Ilva: chiusura costerà 5 miliardi

“Si sta materializzando lo scenario catastrofico di una mancanza di prodotti per la trasformanzione, che da domani dovrà ricorrere alle importazioni. Ci saranno anche ricadute indirette per tutti i clienti dell’Ilva e si rischia la cassa integrazione anche per loro. I lavoratori coinvolti potrebbero essere più di 50.000”. Così Antonio Gozzi, Presidente di Federacciai, in […]

“Si sta materializzando lo scenario catastrofico di una mancanza di prodotti per la trasformanzione, che da domani dovrà ricorrere alle importazioni. Ci saranno anche ricadute indirette per tutti i clienti dell’Ilva e si rischia la cassa integrazione anche per loro. I lavoratori coinvolti potrebbero essere più di 50.000”. Così Antonio Gozzi, Presidente di Federacciai, in un’intervista rilasciata oggi al quotidiano Il Giorno.

Sottolineando “l’incongruenza giuridica del provvedimento” il presidente presegue: “Fin qui l’accusa era di procurato disastro ambientale, con riferimento al passato. Il fatto che sia stata sequestrata la produzione come ‘frutto del reato’ sposta invece i tempi all’oggi. Questo contrasta con le risultanze scientifiche e con l’autorizzazione a produrre ricevuta per gli ultimi sei anni. Il sequestro impedisce che sia realizzato l’investimento previsto dall’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale, che ha forza di legge sovranazionale essendo disposta dall’Unione europea. Arrivo dunque a dire che la magistratura sta commettendo un reato, una violazione della legge”.
Facendo riferimento all’incontro previsto per domani a Palazzo Chigi, al quale Gozzi parteciperà insieme al Presidente di Confindustria Squinzi, l’esponente di Federacciai ha anticipato: “Porremo una questione semplice: l’Aia è uno strumento legislativo europeo, quindi non è compito della magistratura intervenire. Chiederemo perciò un decreto legislativo che metta fine alla confusione che c’è in Italia su questo punto. Io preferirei un decreto interpretativo dall’indubbio significato politico”.
“Oppure – ha concluso -, come avvenne con le discariche di Napoli, un decreto che riconosca l’interesse nazionale a non chiudere Taranto”.

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