“Conosco la metà di voi soltanto a metà; e nutro, per meno della metà di voi, metà dell’affetto che meritate”(Bilbo Baggins,“Il Signore degli Anelli”, J.R.R. Tolkien).
È la fine. I Maya e i profeti truffaldini di fine e di inizio anno, non c’entrano affatto. Duole riconoscere che stavolta è giunta per davvero la fine. L’inaspettata e tragicomica fine della XVI Legislatura e della vecchia politica politicante dei “cambiamenti” lenti. Sempre che avvengano. Perché, come accade nella Contea della Terra di Mezzo, i cambiamenti veri in Italia sono molto più improbabili delle creature più improbabili di sempre, i famosi Hobbit. Come, del resto, improbabili sono i veri Politici italiani onesti che amano i propri concittadini dal profondo del cuore e della coscienza, privilegiando il bene comune all’interesse personale. È la fine della Repubblica 1.2 e neppure 2.0, quella per intendersi da molti agognata e da tanti data erroneamente per scontata e certa sulla base di una pessima interpretazione della legge elettorale, il Porcellum. Cioè di una certa prassi costituzionale, palaziale e politico-elettorale che, incarnata da alcuni personaggi telegenici ingannatori (servi dell’Oscuro Signore) del popolo dai salotti televisivi (Palantir, le perdute pietre veggenti) di maniera, per anni ha malignamente fatto credere ai cittadini elettori italiani aventi diritto di possedere l’Anello del Potere, la “facoltà” di scegliere e controllare “direttamente” la designazione del loro migliore Primo Ministro di sempre. Per il bene comune, per la libertà, per la pace, per lo sviluppo, la crescita e il lavoro. Sì, come se gli Italiani fossero cittadini del democratico e libero Stato di Israele! È la fine, per fallimento (default) economico-finanziario, culturale, morale, etico e demografico, delle mielose politiche “riformiste” da tutti (nessuno escluso, tra i parlamentari eletti nel 2008) caldeggiate e promesse agli Italiani. È la fine delle imprese stratosferiche e interstellari capaci di creare vero Pil a due cifre, delle centrali nucleari sicure intrinsecamente, della meritocrazia, del ponte sullo Stretto di Messina, dello sviluppo economico ben superiore al debito pubblico, sociale e culturale, dei milioni di posti di lavoro a tempo indeterminato (se ne contano, in verità, solo pochi e per i soliti raccomandati). È la fine del consenso libero. Perché il loro fallimento è totale. I mercati lo sanno e non ce lo perdoneranno tanto facilmente perché in Europa il nostro debito pubblico ammonta a duemila miliardi di euro. Spread o non spread. Il Popolo sovrano, come i mercati che essi rappresentano, ha capito che tutti i politici italiani, chi più chi meno, rubano soldi allo Stato, tra falsi in bilancio legalizzati e carceri che scoppiano di prigionieri, anche innocenti, in attesa di giudizio e sentenza. Il Popolo sovrano ha capito che lorsignori politicanti, alla vigilia del bucato pre-elettorale truffaldino fintamente rigeneratore ma necessario per apparire “candidi”, virginei e immacolati al nostro cospetto, non vogliono il Professore Mario Monti quale Premier politico del nuovo Governo nella nuova Maggioranza nel nuovo Parlamento nella nuova XVII Legislatura, perché hanno paura dell’intelligenza. La morale l’hanno capita pure i mercati e gli investitori esteri che fuggono dall’Italia: i cittadini elettori aventi diritto al voto politico non sono liberi di scegliere il loro Premier migliore! Eppure, l’Alba di un nuovo inizio si avvicina. Grazie alla fondazione del primo Partito Conservatore d’Italia del XXI Secolo e della nuova Maggioranza politica che voterà la fiducia al nuovo Governo Monti. Stavolta politico e non più soltanto tecnico. Passa la scena di questo mondo politicante salottiero italiano sclerotizzato nella cosiddetta “Seconda Repubblica” priva di autentici partiti e politici di governo. Priva di un vero Partito Conservatore e di un vero Partito Democratico, in grado di competere liberamente alla luce del sole. Si vive, infatti, ancora immersi, dopo l’ennesima fallita riforma della legge elettorale, nello spettro del Porcellum: un universo asfittico di liste, movimenti, regolamenti e partitini (per transfughi, traditori, profittatori e nuclearizzati di turno) completamente inadeguato e del tutto obsoleto nell’attuale contesto istituzionale, politico ed economico globalizzato europeo e mondiale. Negli Stati Uniti d’Europa non c’è posto per la vecchia politica dei politicanti. Non c’è posto per gli scandali e la corruzione di questa Italia decadente, priva di nuove nascite e di bambini rispetto a mezzo secolo fa. Non c’è posto per i politici ladri che offendono decine di milioni di Italiani moderati e perbene, e migliaia di Imprese e Partite Iva oneste. Le tasse, le bollette e gli alti costi energetici stanno soffocando il Belpaese. In dieci anni l’aumento esponenziale della pressione fiscale