Da Quarto a Marsala a Teano, vogliamo la verità tutta intera sul Risorgimento italiano. Con la deposizione di una corona d’alloro alla stele celebrativa di Quarto, luogo storico da cui partì la spedizione dei Mille guidati dal generale Giuseppe Garibaldi l’Eroe dei Due Mondi non troppo simpatico al Cavour, il Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, mercoledì 5 maggio 2010, ha inaugurato l’Anno di celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Certo, l’orgoglio nazionale ci fa un mondo di bene, ma la morale di oggi è un’altra, altrettanto chiara e ineludibile. La possiamo desumere direttamente dal discorso introduttivo presidenziale. Il Tricolore merita il rispetto dovuto da parte di ogni italiano e immigrato che aspiri ad essere Italiano nel lavoro, nella famiglia, nella società, nella creazione della ricchezza nazionale. Tuttavia oggi è venuto a mancare in Italia proprio quel fondamentale rispetto per le persone e per il nostro prossimo, ovunque: nelle famiglie, nel calcio, nella cultura, nella politica, nella scienza, nel giornalismo, nell’economia, nella società. E questa emergenza educativa, francamente, dovrebbe essere la “stella polare” delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia che consacreranno dal 2011 il 17 marzo di ogni anno quale giornata di festa nazionale. La retorica delle mielose “fiction tv” non la vogliamo, anzi la rispediamo al mittente: semmai speriamo in un kolossal cinematografico indipendente che faccia luce sulle verità del Risorgimento italiano così come ha fatto la celebre pellicola “Il buono, il brutto e il cattivo” di Sergio Leone con la guerra civile americana di quegli stessi anni dell’Ottocento. Il Tricolore, che tutti amiamo quale vessillo della Nazione e della Patria Italia, venne adottato per la prima volta nel 1797 a Reggio Emilia quale stendardo della Repubblica Cispadana. Per un atto di volontà politica. Per la Bandiera e la Libertà, fin dai primi moti carbonari del 1820 e per tutto il glorioso Risorgimento piemontese prima e popolare-italiano poi, morirono migliaia di Patrioti italiani di ogni credo, fede, condizione sociale, politica e culturale. Anche sacerdoti ed ebrei mentre avanzavano da Nord le truppe di Vittorio Emanuele II seminando morti nello Stato pontificio. Le cui famiglie “borghesi”, poi, durante la seconda guerra mondiale, saranno “raccomandate” dal regime fascista, monarchico prima e repubblichino poi, alle camere a gas naziste, in abominio alla Patria, ai più elementari diritti umani ed alle stesse leggi di guerra. Ora tutti vogliono lavarsi, credendo sia facile scrollarsi di dosso quelle infamie che furono anche comuniste nella guerra civile del 1944-1947, nel sacro bagno purificatore della retorica patriottica o patriottarda che dir si voglia. Non sarà mica tanto facile: i giovani che oggi studiano anche sul web nelle biblioteche virtuali e reali, non solo sui sussidiari scolastici di regime, sappiano giudicare e capire le verità del Risorgimento dei nostri antenati…Quelle verità vissute in prima persona anche dal nostro santo passionista Gabriele dell’Addolorata nel convento di Isola del Gran Sasso (Te), quando cominciò la persecuzione anticlericale…! Per questo, oggi crediamo che l’Italia oggi sia una Repubblica federale fondata sulla persona e sulla produttività del lavoro. Lo è sempre stata? No, lo è diventata nel sangue e nel sacrificio di tanti martiri della libertà, sacerdoti compresi di ogni tempo, come il seminarista Rolando Rivi, che hanno scritto pagine e pagine della nostra storia. Lo è diventata nel lavoro di tanti nostri connazionali del Sud immigrati costretti a lasciare le loro regioni e la loro Patria per sfamare le loro famiglie. Ecco, crediamo che il primo articolo della nuova Costituzione italiana, debba obbligatoriamente iniziare con queste sublimi parole preziose: repubblica federale, persona