Il paradiso dei diavoli, nuovo romanzo di Franco Di Mare, è un doloroso inno d’amore a Napoli e insieme il racconto mozzafiato delle sue eterne contraddizioni. In un’intervista a fattitaliani.it il giornalista dichiara: “Napoli è lo sfondo su cui si muovono i personaggi del romanzo come in un presepe. La città costituisce la quinta teatrale di una tragedia che coinvolge una serie di personaggi, ognuno dei quali ha il suo ruolo in una commedia umana collettiva”. E su Carmine, uno dei protagonisti che popolano il libro, dice: “rappresenta gli uomini che tradiscono i propri ideali e dunque se stessi. Rappresenta la borghesia napoletana che gira la faccia dall’altra parte di fronte al familismo amorale della città, rappresenta l’uomo che si lascia irretire dalle sirene del male. In questo senso Carmine è un personaggio universale. E, in qualche modo, ha qualcosa di tutti noi”.
Spiega anche perché la scelta di narrare di un professore al soldo della camorra: ” a me piaceva indagare il ruolo della cultura che a Napoli (la città di Vico, di Croce, di Eduardo, la città che ospita le spoglie di Virgilio) ha avuto sempre una posizione di primissimo piano e che è la sola che potrebbe costituire una barriera contro il degrado. Ma questo ruolo si è perduto, la cultura si è chiusa nei sui fortini, preferisce piangersi addosso e ricordare un’arcadia perduta. Ecco, se ci sono colpevoli bisogna cercarli lì, tra quelli che si girano dall’altra parte e non escono dal chiuso dei loro circoli.”. E sui sentimenti verso la sua Napoli: “Il mio rapporto con Napoli mi ricorda quello dei personaggi della commedia di Bizet che si innamorano della Carmen: tu lo sai che lei è fatta così, come puoi pensa di cambiarla. Ecco: io lo so che la mia Carmen, la mia Napoli mi tradisce. E vorrei strangolarla ogni volta che ci torno. Eppure mi scorre sotto la pelle e non posso fare a meno di amarla, nonostante tutto”.
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