sulle famiglie, sulle persone e sulle imprese, cui non è seguita affatto un’evoluzione nei servizi offerti dallo Stato con la massima integrità ed efficienza, ha reso la vita praticamente insostenibile. I pensionati sono alla fame. Le centinaia di suicidi in Italia, vittime della crisi economica, sono un Monumento alla memoria (e un supremo Monito: altro che sciopero della fame e letterine di pre-suffragio!) di padri di famiglia disperati: cittadini “martiri” del lavoro mancato, perduto e sognato! Eppure, come insegna il professor J.R.R. Tolkien, anche nell’ora delle tenebre la luce, seppur fioca ma vitale, magari affidata alla più umile e improbabile delle creature (gli Hobbit), può riaccendere la speranza in un mondo decisamente migliore. Due intere generazioni di giovani italiani (mancati imprenditori ed insegnanti) sono state immolate sull’altare della più becera compromissoria politica partitocratica gerontocratica alimentata dalle mafie territoriali, dal qualunquismo politico-istituzionale foraggiato da media “venduti” e dall’illusione che la politica potesse creare la ricchezza, il Pil, per tutti. Magari per sé, per gli eletti, ma non per i cittadini elettori traditi. Una sola via, quella degli Stati Uniti d’Europa, può salvare l’Italia, uniformando l’assetto istituzionale, politico, fiscale, economico, energetico, culturale, infrastrutturale e sociale. Come ricorda, alla vigilia dello scioglimento delle Camere che pone fine alla più “incredibile e inutile” XVI Legislatura, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nella tradizionale cerimonia per lo scambio degli auguri di Natale e Capodanno con le Alte cariche. Il Capo dello Stato ha affrontato il consuntivo dell’anno trascorso ed anche del suo settennato. “E se è solo con lieve anticipazione rispetto alla scadenza naturale che stanno per essere sciolte le Camere, brusca è stata di certo l’accelerazione impressa dall’annuncio, l’8 Dicembre scorso, delle dimissioni del Presidente del Consiglio Monti. Questi ha ritenuto di non poter continuare nella sua azione di governo, dopo che il PdL – il maggiore dei tre partiti sul cui consenso e sostegno in Parlamento essa si fondava – aveva deciso di astenersi dalle previste votazioni di fiducia considerando conclusa l’esperienza del governo nato nel Novembre del 2011. Quando, fin dall’inizio di questo autunno, avevo colto i segni del crescere di difficoltà e tensioni nei rapporti tra le forze di maggioranza e tra queste e il governo – prosegue il Capo dello Stato – mi ero premurato di rivolgere pubblicamente l’invito a ‘una costruttiva conclusione della legislatura ancora in corso, così da portare avanti la concreta attuazione degli indirizzi e dei provvedimenti definiti dal governo e sottoposti al Parlamento’. Ero ben consapevole della pressione che su formazioni politiche tra loro diverse e concorrenti esercitava l’avvicinarsi delle elezioni per il nuovo Parlamento, e che esercitava anche l’acuirsi di un diffuso disagio economico e sociale. E tuttavia ritenevo necessario adoperarmi perché il responsabile impegno di quanti avevano garantito al governo Monti la maggioranza in Parlamento, potesse continuare fino al completamento di un ciclo di attività il cui limite era comunque segnato dall’esaurirsi della XVI legislatura entro l’Aprile 2013. Il mio invito e il mio sforzo erano motivati dalla convinzione, che mi ha guidato nell’esercizio del mio mandato di Presidente, del grande, decisivo valore per il nostro Paese della continuità e stabilità istituzionale. Un valore spesso trascurato nel corso della nostra storia repubblicana, (e per quanti, me compreso, ne siano stati partecipi, potrei dire: scagli la prima pietra chi non l’ha trascurato). Fui mosso da quella convinzione quando nell’autunno del 2011, dinanzi al venir meno della coesione effettiva della maggioranza e della compagine di governo guidate dall’on. Berlusconi, mi studiai di evitare l’aprirsi in modo traumatico di un vuoto istituzionale e il precipitare verso elezioni anticipate in una fase critica e pericolosa per la posizione, non solo finanziaria, dell’Italia”. La conclusione “non piena” del governo presieduto dal senatore Monti, “questa interruzione in extremis dell’esperienza iniziata 13 mesi orsono – rileva il Presidente Napolitano – non può tuttavia oscurarne la fecondità, al di là del rammarico e della preoccupazione che il suo brusco esito finale ha suscitato anche in chi vi parla in quanto Capo dello Stato. I giudizi sui risultati ottenuti in un campo o nell’altro possono legittimamente divergere, e può darsi che si facciano ancor più divergenti, magari nell’imputazione delle rispettive colpe, tra le forze politiche nel fuoco della battaglia elettorale. È eccessivo mettere in guardia, come in questo momento faccio, perché in quel fuoco polemico non si bruci il recupero di fiducia nell’Italia che si è