“ARRIVEDERCI, MOSTRO!” è il nuovo album di Luciano, il nono composto da brani inediti e il quindicesimo se consideriamo anche colonne sonore, antologie e live.
Preceduto proprio da due antologie, “Primo Tempo” (2007) e “Secondo Tempo” (2008), che hanno idealmente segnato la chiusura di un ciclo, questo disco esce a esattamente vent’anni dal primo (pubblicato nel maggio 1990), con l’importante compito di demarcare un nuovo inizio.Già il titolo racchiude un’importante dichiarazione d’intenti: “salutare”, come racconta l’autore, “i propri mostri e fantasmi, le proprie ossessioni”. La difficoltà (l’impossibilità?) dell’impresa, per Luciano come per ognuno di noi, è segnalata dal fatto che non si tratta di un addio: eppure “ARRIVEDERCI, MOSTRO!“, anche se non è un saluto definitivo, trasmette immediatamente una forte sensazione di liberazione e di sollievo, così come l’aspetto del “mostro”, rappresentato in copertina come un fumetto.
Alcuni di questi mostri sono affrontati nell’album stesso, quasi come una forma di esorcismo. E così lo slancio vitale del titolo racconta il tentativo di Luciano, nella piena consapevolezza di tempi non facili come questi, di trasmettere comunque coraggio e speranza e di spingere all’autodeterminazione.
Per la prima volta nella sua discografia Luciano non appare come produttore (e nemmeno come co-produttore) dell’album. Il ruolo è stato affidato interamente a Corrado Rustici, già coinvolto per le felici produzioni de “Gli ostacoli del cuore“, “Niente paura“, “Buonanotte all’Italia” e “Il centro del mondo“; lo stesso Rustici ha inoltre inciso diverse parti di chitarra presenti in “ARRIVEDERCI, MOSTRO!”.
Ad occuparsi del ruolo di ingegnere del suono è stato scelto Chris Manning.
Gli altri musicisti coinvolti sono gli stessi che hanno accompagnato Luciano in tour in questi ultimi anni: Michael Urbano alla batteria, Kaveh Rastegar al basso, Fede Poggipollini alle chitarre, Niccolò Bossini alle chitarre e Luciano Luisi alle tastiere.
A questi si aggiungono alcuni ospiti presenti in un paio di pezzi: il Solis Strings Quartet in “Quando mi vieni a prendere“, José Fiorilli alle tastiere e Lenny, il figlio undicenne di Luciano, alla batteria in “Taca banda“.
Il risultato finale di questa produzione, lo anticipiamo, è una qualità sonora e musicale assolutamente speciale, che esalta in alcuni brani il rock chitarristico –qui fortemente attualizzato nelle sonorità- che ha sempre contraddistinto Ligabue, mentre di altri sottolinea il fortissimo impatto emotivo in “totale sospensione” ritmica.
Le parti di batteria, solide e potenti, hanno un gusto “live” che rompe la fredda quantizzazione delle griglie imposte dal computer nelle registrazioni in studio di questi anni e su di esse poggiano efficacissime linee di basso.
Chitarre e tastiere esibiscono un’incredibile varietà di suoni, dai più rabbiosi ai più liquidi.
Tutto insomma concorre a quella sensazione di forte cambiamento rispetto al suono del Ligabue che conosciamo, ma, allo stesso tempo, si ha la certezza al 100% di trovarsi davanti Ligabue, che, qui, oltretutto, è innegabilmente al suo 100%: con la maturità che i suoi 50 anni richiedono, e la voglia di giocare ancora intatta.
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