e produttività del lavoro, sorgente di tutti i diritti e doveri costituzionali. E questo in memoria di tutti i martiri del Risorgimento, anche di parte avversa che furono tutti Italiani nella guerra civile per l’indipendenza, nonostante le trame della massoneria inglese e le battaglie sospette dei Mille. L’attuazione del Federalismo è la migliore delle celebrazioni unitarie che i giovani italiani attendono dalla classe politica nazionale e regionale in questo anno così importante che comincia a Quarto e finirà il 17 marzo 2011. Il federalismo fiscale e costituzionale è la sola via obbligata per il nostro futuro. Il lavoro sommerso va snidato ad ogni costo, senza più alcun indugio. Sul Federalismo anche in Abruzzo occorre che, senza troppi giri di valzer “lacrime e sangue” di autocommiserazione debitoria, si faccia immediatamente chiarezza. Quali sono veramente le intenzioni della classe politica regionale sul federalismo in Abruzzo? Il politichese per sopravvivere in poltrona, non ha più alcun senso. I governi (soprattutto regionali!) oggi si eleggono dal popolo e per il popolo. Non per gli stipendi dei nostri rappresentanti. Che vivano delle loro braccia e della loro testa, non della loro poltrona! “No taxation without representation”, la suprema massima liberale inglese che avviò la nascita degli Stati Uniti d’America, è quanto mai attuale in Italia e in Abruzzo. Non abbiate paura di ricordarlo ai politici! Senza lavoro, cari politici, si torna a casa, perché le tasse non possono solo servire a pagare gli interessi sui debiti astronomici accumulati e gli emolumenti. La nostra democrazia è incompiuta a causa dei troppi trasformismi partitici. I programmi politici sotto tutti uguali perché nessuno vuole perdere. In Italia deve ancora nascere il vero Partito Conservatore: in molti lo sperano vivamente perché l’impressione più che fondata è quella di vivere come negli abissi di Pandora (Avatar), il pianeta alieno di Alpha Centauri che sarà magistralmente illuminato nel nuovo kolossal di James Cameron. Sotto l’influsso di non si sa bene quale “sonda”, magari in orbita là fuori, che impartisce ordini a chi di dovere, assistiamo come tanti Avatar allo sgretolamento di pezzi di governo e, soprattutto, della stessa fiducia della gente nei propri politici. Gli Italiani, tuttavia, credono nelle Istituzioni, grazie a Dio. Questo ci salva, insieme ai nostri risparmi, dalla tragedia greca. La Democrazia realmente partecipata sul e dal territorio, però, è ancora un sogno in Italia. Bisogna svegliarsi! Se nel conclave si entra cardinali e si esce quasi sempre papa, non si riesce a capire come mai in politica, nelle nostre terre dove brillano i gran fuochi di primavera, accada l’esatto contrario. Per sviare i problemi, tutti si scoprono patriottici nella polemica più assordante che ci divide. Attaccando in maniera indecorosa e deprecabile chi non la pensa come noi, si vuole far passare il messaggio che i veri difensori della “fede” costituzionale unitaria siano in quell’altrove del politichese regno dei voltagabbana sempre pronti a spuntare come funghi alla bisogna di gattopardiana memoria. Mi domando: ai disoccupati possono interessare questi giochi di potere che si sommano alle retoriche e forzate celebrazioni di massa, seppur giustissime, dei 150 anni dell’Unità d’Italia? I fuochi d’artificio mai sparati le notti del 2 giugno di ogni anno (Festa della Repubblica Italiana), come fanno negli Usa il 4 luglio e in Francia il 14 luglio, li spareremo tutti tra il 17-18 marzo 2011, magari sui cieli della “fidelissima” fortezza di Civitella del Tronto? A chi trova facile condannare tutto e tutti per dimenticare il Federalismo (dunque, anche la propria storia) ricordiamo che la retorica risorgimentale da 150 anni a questa parte, non ci è servita poi a molto, come Italiani. Non siamo andati sulla Luna e su Marte, con