Iraq, 10 anni dopo. Una poesia di Dino Frisullo per ricordare quelle ore

10 anni fa, nella notte tra il 19 e il 20 marzo 2003, l’aviazione USA iniziava a bombardare Baghdad. In quei giorni ci furono alcuni ed alcune che non si arresero alla barbarie che avanzava, che tentarono fino all’ultimo – per dirla alla Erri De Luca – di gettare granelli di sabbia nei carrarmati per farli fermare. […]

10 anni fa, nella notte tra il 19 e il 20 marzo 2003, l’aviazione USA iniziava a bombardare Baghdad. In quei giorni ci furono alcuni ed
alcune che non si arresero alla barbarie che avanzava, che tentarono fino all’ultimo – per dirla alla Erri De Luca – di gettare granelli di
sabbia nei carrarmati per farli fermare. Dino Frisullo era tra questi. Segretario dell’associazione Senzaconfine, giornalista e difensore dei diritti del popolo curdo morto a 51 anni dopo una grave e rapida malattia. Dal letto d’ospedale, da dove non sarebbe più tornato a casa, Dino non riusciva a pensare alla sua salute. Ma s’incazzava perché non poteva più aiutare i migranti, non poteva tornare nel suo Kurdistan, non poteva scendere in piazza contro la guerra. Scrisse una frase bellissima: “la cosa più bella è suscitare ricordi forti e belli”. E con i bellissimi e vibranti ricordi di Dino, con le sue parole vogliamo condividere il ricordo di quelle terribili ore di 10 anni fa

Livide d’improvviso le luci di montagna.

Ferma e dolente la luce delle stelle.

Ammutoliti i richiami degli uccelli.

Alle quattro del mattino

la luna piena chiede silenzio al mondo.

Poggia l’orecchio al suolo e ascolta.

Le prime bombe su Baghdad

vibrano dalla terra nelle viscere.

Dopo ogni scoppio la lunga eco

e un milione di cuori di madri all’unisono

è il loro respiro affannoso

che l’Eufrate porta al mare come un grido.

Dorme Khawla la principessina

sulla corona di plastica preme un cuscino sua madre

si chiede se dovrà premere più forte

quando giungerà l’onda d’urto della bomba.

Dopo gli scoppi il tuono immenso

non è il mar rosso che s’innalza a spezzare la portaerei una ad una,

non è il deserto che si leva

a spazzare i blindati con fiato rovente di sabbia:

è il fragore di milioni di ruote

carri carretti motocicli in fuga

kurdi arabi povera gente stracci

danni correlati.

Nelle basi sibillano i video.

Sono limitati i computer dei signori della guerra.

Non registreranno il respiro il palpito il pianto.

Non avvertono il terrore e l’ira del mondo.

Non sentiranno aprirsi le acque del Mar Rosso

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