L’idea di Berlusconi sul caso Fini, dopo aver sentito falchi e colombe, è quella di iniziare un’epurazione che mostri al “dissidente” il suo potere, lo lasci isolato, lo faccia sentire accerchiato e, quindi, lo riporti nei ranghi. “Berlusconi mi ha chiamato la sera che dovevo partecipare a Ballarò. Aveva toni concitati e mi ha detto: Se vai, farai i conti con me. Dopo vedrai”: Lo ha dichiarato oggi Italo Bocchino al “Corriere”, aggiungendo “C’è stata una direttiva di Berlusconi durante Ballarò che chiedeva la mia testa. C’è un evidente tentativo da parte di Berlusconi in prima persona di arrivare ad un’epurazione mia per colpire l’area a me vicina”. In un primo tempo il vice capogruppo del Pdl alla Camera, aveva annunciato le proprie dimissioni, condizionate però all’elezione di nuovi vertici. Un modo per “contarsi” all’interno del partito. Ma il capogruppo Fabrizio Cicchitto aveva replicato seccato che se cade il presidente viene meno il vicario e non il contrario. Berlusconi, dal canto suo, aveva fatto intendere di voler chiudere la vicenda in tempi rapidi, dando il via libera alla convocazione dell’assemblea del gruppo del Pdl, sicché, dopo una serie di contatti, è stato Cicchitto a convocare ufficialmente la riunione, per ratificare le dimissioni di Bocchino, data, come ha detto ieri a “porta a Parta”, “la mancanza di sintonia fra presidente e vice”. E, alcuni, hanno tirato un respiro di sollievo, come il ministro della Difesa e coodrinatore del Pdl, Ignazio La Russa, che ha detto: “Bocchino ha preso una saggia decisione che ha fatto seguito ad una situazione che stava diventando insostenibile”. Ora resta da chiedersi insostenibile per chi. Dal momento che, in una riunione notturna con Fini che pare abbia detto di non “lanciare segnali distensivi”, è nata la decisione di non ritirare le dimissioni, agitato non è certo Bocchino né la minoranza Pdl (ex AN) che rappresenta. Inoltre, poiché il gesto di Bocchino in Transatlantico è oggi commentato dai finiani come segno di grande responsabilità e che serve e deve servire per abbassare i toni, da entrambe le parti; ora spetta alla parte preponderante cogliere l’occasione per riportare il confronto politico entro i toni consoni ad un leale dibattito di partito. E questo in tempi brevi, di queste ore, a partire dalla nomina del vicario che, certo, non potrà essere, adesso, calata dall’alto. Ieri pare che il Cavaliere, abbia parlato a lungo del cofondatore del partito: “Sono rimasto deluso dal punto di vista umano, mi ha tradito e non me lo aspettavo. E’ stato come ricevere una coltellata, pensavo di avere un buon rapporto con lui e invece. Abbiamo constato che tra di noi non c’è più amicizia, ora vediamo se c’e lealtà da parte sua. Lealtà nei confronti del Pdl, ma soprattutto degli elettori. Vedremo se sarà leale in parlamento. È chiaro che se qualcuno vuole assumersi la responsabilità di far cadere questo governo lo si vedrà in parlamento e a quel punto la strada per le elezioni sarà l’unica possibile”. Parole amare, ma anche espressioni di una incertezza e debolezza, nata dalla stravittoria della Lega e dal fatto che ora qualcuno replica ai suoi dictat imperiali. Le parole di Fini pesano come macigni sulla sua schiena. Quanto sia stato vano il librarsi di colombe, che ancora ieri mattina svolazzavano tra Camera e Palazzo Grazioli (Letta ad aprire lo stormo), per favorire una tregua, lo dicono le parole durissime ed il tono e il modo con quale Gianfranco Fini si è rivolto ieri sera a Bruno Vespa, affermando ad esempio: “davvero lei pensa che Cicchitto prenda una decisione di questa portata senza concordarla con Berlusconi?”. “Poiché Bocchino non è imputabile di imboscate, ma solo di ritrovarsi con me su alcune critiche”, ha anche detto Fini, “è chiaro che se il gruppo del Pdl alla Camera accetta le sue dimissioni, o ancora peggio lo sfiducia, posso dire pacatamente: altro che partito dell’amore! Altro che partito liberale di massa! Quando si cominciano a tagliare le teste, siamo alla caccia alle streghe”. Non sono le parole di uno che si è spaventato dopo l’annunciata e prossima epurazione. C’è una guerra in atto ed è più feroce di ciò che i protagonisti vorrebbero mostrare, con l’esercito più forte che trema, come i Persiani alle Termopoli. Come andrà a finire nessuno sa dirlo con certezza; ma di certo c’è che nemmeno la solidarietà elargita da Berlusconi per l’ennesimo attacco del Giornale (stavolta passando per la suocera dell’ex leader di An), ha avuto il potere di tacitare Fini. Ed infatti Fini non si tacita anche per le parole di Berlusconi su Saviano, che “promuoverebbe” la mafia: “Sarebbe meglio che non facesse queste dichiarazioni: sarebbe come dire che Camus è un untore perché ha scritto la Peste” Ed aggiunge, perentorio: “se rispetta il fatto che possa esserci un dissenso, che tutti possono sbagliare, non divorzierò, ma aggiunge, deciso, “non rinuncerò a dire la mia, piaccia o non piaccia, per esempio sul tema della giustizia”. Lui non vuol fare una corrente ma rivendica “il diritto al disaccordo” ed il diritto a dissentire con l’atteggiamento di Berlusconi che “non può dirmi che se voglio fare politica devo dimettermi da presidente della Camera, un ruolo che ricopro non per aver vinto un concorso o per un cadeau del premier”. Insomma, se intendeva educare Fini epurando il fedele Bocchino, Berlusconi ha sbagliato tattica e persona, confondendo la statura di questi con quella di altri ex-An, del tutto allineati e coperti con le sue alzate d’umore o perentorie desiderata.
Carlo Di Stanislao
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