manifestato negli ultimi tempi in Europa, nella comunità internazionale e negli stessi, pur poco trasparenti, mercati finanziari? Attenzione, in giuoco è il Paese, è il nostro comune futuro, e non solo un fascio di voti per questo o quel partito. D’altra parte, nessuno dei soggetti politici che hanno fino a ieri fatto vivere e operare questo governo, dovrebbe avere interesse ad annullare il contributo dato anche a prezzo di limiti, sacrifici e rischi responsabilmente accettati. Ricordiamolo, e vorrei che a ciò prestasse ascolto anche il mondo dell’informazione: partiti e Parlamento, bersagli abituali di critiche fondate ma anche di attacchi distruttivi basati su molte approssimazioni e omissioni, hanno dato prova di un assai elevato senso di responsabilità per aspetti essenziali”. Per il Capo dello Stato, “il bilancio della legislatura che sta per chiudersi andrà fatto con grande attenzione: ben valutando tutte le innovazioni introdotte nel nostro ordinamento per effetto e nel quadro di intese intervenute in sede europea. Un attento consuntivo dell’attività della XVI legislatura dovrà considerare anche altri risultati legislativi non riguardanti la sfera economico-finanziaria, e poco valorizzati se non ignorati. Ma ben più complesso e critico – rileva il Presidente Napolitano – è il discorso da fare oggi rispetto all’evoluzione del sistema politico. In questi giorni, sulle colonne di un quotidiano, si sono amichevolmente richiamate le aspettative che un anno fa – in occasione di questo stesso tipo di tradizionale incontro – avevo enunciato. L’aspettativa, soprattutto, che – avviandosi e consolidandosi un clima più disteso nei rapporti politici – si producesse un sussulto di operosità riformatrice ed anche un moto di rinnovamento dei partiti, del loro modo di essere, del loro rapporto con i cittadini e con la società. Si trattava – debbo dire oggi – di aspettative troppo fiduciose o avanzate, rispetto alle quali si è fatto sentire tutto il peso di resistenze ed ostacoli profondamente radicati, di antichi ritardi, di lenti e stentati processi di maturazione. Lo dico con amarezza e preoccupazione, perché vengono da ciò alimentati il corso limaccioso dell’antipolitica e il qualunquismo istituzionale. Per le più che mature riforme della seconda parte della Costituzione, quella ora giunta al termine è stata purtroppo un’altra legislatura perduta: anche modeste modifiche mirate, frutto di un’intesa minima, sono naufragate. Il tema dei costi ovvero del finanziamento della politica, e quello connesso dei trattamenti riservati ai parlamentari, hanno formato oggetto di decisioni discutibili ma non trascurabili e da non svalutare, la cui eco è stata però soverchiata dal clamoroso esplodere di indegni abusi di danaro pubblico commessi da numerosi eletti nei Consigli Regionali”. Per il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, “è in effetti rimasta ancora in larga misura da percorrere – e non solo sotto il profilo della moralità – la strada di una riqualificazione dei partiti politici, secondo regole coerenti col dettato costituzionale. Non sono mancati, è vero, stimoli ed aperture a una maggiore partecipazione politica dei cittadini. Ma il fatto imperdonabilmente grave è stato il fallire la prova della riforma della legge elettorale del 2005, su cui pure la Corte Costituzionale aveva sollevato seri dubbi di legittimità. Forte, motivato, tenace è stato il richiamo da parte di tante voci della società civile e del mondo del diritto, e – quante volte ! – da parte del Presidente della Repubblica: ma più forte è stato il sopravvivere delle peggiori logiche conflittuali tra le forze politiche. Diffidenza reciproca, ambiguità di posizioni continuamente mutevoli, tatticismo esasperato: nessuno potrà fare a meno di darne conto ai cittadini-elettori, e la politica nel suo insieme rischia di pagare un prezzo pesante per questa sordità. Si andrà così al confronto elettorale, mentre il governo dimissionario provvederà, nell’ambito dei suoi poteri, ad attuazioni dovute di leggi già in vigore. Ma non si pensi di poter nascondere agli elettori tutto quel che è rimasto irrisolto di decisivi nodi politico-istituzionali venuti al pettine più che mai nel corso dell’ultimo anno. Essi si sono presentati in un tale intreccio e groviglio che anche interventi generosamente tentati con il concorso di un governo a termine e dominato da assorbenti emergenze come quello presieduto da Mario Monti, hanno sortito effetti solo iniziali o sono stati neutralizzati nella stretta finale della legislatura”. Il Presidente Napolitano evidenzia degli esempi. “Si è aperto con determinazione e accortezza – ma è stato solo un inizio – il capitolo di norme più efficaci contro la corruzione, fonte di ormai insopportabile discredito e danno per il nostro Paese. Si è portato avanti un faticoso esercizio di revisione del pletorico retaggio storico delle Province, ma non ce la si è fatta a giungere al traguardo. E dunque, in materia di giustizia, non soltanto importanti istanze di cambiamento e di riforma sono rimaste solo iscritte all’ordine del giorno, ma ci si è trovati dinanzi a opposizioni e ripensamenti tali da mettere in forse la legge già approvata alla Camera per l’introduzione di pene alternative alla detenzione in carcere. Con quale senso di responsabilità, di umanità e di civiltà costituzionale ci si può sottrarre a un serio, minimo sforzo per alleggerire la vergognosa realtà carceraria che marchia l’Italia?”