i nostri cervelli in fuga, per piantare il Tricolore! Non ci è servita neppure per raggiungere e conquistare definitivamente la suprema Verità storica sui Martiri e sui Patrioti che morirono per l’Italia libera ed unita, nelle guerre e nelle battaglie per la nascita della Nazione invasa dallo straniero, austriaco prima e nazista-comunista poi. L’Unità d’Italia si compì con la Vittoria del 4 novembre 1918, ossia tra otto anno sarà esattamente un secolo che l’Italia Unita esiste! Chi ricorda i sacerdoti e gli ebrei che furono uccisi mentre combattevano, a vario titolo, la loro “battaglia” per difendere il suolo patrio? Chi ricorda i patrioti risorgimentali ebrei, le cui famiglie poi furono sterminate dalle famigerate leggi razziali del 1938 prima di essere spedite, come bestie da macello, nei campi di concentramento nazisti? Chi ha perso la memoria, la recuperi prima di ergersi a paladino del patriottismo nazionale italiota. Questo è deprecabile! Chi ricorda le decine e decine di sacerdoti cattolici uccisi dai partigiani comunisti durante la Liberazione: due dei quali in provincia di Teramo? Questo è disgustoso! La Storia d’Italia, scritta per le sinistre ad uso e consumo di generazioni di giovani studenti indottrinati, allineati e coperti dal “democristianume” della Prima repubblica che oggi vuole rifarsi il “look” risorgimentale, è incompiuta. Chi ancora oggi non ha riconosciuto la verità di quei tragici fatti che la politica inabissò nella polvere del tradimento e dell’ignominia più invereconda, si penta e faccia finalmente il suo dovere prima di giudicare la pagliuzza nell’occhio degli altri. Si squarci il velo di tenebra che ammorba ancora oggi la Patria uccisa dalla menzogna e dall’opportunismo. Quanti Patrioti del Sud d’Italia e del Nord d’Italia e del Centro d’Italia, molti dei quali furono semplicemente liquidati come “briganti e traditori”, attendono di essere ricordati e celebrati nelle lapidi di marmo nelle nostre vie e piazze, magari accanto alle statue del generale Garibaldi che li avrebbe tutti accolti tra i suoi Mille e tra i suoi Cacciatori delle Alpi (“se non fosse…”!), perché non capirono il Risorgimento, non lo vissero con gioia “come proprio” sventolando il Tricolore che percepirono, ahinoi, come “invasore” nella tragedia civile unitaria dei Regni italiani dell’Ottocento? Come non vissero la Resistenza perché, magari, furono subito “liberati” dagli Alleati. Quanti patrioti furono dimenticati durante i moti risorgimentali, sulle mura di città e fortezze come quella di Civitella del Tronto dove ancora oggi risuonano le scariche dei plotoni d’esecuzione, prima borbonici e poi italiani? Non spetta a noi scrivere la Storia e non osiamo riscriverla. Ma come dalla guerra civile americana nacque la grande Nazione a stelle e strisce che tutti conosciamo come suprema difensora mondiale della Libertà, della Giustizia e della Democrazia, anche dal nostro Risorgimento (che guerra civile italiana fu) attendiamo la luce della Verità. Da Quarto parta un raggio di giustizia, di luce e di verità affinché sorga finalmente, non solo un cavaliere, ma anche la grande Italia che tutti sperano ed amano, di fratelli sinceri che si abbracciano non solo quando gioca la nazionale di calcio che vince il Mondiale. Una Nazione che non può più permettersi di sventolare il Tricolore solamente sui campi di calcio dei Mondiali o in difesa della democrazia e della libertà dei popoli oppressi a colpi di bombe il più delle volte, come nei Balcani, mai “dichiarate” e illuminate dal Cinema! Il Tricolore in ogni casa, in ogni scuola, sui posti di lavoro, magari anche su Marte. Questo desideriamo. Sorga, allora, l’Italia vera che lavora in pace e in armonia con tutti coloro che la amano, immigrati compresi. Questa è la Patria di chi vuol essere Italiano.
Nicola Facciolini
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