Oggi Gordon Brown ha mollato, anche se al rallentì e, davanti all’uscio del numero 10 di Downing Street, ha annunciato alla nazione di aver, da un lato, ricevuto dal leader dei Liberaldemocratici la richiesta ufficiale di aprire trattative con il partito laburista e dall’altro di voler lasciare la carica di leader del New Labour il prossimo settembre, in tempo per l’annuale congresso del partito. Brown è poi andato a Buckingham Palace a consegnare le sue dimissioni alla regina Elisabetta II e consigliarla di dare mandato per il nuovo governo a Cameron.La mossa sembra fatta apposta per facilitare un patto di governo fra Laburisti (con lui fuori) e Lib-Dem, anche perché i Conservatori, in serata, hanno annunciato di essere disponibili a un referendum sulla riforma elettorale. Brown, comunque vadano i negoziati, non farà quindi parte della contesa prossima ventura, anche se potrebbe restare come premier ‘ad interim’ per guidare il Paese verso la transizione. Conl’’uscita di scena di Brown è il ministro britannico degli Esteri David Miliband e il candidato favorito alla successione in casa Labour. Intanto, sempre in serata, i Tory hanno rilanciato con “un’ultima offerta»”, concedendo, come già detto, non solo ai Lib-Dem la possibilità d’indire un referendum sulla riforma elettorale, ma anche annunciando di avere formalmente proposto loro una coalizione di governo, non un semplice appoggio esterno. Un modo per costringere Nick Clegg all’angolo. Intanto la sterlina è balzata dell’1% sul dollaro e i bond del governo sono saliti sulle notizie di un accordo imminente tra conservatori e Lib dem a scapito dei laburisti. I mercati vogliono una rapida soluzione all’incertezza politica e sono favorevoli ad un governo guidato dai conservatori, perché credono che si possa muovere più velocemente per tagliare il deficit britannico. La Gran Bretagna, infatti, sta uscendo dalla sua peggior recessione dalla Seconda guerra mondiale, con un deficit record che gli analisti credono potrà essere ridotto efficacemente solo da un governo stabile e forte. Ieri, su Radiocor, il finanziere italiano Francsco Micheli aveva dichiarato: “l’auto-isolamento della Gran Bretagna probabilmente metteà il paese a rischio perche’ grandi masse speculative, dissuase dalla forza del provvedimento di questa notte, potranno avere buon gioco a concentrare l’attacco Oltremanica, in assenza di altri obiettivi”. Secondo il finanziere i mercati si trovano da tempo in una situazione di bolla speculativa. I timori per la delicata situazione finanziaria della Grecia e per l’andamento dell’euro non sono stati che occasionali pretesti per permettere ai mercati di imboccare la strada del ribasso. A dimostrazione “il var, ovvero il Value at Risk, una misura di rischio applicata agli investimenti finanziari, che indica la perdita potenziale di una posizione di investimento in un certo orizzonte temporale, si attesta su livelli piu’ elevati rispetto ai giorni che avevano preceduto il fallimento di Lehmn Brothers”. Cmunque, tornando alle trattative per la formazione del governo, ora tocca a David Cameron, leader dei Tory, che hanno raccolto una vittoria dimezzata dalle elezioni inglesi, di trovare la mniera di convinre i Lib-dem di Nick Clegg, offrendo, pare, quello che in Italia si definirebbe un “accordo” organico, comprensivo anche di alcuni ministeri di peso nell’esecutivo. Ma , come scrive oggi il Sole 24 Ore, fra i deputati laburisti da giorni crescevano perplessità verso un accordo che non ha base parlamentare e molte più divergenze programmatiche di quanto fosse prevedibile. Una trattativa che è precipitata come un’ anomala intesa fra Tory e LibDem: anime davvero molto, forse troppo diverse.
Carlo Di Stanislao
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