Prefetto di Palermo del furto dei messaggi, ha dichiarato: “Si tratta di un atto vandalico che offende la città, che certamente reagirà in maniera sdegnata e convinta a questa offesa alla memoria del magistrato Giovanni Falcone e di tutte le vittime della mafia. Non saranno certo questi comportamenti incivili a scalfire il prezioso patrimonio di valori di legalità che Falcone ha lasciato a Palermo e all’intero Paese”. “Mi auguro che chi aveva lasciato il suo messaggio e se l’è visto rubare, vada a rimetterne un altro – ha detto Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia –. Chi invece non aveva ancora lasciato la sua testimonianza, corra a farlo per dimostrare che Palermo è una città diversa”. Condanna duramente il furto anche il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo, che dice: “È un atto indegno che offende tutta la memoria collettiva”. Infine, Luigi DE Magistris, ha oggi commentato ci tratta di : ” ungesto infame, che non fara’ compiere un passo indietro a tutti coloro che lottano contro le mafie e che deve spingere politica e societa’ civile a rinnovare lo sforzo per realizzare una societa’ libera da quel puzzo di compromesso morale per cui Falcone, Borsellino e tanti altri hanno combattuto”. Giovanni Falcone fu ucciso nella comunemente detta strage di Capaci il 23 maggio 1992, assieme a Francesca Morvillo e e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Due giorni dopo, mentre a Roma viene eletto Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, a Palermo si svolgono i funerali delle vittime ai quali partecipa l’intera città, assieme a colleghi e familiari e personalità come Giuseppe Ayala e Tano Grasso. I più alti rappresentanti del mondo politico, come Giovanni Spadolini, Claudio Martelli, Vincenzo Scotti, Giovanni Galloni, vengono duramente contestati dalla cittadinanza; e le immagini televisive delle parole e del pianto straziante della vedova Schifani susciteranno particolare emozione nell’opinione pubblica.
Carlo Di Stanislao
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