. La speranza in un Nuovo Anno 2013 sicuramente migliore per tutti gli Italiani, è stata fortemente auspicata dal Presidente della Repubblica Italiana. “Comunque – sottolinea il Capo dello Stato – quel che attende governo e Parlamento, Regioni e Comuni, quel che attende gli italiani, è un’opera di lunga lena. E quello dei prossimi 5 anni è un tempo congruo per intraprendere cambiamenti e riforme di cui ha bisogno innegabile il nostro Paese per posizionarsi con successo nell’Europa e nel mondo di domani. Guai se di tutto ciò che questo significa non maturasse una consapevolezza più diffusa di quanto non sia accaduto finora”. Grazie anche ai buoni media. Per il Presidente Napolitano “stiamo passando un guado molto faticoso, per portare l’Italia fuori dal pantano di un soffocante indebitamento pubblico, per giungere a porre lo sviluppo del Paese su fondamenta più solide e, in tutti i sensi, più equilibrate, per guadagnare in dinamismo e coesione. La fatica cui sono sottoposte, per la durezza degli obbiettivi di bilancio da realizzare nel 2013-2014, le nostre strutture pubbliche e le fasce più deboli della popolazione, non sempre si calcola nello scrivere i numeri quando si preparano le leggi da votare”. Il pensiero va alle Imprese sane del Belpaese che creano la nostra ricchezza effettiva. La sola che la buona Politica può distribuire. “Ma la dobbiamo sentire come nostra, ed è una condivisione che è importante si esprima da parte di tutti noi che abbiamo la responsabilità di guidare le istituzioni. Parlo della fatica di chi amministra a più diretto contatto con i cittadini e i loro bisogni; della fatica di chi si sforza di salvaguardare l’impresa che ha costruito e che vede vacillare; della fatica sociale, che percorre l’ampio universo di quanti reggono la famiglia con redditi insufficienti, e in misura crescente scivolano nella povertà; di quanti si dibattono nell’insicurezza del lavoro se non l’hanno già perduto; di quanti, soprattutto giovani, sono bloccati in uno stato di disoccupazione senza vedere come uscirne”. I responsabili politici di tutte queste inefficienze e mediocrità che stanno affossando gli Italiani, senza scomodare fantomatici, pletorici, quanto mai pericolosi Mister V (e graziose fanciulle come il premio Oscar la gerosolimitana Natalie Portman), dovranno risponderne al Popolo sovrano (Art. 1 Costituzione) nell’urna elettorale dell’Anno Domini 2013. “Paghiamo – e anche tanti incolpevoli pagano – le conseguenze di orientamenti e comportamenti miopi o irresponsabili, trascinatisi nel passato troppo a lungo. Ma se vogliamo venirne a capo – e possiamo e dobbiamo farlo – s’impongono una stagione di rigore e insieme un nuovo slancio di laboriosità e unità. La recessione si prolunga e pesa. La realtà attuale e le tendenze all’ulteriore aumento della disoccupazione ci allarmano. Ci allarma la condizione così vulnerabile del Mezzogiorno”. Ma anche della Mezzanotte, cioè del Nord produttivo soffocato dalle tasse. “Categorica è dunque la necessità di cogliere tutti gli spiragli compatibili col riequilibrio finanziario per rilanciare crescita e occupazione. In Italia e in Europa: perché è solo nel quadro dell’area Euro e dell’Unione che può realizzarsi una ripresa della domanda, degli investimenti, delle occasioni di lavoro per i giovani, attraverso il massimo inserimento nel moto di sviluppo dell’economia mondiale”. Grazie anche alla liberalizzazione dell’impresa spaziale privata, in grado di creare per davvero in Italia e nel mondo centinaia di milioni di veri posti di lavoro. “Intanto, per quel che riguarda specificamente l’Italia, saranno da verificare le ricadute positive sull’economia che ci attendiamo dai provvedimenti di riforma, di semplificazione e di stimolo adottati dal governo e dal Parlamento, fino al decreto sviluppo appena varato in via definitiva”. Il Capo dello Stato rivela che “benefici rilevanti è lecito aspettarsi da un impegno comune di tutte le forze rappresentative – e in quel ‘tutte’ vorrei si cogliesse un mio forte appello al superamento di dannose divisioni e negatività – del mondo delle imprese e del mondo del lavoro per quell’elevamento della produttività e della competitività di cui il nostro sistema industriale ed economico ha acuto bisogno. In quanto