“Il potere che frena. Saggio di teologia politica”, edito da Adelphi poche settimane fa, è l’ultimo libro di Massimo Cacciari, che parte da un passo contenuto nella Seconda Lettera ai Tessalonicesi (2, 6-7) attribuita a S. Paolo, su cui si è esercitata una schiera di esegeti, antichi e moderni, senza mai venirne definitivamente a capo.
In esso si fa riferimento a un katechon che trattiene il trionfo finale del male, ritardando così anche il suo annientamento da parte del Signore. Il “mistero”, come l’autore stesso lo definisce, contenuto in questo testo riguarda insieme il soggetto e il significato del katechon.
Chi, o cosa, è questa forza che frena al contempo lo scatenamento del male e la vittoria del bene? E come, tale funzione, va interpretata – come espressione diabolica o come forza spirituale?
E Cacciari, interpreta quel passo non solo per l’identità della figura che esso evoca, ma per l’intero rapporto tra teologia e politica – il ruolo del potere e la maschera della sovranità, il contrarsi del tempo e l’immagine dell’eternità, il travaglio del cristianesimo e il destino del mondo contemporaneo.
Il presupposto da cui Cacciari parte è che tra teologia e politica vi sia una relazione ineliminabile. Non solo nel senso, teorizzato da Carl Schmitt, che i principali concetti politici abbiano un’origine teologica.
E neanche in quello, affermato dal grande egittologo Jan Assmann, che le categorie teologiche contengano un originario nucleo politico.
Ciò che presuppone Cacciari è un rapporto insieme più vincolante e più contraddittorio.
E cioè che la vita religiosa abbia già in sé un impulso politico, così come un autentico operare politico non possa mai smarrire la propria radice spirituale.
Per Cacciari, in estrema sintesi, esaurito lo spazio del sacro, viene meno anche quello del politico che ad esso corrisponde. Senza la polarità teologica non si dà vera politica. Naturalmente ciò vale, se regge il presupposto di partenza di tutto il discorso – e cioè il radicamento originariamente teologico del politico e viceversa.
E come non preoccuparci allora, quando un Papa si dimette ed una politica è sempre più inconcludente, con emersioni di figure da Grande Inquisitore, come quella che, per i Dostoevskij, rappresenta questo tragico conflitto. Nel quale il male ha già vinto., dando per scontata l’incapacità dell’uomo a sostenere la libertà e la maturità in ogni scelta?
In un recente intervista condotta da Marco Dotti su Vita.it, Cacciari ha detto che la forza simbolica della decisione di Ratzinger ci interroga seriamente e ci dice Ratzinger si è dimesso perché non riusciva più a contenere le potenze anticristiche, all’interno della stessa Chiesa ed ora la palla passa al suo successore, perché la Chiesa si trova di fronte, per la prima volta, alla vera essenza dell’anticristo, mentre prima si era trovata di fronte a degli antagonisti, ovvero a potenze che cercavano di sostituire la Chiesa nella propria funzione anche di potere che frena.
Ratzinger comunque ha avuto il coraggio e l’umiltà di dimettersi, mentre i nostri politici non ci pensano nemmeno.
Dario Fo ha elencato dieci punti che il PD potrebbe condividere nel programma M5S, impegni che Bersani dovrebbe assumere senza chiedere contropartite e senza mediazioni . Un esempio potrebbe essere quello riportato da Paolo Flores D’Arcais su Il Fatto Quotidiano e cioè se si annunciasse che verrà rispettata la legge 361 del 1957 secondo la quale Berlusconi è ineleggibile e perciò dovrà affrontare senza immunità la sentenza Ruby e le inchieste sui tre milioni versati a de Gregorio per fargli cambiare casacca e comprendere, a forza, che comprare un parlamentare non è solo corruzione, ma è roba da attentato alle istituzioni. Una cosa che D’Alema aborrirebbe o che farebbe fare una smorfia di supponenza alla Finocchiaro o un mugugno di indifferenza a Fassino.
Comunque lo scenario apocalittico di Cacciari sembra aperto dai fatti che viviamo e che Francis Fukuyama annunciava, anche se in tutt’altro senso, anche perché ha ragione il filosofo veneziano, secondo cui la “grande apostasia”, il grande rinnegamento della Verità, e quindi anche del significato autentico della Civiltà, si ha quando sia la Religione che la Politica rinunciano alle loro rispettive missioni, quando cessano di onorare i rispettivi doveri, corrompendosi fino al loro più completo snaturamento e dissolvimento. È così che il Regno dell’Anticristo si realizza, giacché, tolto di mezzo il katechon, non sopraggiungerà né il caos, né l’anarchia, ma molto peggio.
Carlo Di Stanislao
Il potere deve fare per sua natura non l’impossibile, ma il possibile, contro i nonsipuotisti. Perché fare il possibile è il massimo.
gp