Tassi altissimi tra il 120 per cento ed il 240 per cento annui, prestiti iniziali che vanno dai 5 mila ai 20 mila euro, per arrivare a cifre complessive che in alcuni casi superano anche i 100 mila euro, ma il ricorso al prestito usurario per molti imprenditori e commercianti si rivela fatale: nel 30 per cento dei casi ha determinato la fine della propria attività. È quanto emerge dai dati raccolti dagli operatori dello Sportello L’Amico Giusto di Sos Impresa e resi noti oggi in occasione del No Usura Day in corso a Roma. Dal 24 aprile 2009, lo sportello è entrato in contatto mediante un numero verde con oltre 10 mila utenti di cui 416 presi in carico e assistiti.
“La cifra media del prestito iniziale nel 40 per cento dei casi non supera i cinquemila euro – spiega Sos Impresa – e un altro 39 per cento arriva a ventimila. Discorso totalmente diverso per il prestito totale dove la punta massima del 27 per cento oscilla su prestiti che vanno dai venti ai cinquantamila euro, con un 7 per cento dei casi che supera, a volte di molto, i centomila euro, situazione tipica di quei prestiti che si protraggono a lungo nel tempo. Nel 26 per cento dei casi, infine, il prestito totale oscilla dai dieci a ventimila euro”. Elevatissimi i tassi di interesse che oscillano tra il 120 per cento ed il 240 per cento annui, (10 per cento-20 per cento mensili), ed anche nel campione esaminato rappresentano la maggioranza dei casi, (rispettivamente 46 per cento e 29 per cento), consistente anche la percentuale di quanti arrivano a pagare fino al 500 per cento annuo (15 per cento) ed anche oltre (10 per cento).
Dai dati emerge come le vittime siano in prevalenza uomini (73 per cento dei casi), così come gli imputati (87 per cento dei casi), e in entrambi i casi, la componente femminile risulta in aumento rispetto ad una analoga ricerca del 2008. L’età delle vittime è, per una larga maggioranza, (83 per cento dei casi), al di sotto dei 50 anni e negli ultimi dieci anni si è notevolmente abbassata l’età della vittima. Per quanto riguarda l’attività lavorativa della vittima, nella maggioranza dei casi (46 per cento) si tratta di piccole imprese operanti nel commercio, seguono altre tipologie di imprese (30 per cento), gli artigiani (10 per cento), liberi professionisti e lavoratori dipendenti (rispettivamente 6 per cento e 7 per cento) ed infine con una percentuale minima disoccupati e pensionati (1 per cento). Nel comparto del commercio i settori più colpiti sono la ristorazione (26 per cento), l’abbigliamento e il calzaturiero (23 per cento), il commercio ambulante (20 per cento) e le rivendite di generi alimen-tari (15 per cento). Nel mondo dell’impresa, invece, i settori più colpiti sono quello edile (35 per cento), le imprese agricole ed ittiche (29 per cento), ed il settore alberghiero-turistico (15 per cento). (ga)
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