all’Europa, il tema del rilancio della crescita e dell’occupazione è balzato in primo piano a Bruxelles nel Consiglio dello scorso Giugno 2012, attraverso un dibattito più aperto e ricco di cui il governo italiano e per esso il Presidente Monti è stato tra i promotori e i protagonisti. Si è quindi lavorato, fino al Consiglio Europeo della scorsa settimana, alla definizione di un percorso di più avanzata integrazione, sul piano finanziario, delle politiche di bilancio e delle politiche economiche, in un quadro di rafforzamento della legittimità e controllabilità democratica”. I popoli europei sono e devono essere la colonna portante dell’Unione economica e politica dell’Europa delle nazioni. “A vent’anni dal Trattato di Maastricht, si è dunque messo mano al completamento dell’edificio della moneta unica e dell’allora annunciata, ma solo delineata, Unione Economica e Monetaria. È questo il quadro nel quale va visto il più netto e forte impegno a promuovere crescita e occupazione che viene sollecitato da parte dell’Italia come di altri Stati membri. Tale impegno non può in alcun modo prescindere dal proseguimento di politiche di correzione dei conti pubblici, dolorose ma il cui riflesso negativo sulla domanda interna può essere mitigato come ha suggerito il Governatore Visco, e il cui apporto a un rilancio dello sviluppo è comunque essenziale”. La Politica ha il dovere di dichiarare la verità ai cittadini. Non le chiacchiere. “Tenendo conto di tutto ciò – sottolinea il Presidente Napolitano – anche nel confronto elettorale che sta per aprirsi in Italia, su ciascuna forza politica incomberà il dovere della proposta e quindi l’onere di provarne la sostenibilità. E la sede della verifica alla quale chi governerà non potrà sottrarsi è quella dell’ormai codificato ‘semestre europeo’, in linea con un nuovo quadro di regole per il rafforzamento sia della sorveglianza delle situazioni di bilancio, sia della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche. Perciò non mi pare eccessivo dire che se su molti temi importanti resta intatta la libertà di distinzione e competizione tra diversi programmi politici e di governo, per la posizione dell’Italia in Europa il cammino è segnato, lo stesso sentiero di una dialettica di posizioni tra Stati e governi dell’Unione è ben definito. In un’Europa, dico, che avanza – se pur tra difficoltà e battute d’arresto o lentezze – verso una piena integrazione economica e politica: e questa è l’Europa in cui come Italiani non possiamo, nel solco della nostra storia, non riconoscerci per avervi svolto e per svolgervi un ruolo assertivo e conseguente. Questa è la consapevolezza che prevarrà nell’Italia del dopo-elezioni 2013: mi sento di dirlo serenamente ai nostri partner europei. E ciò non implica alcuna valutazione sul profilo o sulle tendenze delle diverse forze politiche: rimarrò lontano da ogni giudizio anche quando tutti gli attori della competizione elettorale si saranno presentati sulla scena con i loro programmi. La mia è un’espressione di fiducia nella prospettiva di un confronto guidato dalla ragione, dalla misura, dal senso della realtà e dell’interesse generale del paese”. Il Presidente Napolitano insiste “sul punto del rapporto tra linguaggio della verità e messaggio di speranza. Il primo è doveroso come elemento di moralità e credibilità della politica; il secondo non è sacrificato, ma reso più autentico, dal riconoscimento delle difficoltà e delle prove penose da superare”. Il Capo dello Stato ha quindi richiamato il punto da cui era partito. “Continuità e stabilità istituzionale, pur nell’imprevedibile mutare degli equilibri politici. E aggiungo, fiducia nelle istituzioni, rispetto delle istituzioni”. Per poi raccomandare “attenzione e cura per tutte le articolazioni dello Stato democratico: esse vanno rinnovate, ma salvaguardate da particolarismi e spinte centrifughe, come da aperte o subdole contestazioni eversive”. Il Presidente Napolitano parla “delle istituzioni rappresentative che costituiscono il telaio dell’ordinamento democratico della Repubblica tracciato nella Costituzione. Un ordinamento, un’architettura da rivedere, nello spirito dell’autonomismo segnato nell’Articolo 5 della Carta e non certo con intenti di ritorno al vecchio centralismo, ma in coerenza con nuove esigenze di trasparenza, coordinamento e coesione al livello nazionale ed europeo. E consentitemi di ricordare come al vertice delle istituzioni di garanzia si collochi quella Corte Costituzionale, la cui composizione fu voluta nella molteplicità e diversità delle sue fonti di nomina proprio a suggello della sua irriducibile indipendenza da ogni parte politica. Vedendola nuovamente oggetto di attacchi da opposte sponde, vi chiedo di unirvi a me, ancora una volta, nell’esigere assoluto rispetto per l’istituzione, per la sua storia, per i giudici che sono devoti al suo