Nel cuore della Roma ricca e benestante, a distanza ravvicinata da via Veneto, dove lusso e agiatezza si sposano nella beata dolce vita, lo scorso 27 gennaio un incendio ha decretato la fine delle misere esistenze terrene di due giovani clochard di 25 e 27 anni, probabilmente somali. Parliamo, purtroppo, dell’ennesima tragedia di disperazione ed emarginazione di gente che ha lasciato i propri paesi in cerca di fortuna. Le povere vittime sono rimaste, probabilmente, intossicate dal fumo ed avvolti successivamente dalle fiamme; i VVFF intervenuti in seguito ad una segnalazione li hanno trovati carbonizzati. Tutto farebbe pensare ad una drammatica fatalità in quanto i poveretti potrebbero essere rimasti coinvolti in un incendio scaturito dal falò che loro stessi avrebbero acceso per riscaldarsi. Sebbene secondo alcuni operatori della sala operativa sociale del Comune di Roma, profondi conoscitori del pianeta disperati, l’ipotesi non è attendibile in quanto non è costume dei clochard accendere fuochi. Alcuni testimoni oculari dicono di aver visto una persona uscire di corsa dal sottopasso; la Procura di Roma ha aperto un fascicolo per far luce su quest’ultima tragedia di povertà ed emarginazione. Due croci in più nel cimitero degli sconosciuti ed un pugno allo stomaco di una città che non riesce ad assicurare un minimo di assistenza ai soggetti più deboli ed indifesi creando reti di protezione per i suoi figli meno fortunati. A dispetto dei tanti benpensanti dobbiamo entrare a pieno titolo in una mentalità che non teme il “ fratello bisognoso, diverso” ma lo aiuta e lo sostiene nei suoi tanti momenti di difficoltà avendo ben chiaro in mente che si tratta di persone umane. Roma, purtroppo, in questi ultimi anni, più attenta all’organizzazione dei grandi eventi ed alle questioni anche personali del Sindaco, ha trascurato e fortemente penalizzato con tagli ingenti di fondi la politica sociale lasciandola praticamente solo nelle mani dei tanti volontari, gli angeli della solidarietà, che fanno quotidianamente del loro meglio. Un recente rapporto Istat ha rivelato che sono 47.648 le persone senza fissa dimora in Italia e che si tratta soprattutto di maschi (86,9%), giovani (il 57,9% ha meno di 45 anni) e stranieri (59,4%). Il 61,9% delle persone senza fissa dimora ha perso il lavoro stabile, il 59,5% si è separato dal coniuge e/o dai figli: sono queste le cause principali della condizione di senza tetto Il 58,5% dei senza fissa dimora vive al nord, il 22,8% al centro. Il 27,5%, pari a 13.115, utilizza servizi di Milano, il 16,4% (7.827) di Roma, seguono Palermo, Firenze, Torino e Bologna. Oltre la metà è straniera, dice lo studio Istat, elaborato in collaborazione con il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Caritas e Federazione italiana organismi per le persone senza fissa dimora. L’89,4% dei senza fissa dimora ha usato almeno un servizio di mensa, il 71,2% un servizio di accoglienza notturna, il 63,1% un servizio di doccia e igiene personale. Alcuni giorni fa un altro senza fissa dimora di 50 fu rinvenuto cadavere in angolo di strada. A fronte di questa strage degli innocenti una domanda sorge spontanea: è mai possibile che la Capitale del Paese e le altre grandi metropoli, dal Piemonte alla Sicilia, si accorgano di questi sventurati solo quando li ritrovano morti in un angolo di strada o nei tanti ricoveri di fortuna? Una situazione del genere è assolutamente intollerabile – agli albori del terzo millennio – e va affrontata con onestà e realismo parlando il linguaggio della verità e della solidarietà. E’ da qui che nasce la speranza per i circa 7000 senza fissa dimora di Roma – “ gli inquilini del cielo aperto” che si spostano con dei carrelli pieni di masserizie, cartoni ed in qualche caso delle bottiglie di vino in cui annegano la loro disperazione – cui un esercito di volontari rivolge le proprie amorevoli cure. Sono le splendide persone delle tante associazioni laiche e religiose che mettono il loro tempo al servizio degli altri operando di notte e di giorno e fornendo pasti, bevande calde e coperte. Poi la Comunità di S. Egidio, con cui ho avuto il piacere di collaborare negli inverni precedenti per portare soccorso ai nostri fratelli meno fortunati mette a loro disposizione locali dove potersi lavare mangiare e gli fornisce anche della biancheria pulita, frutto di tante donazioni. Questa gente ha avuto la sventura di imbattersi in un dramma, dai mille risvolti sul piano personale e sociale, riconducibili a perdita del posto di lavoro, della casa e degli affetti più cari ma mantiene intatta la propria umanità. A dimostrazione di ciò di seguito un commento ad una mia poesia, “ Ultimo della terra”, vincitrice di un concorso.
Nando Giammarini
carmine
28 giugno 2010 a 13:52
ciao Nando,
appartengo al popolo degli ultimi della terra
Dalla miseria sono stato delegato
Con la solitudine sono stato sposato
Ho vagato come un dannato
In bottigie di vino
Mi sono annegato
Sono un debole ramo
All’alba riscaldo colori di rabbia
Il cielo azzurro muta i silenzi
In una busta di plastica racchiudo i pensieri……..
Complimenti Nando NOi ultimi con gli sguardi congelati ti siamo grati perchè la tua poesia ci ha riscaldati l’anima un commento per la tua bontà è poco perchè chi si avvicina al povero con l’occhio del Signore merita UN PERCORSO CHE LO AVVICINI AL TRONO.
Con lo scettro da barbone io ti nomino mio BARONE….
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