Il naufragio e la salvezza

Il film Vita di Pi di Ang Lee è ispirato dal romanzo di fantasia di Yann Martel. Il protagonista del film Pi Patel (abbreviazione di piscina, il padre amava nuotare), è nato a Pondicherry, un ridente paesino del sud dell’ India affacciato sull’Oceano. Cresciuto in una famiglia di tradizione vegetariana, a stretto contatto con una […]

Il film Vita di Pi di Ang Lee è ispirato dal romanzo di fantasia di Yann Martel. Il protagonista del film Pi Patel (abbreviazione di piscina, il padre amava nuotare), è nato a Pondicherry, un ridente paesino del sud dell’ India affacciato sull’Oceano. Cresciuto in una famiglia di tradizione vegetariana, a stretto contatto con una ricca collezione di animali, è fortemente attratto dall’idea di Dio e dalle grandi religioni. Pi si interessa alle religioni ed alle fedi che da esse provengono, perché capisce la forza che da esse proviene. Ha inoltre una mentalità eclettica che lo aiuta a comprendere il mondo, e con essa cerca un’esperienza di vita che gli faccia incontrare Dio, senza fare distinzioni fra le varie chiese istituzionali.
Una tempesta nell’Oceano Pacifico gli offre l’opportunità di essere protagonista di una singolare vicenda, sopravvive per più di duecento giorni su una scialuppa di salvataggio, naufrago nell’oceano Pacifico. Non da solo ma con una singolare compagnia, una tigre, un essere vivente carnivoro, ma con cui si può comunicare, si può ammaestrare. Pi trova uno scopo di sopravvivenza nel rispondere in modo positivo agli istinti della tigre: provvede ai suoi bisogni, gli dà da bere e da mangiare. “Io posso mangiare i biscotti, ma Dio ha fatto le tigri carnivore, devo imparare a prendere il pesce. Se non lo faccio, il suo ultimo pasto sarà un ragazzo vegetariano pelle e ossa.” L’animale intuisce che dipende da lui per la sua sopravvivenza in mezzo all’oceano, e non lo attacca.
Durante l’ultima tempesta che incontra nel suo periodo da naufrago, preda di una stanchezza mortale, Pi esclama a gran voce: “Ho perso la mia famiglia, ho perso tutto, che altro vuoi Signore da me, eccomi, sono pronto”. Si arrende alla volontà di Dio, trovando così la salvezza in terra. Approda su una spiaggia del Messico, viene salvato da suoi simili e la tigre, silenziosamente e senza voltarsi, sparisce nella foresta. Tuttavia al termine della sua narrazione, a casa sua in Canada, Pi non dice di appartenere ad una chiesa organizzata, mostra solo una famiglia felice ed invita a cena lo scrittore.
La narrazione chiaramente risente della tradizione di Rudyard Kipling della storia di Mowgli in Jungle Books. Tuttavia mi pare che ci sia anche un ricordo dell’episodio di San Francesco che ammansisce il lupo di Gubbio, in un’idea che da secoli è parte della nostra cultura: il rapporto tra uomo e natura manifestato in un itinerario di vita, vissuta con intelligenza e sensibilità, verso la Realtà somma. La natura per Pi è un’unità che tutto comprende, uomini, piante ed animali, che dipende da Dio ed a Lui rimanda.
Il film è una festa per gli occhi, è di una grande bellezza offerta dalle profondità degli oceani e dalla loro ricchissima vita, in una festa di luci e colori indimenticabile. Costituisce un messaggio di salvezza, come ci possiamo salvare dal naufragio del nostro perseguimento della felicità pensato come una corsa al rapido arricchimento? Offre modelli di vita alternativi e salvifici, provenienti dall’immensa riserva spirituale dell’India, culla di tante religioni, che convivono ed ispirano la spiritualità. Da notare che il film in fine colloca Pi Patel adulto in Canada, paese verso cui si dirigeva il padre per vendere con profitto il suo zoo. Tutti affogarono nel naufragio, lui sopravvisse, e prospera con la sua famiglia in un paese che accetta la diversità nella vita privata di tutti, come una ricchezza.

Carlo Di Stanislao

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