altissimo, insostituibile ruolo. E ve lo chiedo ricordando che tutti i Presidenti della Repubblica sono stati sempre i primi a sottoporsi con rispetto alle pronunce della Corte, ben sapendo che ogni censura di illegittimità costituisce un richiamo anche ad essi che quelle leggi hanno promulgato”. Il Capo dello Stato tocca il tema della figura del Presidente della Repubblica “come parte del discorso sulla continuità delle istituzioni. Ma lo faccio solo per dirvi che mi sono in questi 7 anni sempre interrogato, senza troppo facili certezze, su ogni scelta impegnativa, prima di compierla e dopo averla compiuta. E ho necessariamente cercato risposte tanto negli esempi offerti dai miei predecessori, quanto nella dottrina e nella giurisprudenza costituzionale. Così anche per quel che riguarda il ruolo del Presidente nel conferimento dell’incarico ai fini della formazione del governo”. Gli Italiani, infatti, con l’obsoleta legge elettorale del 2005 (Porcellum: liste bloccate di parlamentari non scelti direttamente dai cittadini elettori ma nominati dalle segreterie politiche) che i partiti non hanno voluto modificare, non eleggono direttamente il capo dell’esecutivo. Semplicemente gli elettori votano su due schede elettorali (una per la Camera e l’altra per il Senato della Repubblica) una coalizione di partiti, movimenti e liste in appoggio al candidato premier che necessariamente deve essere “indicato”. Ma le maggioranze politiche di governo nascono e muoiono in Parlamento dove si vota la fiducia e la sfiducia. “Tale tema torna d’attualità, diversamente da come sarebbe accaduto se – ed è quel che ho fortemente auspicato e, finché possibile, sollecitato – la legislatura si fosse conclusa alla normale scadenza dei 5 anni e le elezioni di fossero svolte nell’Aprile del 2013. In tal caso, ad esse, e all’insediamento delle nuove Camere, sarebbe succeduta senza soluzione di continuità la convocazione del Parlamento in seduta comune per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, e a questi sarebbe toccato avviare il procedimento per la formazione del nuovo governo. Così non è stato, me malgrado, e mi trovo a dover chiarire che su me ricadrà un compito nettamente diverso da quello che mi toccò assolvere nel Novembre del 2011. La scelta che ritenni di poter compiere – la sola che avesse un senso e apparisse praticabile – fu quella del conferimento dell’incarico al neo senatore Monti: e da ciò scaturì la formazione di un governo, la cui natura ha dato luogo a discussioni”. Dunque, il nuovo Presidente della Repubblica sarà scelto e votato dalle nuove Camere in seduta comune nella XVII Legislatura, con un nuovo governo già in carica nella pienezza dei poteri. A tal proposito il Presidente Napolitano ricorda il commento del 1985 del professor Livio Paladin, “interprete e garante (come giudice e Presidente della Consulta) tra i maggiori della nostra Costituzione” quando si parla di “cosiddetti Governi del Presidente” o Governi tecnici, “necessari qualora le forze politiche rinuncino ai loro compiti propositivi o quando si renda altrimenti indispensabile che lo stesso Presidente funga da fattore di coagulazione”. Ebbene, “non c’è chi non veda come si stia ora per tornare a una naturale riassunzione da parte delle forze politiche del proprio ruolo, sulla base del consenso che gli elettori accorderanno a ciascuna di esse. E sarà quella la base su cui poggeranno anche le valutazioni del Capo dello Stato”. Del professor Paladin, il Presidente Napolitano raccoglie “anche la motivata opinione che ‘la non rielezione’, al termine del settennato, è l’alternativa che meglio si conforma al modello costituzionale di Presidente della Repubblica”. È con questa convinzione “che vi esprimo profonda riconoscenza per il prezioso sostegno su cui ho potuto contare a beneficio di quella continuità istituzionale, che rappresenta – al di là delle alterne vicende della politica e dei governi – un bene irrinunciabile, un pilastro vitale della Repubblica. Nel 2012 – sottolinea il Presidente della Repubblica – l’Unione Europea ha conseguito importanti risultati nel riportare sotto controllo la situazione economico-finanziaria. La crisi non è ancora dietro le nostre spalle, ma abbiamo superato la sua fase più acuta e individuato la strada per uscirne. Un anno fa, non era scontato che ci saremmo riusciti. Oggi, come ha di recente rilevato il Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi, possiamo registrare ‘una relativa stabilizzazione delle condizioni di mercato, e più in generale una accresciuta fiducia nella stabilità dell’area dell’Euro. I timori che l’Euro potesse risultare reversibile sono stati fronteggiati’. Ma questi risultati poggiano, per confermarsi come durevoli, sulla ‘determinazione dei governi nel perseguire, in primo luogo, il comune impegno a riformare la governance dell’area Euro’ sulla base