”Resistenza armata, sicurezza e servizi sociali”. Sono questi i tre pilastri intorno ai quali gli islamisti provano a costruire il consenso nelle aree liberate dal regime in Siria. E così tra le macerie della città di Aleppo, ”non si combatte con le armi, ma con aiuti e servizi”. Lo scrive Gabriele Del Grande nel suo ultimo post sul sito Fortress Europe all’interno dello speciale ”Siria”. Il giornalista racconta una città ”dove c’è meno guerriglia urbana e più attacchi mirati a posti di blocco, convogli, basi e aeroporti militari del regime”. Qui negli ultimi tre mesi sono cadute le principali basi da cui il regime bombardava Aleppo mentre il grosso dei combattimenti si è spostato a Damasco. Intanto la gente comune fa la fila per un pacco di viveri: ”Bashar ci bombarda e quelli dell’esercito libero ci derubano – racconta una donna – Aleppo era un gioiello. Oggi non c’è elettricità, gas, acqua, telefono. Niente. Io ho cinque figli, mio marito è morto sotto una bomba e devo venire a elemosinare il pane. Come siamo arrivati a questo punto? Chi ha seminato nei cuori dei nostri ragazzi tutto questo odio? Anche i soldati del regime sono i nostri figli. Chi ci guadagna da tutto questo sangue?”. Vai allo speciale
Aleppo, la guerra si combatte intorno a servizi e aiuti
”Resistenza armata, sicurezza e servizi sociali”. Sono questi i tre pilastri intorno ai quali gli islamisti provano a costruire il consenso nelle aree liberate dal regime in Siria. E così tra le macerie della città di Aleppo, ”non si combatte con le armi, ma con aiuti e servizi”. Lo scrive Gabriele Del Grande nel suo […]
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