dei quattro pilastri indicati dalle istituzioni dell’Unione, e nel garantire, in secondo luogo, ‘l’impegno di ogni singolo governo a ristabilire nel proprio paese condizioni di competitività che alimentino crescita equilibrata e occupazione’. È quel che l’Europa e l’Italia debbono fare. Non se ne discosterà l’Italia, non potranno discostarsene il Parlamento e il governo che scaturiranno dalla ormai imminente, normale prova democratica delle elezioni generali. Non ci si lasci allarmare – rileva il Presidente Napolitano – dalle tensioni che hanno investito nei giorni scorsi il governo Monti provocandone le dimissioni. Questo difficile passaggio sarà superato: banco di prova del senso di responsabilità e della vocazione europea di ogni forza politica sarà il non mettere a rischio i progressi conseguiti dall’Italia attraverso sforzi intensi e sacrifici dolorosi. Dal confronto elettorale uscirà quel rinnovato impegno che il Presidente Draghi evocava; continueremo a perseguirlo a casa nostra e nel concerto europeo”. Durante questi quasi sette anni, il mondo non è mai stato molto lontano dal Colle. Il Presidente della Repubblica ha ricevuto 86 Capi di Stato, di cui 43 in visita di Stato, e ha concesso 136 udienze a personalità straniere. “E, quando il mondo non veniva al Colle, dal Colle il Presidente si è mosso verso il vasto mondo: nel corso del settennato, fino ad oggi 26 incontri internazionali in Italia, fuori da questo Palazzo, e 74 miei viaggi all’estero (tra i quali 19 visite di Stato), che hanno toccato 39 Paesi e 7 Organizzazioni internazionali. Sono stato testimone della dedizione, della professionalità, della preparazione e, non ultima, della disponibilità al sacrificio personale e ai rischi, anche i più seri, che caratterizzano l’impegno del Corpo Diplomatico in tutti i Continenti. E che siano rischi reali ce lo ha ricordato tragicamente il sacrificio di Chris Stevens, Ambasciatore americano a Tripoli, caduto lo scorso 11 Settembre 2012, vittima di un terrorismo senza bandiere e senza pietà”. Il Presidente Napolitano richiama il significato del premio Nobel per la pace conferito all’Unione Europea. “Da italiano e da europeo, non posso che esserne orgoglioso. È anche un incitamento all’Unione a fare di più, a continuare in un cammino inclusivo, al di là dei suoi confini attuali, estendendo la propria funzione nel segno della pace, della stabilità, della democrazia e del diritto”. Perché l’Italia è la patria del Diritto da oltre 2700 anni. Il Capo dello Stato rileva che “la sempre più diffusa coscienza mondiale dei diritti umani rappresenta una grande conquista degli ultimi decenni: la dignità della persona; le libertà individuali di religione, di pensiero, di espressione; il rispetto e la tutela delle minoranze; l’affermazione della donna; la protezione dell’infanzia; il progresso sociale nelle forme e con i caratteri proprî delle diverse culture; il rigetto fermo e risoluto di ogni forma di terrorismo e di violenza contro civili, quali che ne siano i pretesti ideologici. Tuttavia, tali principi sono troppo spesso ancora ignorati e calpestati. Gravi sopraffazioni ai danni delle popolazioni affliggono anche realtà non lontane da noi. Oggi il nostro pensiero corre alle sofferenze della popolazione siriana, che dopo più di un anno di brutali repressioni e di durissimi scontri non è ancora libera dall’oppressione e dalla paura. In Siria, e nei paesi confinanti, la priorità più immediata e scottante è certamente l’assistenza umanitaria alle vittime civili del conflitto e ai rifugiati, soprattutto alle fasce più deboli quali i bambini, le cui condizioni tendono ad aggravarsi con l’arrivo dell’inverno. L’Italia, già impegnata con aiuti sul terreno, non farà mancare il proprio concreto contributo allo sforzo umanitario internazionale”. Il Presidente Napolitano anche richiama l’attenzione sui cambiamenti climatici in atto. “Questi eventi rappresentano un campanello d’allarme internazionale che ci deve far affrontare seriamente l’esigenza di ridurre in modo incisivo le cause dovute a comportamenti umani dei mutamenti climatici, e specificamente del riscaldamento globale. Purtroppo, la recentissima Conferenza di Doha non ha registrato progressi apprezzabili in questo senso”. A proposito delle priorità e delle costanti fondamentali della politica estera italiana, il Capo dello Stato conosce molto bene “il nostro impegno multilaterale; la nostra riaffermata volontà di cooperazione allo sviluppo; il nostro contributo alla pace e alla sicurezza internazionale che si traduce, sul campo, nella rilevante partecipazione italiana alle missioni militari di pace e di stabilizzazione, per le quali paghiamo un alto prezzo in sacrifici e in vite umane. Potete esser certi che, nel naturale succedersi dei Parlamenti e dei Governi, gli assi portanti delle nostre relazioni internazionali non cambiano, come non cambia il rispetto degli impegni presi. Lo dimostrano tre generazioni di storia repubblicana”. Il Presidente Napolitano si è soffermato sulla situazione nei paesi della Primavera Araba dove “si è passati dal manifestarsi di impetuose istanze popolari di libertà e progresso sociale al faticoso ma indispensabile assestamento e consolidamento delle Istituzioni e della riscoperta democrazia. Naturalmente è necessario che i processi di costituzionalizzazione e stabilizzazione non vadano a scapito di irrinunciabili esigenze di rispetto dei diritti umani, di uguaglianza di genere, e di pluralismo politico, culturale e religioso. Le nascenti democrazie del Mediterraneo stanno dimostrando una vitalità e una volontà di partecipazione popolare che legittimano la fiducia dell’Italia, dell’Europa e di tutta la Comunità internazionale, il cui sostegno sarà indispensabile alla costruzione democratica e allo sviluppo economico dei Paesi delle diverse Primavere”. Quanto alla ripresa del processo di pace Israelo-Palestinese, il Capo dello Stato afferma che “resta il traguardo finora vanificato da un’insufficiente volontà politica delle parti interessate e dal fallimento di innumerevoli sforzi diplomatici. Sono passati quasi vent’anni dalla promessa di Oslo. Rivolgo oggi un caloroso invito agli amici israeliani e palestinesi a tornare, insieme, a questo semplice ma cruciale punto di partenza. Il 29 novembre l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato l’innalzamento dello status della delegazione palestinese a ‘Stato osservatore non membro’. Il voto dell’Italia ha costituito – dopo che essa si era adoperata per aperture al dialogo che prevenissero quel confronto in Assemblea – il punto di arrivo di una scrupolosa e approfondita riflessione, svoltasi certamente in tutti gli altri Paesi membri delle Nazioni Unite. Ma al di là delle diverse scelte di voto, l’Assemblea Generale dell’ONU si è nel complesso fatta interprete dell’aspirazione internazionale unanime ad una pace vera, giusta, duratura, che offra finalmente ai due popoli israeliano e palestinese, e soprattutto alle future generazioni, la prospettiva di una convivenza pacifica e costruttiva, la libertà dall’ipoteca dell’odio e della violenza, la sicurezza della statualità e dei confini, una vita quotidiana priva di attentati, di allarmi, di lanci di razzi e di scontri sanguinosi. L’Italia crede che la pace tra Israele e Palestina non debba rimanere nel regno delle utopie non realizzate. Sappiamo che la pace non potrà essere conseguita se non nel negoziato diretto tra le parti”. Il Presidente Napolitano rileva “come la scena internazionale sia dominata dai problemi e dalle implicazioni di una crisi finanziaria ed economica mondiale, che richiama le incognite e le sfide degli Anni ‘30 dello scorso Secolo. Gli Stati Uniti e l’Europa costituiscono l’epicentro della crisi scoppiata nel 2008. Essenziale è un impegno congiunto sulle due sponde dell’Atlantico”, come è “decisivo il ruolo che può assumere, e già sta assumendo, il nuovo dinamismo e protagonismo dell’area Asia-Pacifico. Guardiamo con grande rispetto e volontà di collaborazione a tutte le grandi e medie potenze di quell’area. Atlantico e Pacifico si presentano più che mai come due grandi poli di civiltà, cui spetta convergere nel più ampio impegno comune per dare regole adeguate al processo di globalizzazione, per garantire la stabilità internazionale, la sicurezza collettiva, un ordine multilaterale fondato anche su un’effettiva libertà di commercio e di navigazione”. Il ricambio alla guida delle istituzioni è certamente un tratto fisiologico del Buongoverno e della vita politica democratica. “È essenziale che si svolga pacificamente, nel rispetto dei diritti dei cittadini e in uno spirito di trasparenza, di servizio allo Stato e di certezza del diritto”. Per questi motivi è più che mai urgente e necessaria la fondazione del Partito Conservatore di Governo per un’Italia pienamente libera e giusta, immersa nelle decisioni fondamentali che nelle Capitali del Continente condurranno, prima o poi, alla creazione degli Stati Uniti d’Europa, una Federazione di Popoli e Nazioni. Finalmente uniti e coesi, dopo secoli di sanguinose guerre civili, nel segno della Libertà, del Diritto e della Pace. Per farlo, occorre rottamare chi con il potere democratico, indegnamente esercitato in Italia e in Europa, ha offeso l’intelligenza, i tesori, la dignità e la ricchezza degli Italiani onesti e sinceri. L’occasione è propizia per formulare i miei più fervidi e sinceri voti augurali di Buon Natale 2012 e di un Felice & Prospero Anno Nuovo 2013 del Signore, a tutti Voi, alle Vostre Famiglie, ai Semplici, ai Poveri, agli Umili. Che Dio ci benedica, ci protegga, faccia splendere il Suo volto su di noi e ci doni la Pace.
© Nicola Facciolini
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