Bersani ha ottenuto l’onore delle armi, ma è chiaro che non potrà essere lui a formare un nuovo governo. Quella di ieri è stata per lui una giornata amarissima, con la dichiarazione, certificata da Napolitano, del fallimento della scommessa di far nascere un esecutivo di minoranza, grazie al quale superare lo scoglio della fiducia al Senato.
Le preclusioni dei 5 Stelle e le richieste “irricevibili” del Pdl circa il nuovo inquilino del Quirinale, hanno reso inutili gli sforzi di manovra del segretario Pd ed indotto Napolitano a prendere direttamente in mano la situazione.
In primo luogo Napolitano verificherà che cosa possa sopravvivere dell’”impianto innovativo” su cui ha lavorato Bersani., tenendo conto che dopo settimane di negoziati a base di provocazioni, penultimatum e bluff, stavolta si deve sul serio uscire dallo stallo. Le delegazioni dei partiti, di certo più concilianti di quanto si siano rivelate fino a ieri, saranno messe davanti alle proprie responsabilità e dovranno impegnarsi in modo non ambiguo sullo scenario che sarà presentato loro.
Tutto entro oggi con designazione già domani, probabilmente con la risoluzione di un governo del Presidente (dopo 14 mesi di un governo definito tecnico ma voluto da lui), con un profilo del candidato premier che sarà una sua emanazione e che potrebbe riportarci a figure come quella del presidente della Corte Costituzionale, Franco Gallo, o del ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, oppure al direttore generale di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni.
L’Italia è l’unico Paese del G7 ad avere una situazione catastrofica. Il Pil, sceso del 3,7% annuo nell’ultimo trimestre del 2012, continuerà a contrarsi sia in questo primo trimestre dell’anno (-1,65%) sia nel secondo (-1,5%).
E nell’Eurozona – fa notare l’Ocse – la Germania si comporta da locomotiva e l’Italia da vagone di retroguardia.
Oggi abbiamo più problemi di quaranta giorni fa e gli italiani guardano con sospetto agli investimenti finanziari e riducono i loro acquisti di bond e titoli di Stato (-26% in tre anni equivalenti a 715 miliardi).
Un’evoluzione, quest’ultima, che crea problemi aggiuntivi perché il debito pubblico, un tempo saldamente nei portafogli degli italiani, gradualmente sta passando in altre mani.
Le manovre dei tecnici non hanno fatto altro che deprimere l’economia; i consumi sono stati azzerati e con essi le entrate fiscali associate ai consumi.
Aumentano i disoccupati e le ore di cassa integrazione ed il 37% dei nostri giovani è in attesa di lavoro.
C’è da sperare che gli incentivi che il governo ha predisposto in questi giorni servano a qualcosa, ma 200 milioni di euro sono troppo pochi per essere un volano accettabile. Inoltre, dato che gli incentivi sono limitati dalla disponibilità di fondi, tra un paio di mesi già non ci saranno più soldi e questo impedirà di proseguire su una strada che poteva essere interessante, se perseguita con competenza.
Napolitano deve compiere una manovra difficile ed in brevissimo tempo, mentre il mondo ci guarda con preoccupazione, intrecciando la nostra politica congelata ed in stallo, alla situazione di Cipro, con Moody’s, che ha detto di attendere gli sviluppi politici romani prima di procedere a un eventuale downgrade, confermando, per il momento, l’outlook negativo su Portogallo e Irlanda.
Per quanto riguarda il mercato azionario, a Piazza Affari il Ftse Mib chiude in ribasso dello 0,1% dopo una seduta in altalena ed essere arrivata a guadagnare – nel corso della giornata – fino all’1%. Ma lo spread sale a quota 345 e continuiamo ad essere considerati un pericolo, il più immediato, per l’Europa.
E non rincuorano le previsioni del presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, secondo cui le proiezioni dell’Ocse “appaiono decisamente più realistiche, anche se non si può escludere che gli elementi di incertezza esistenti, con riferimento sia allo scenario politico sia a quello economico, incidano sfavorevolmente sulle decisioni di consumatori e imprese, con conseguente rinvio delle decisioni di spesa. In tal caso, il risultato annuale in termini di contrazione del Pil potrebbe essere ulteriormente peggiore di quanto attualmente previsto, con una ripresa congiunturale del prodotto confinata all’ultimo trimestre dell’anno o rinviata al primo scorcio del 2014”.
Come scrivono in molti, Avvenire in testa, Napolitano ora si propone come una sorta di garante sul metodo con cui verrà scelto il nuovo presidente della Repubblica, che è il nodo da scogliere per ottenere un qualche appoggio dal Pdl. Vuole capire se quelle “preclusioni e condizioni inaccettabili” cui ha accennato il segretario Pd siano irrisolvibili, se””l’attuale stallo è superabile o meno”, dice il suo staff. Insomma, a forzare le interpretazioni, potrebbe anche lui provare ad individuare un profilo per il Quirinale buono per tutti, una personalità fuori dalla contesa degli ultimi venti anni. Di certo il presidente ha due domande secche da porre a Berlusconi: “Davvero il governo-Bersani può partire solo indicando ora il futuro capo dello Stato? La stessa condizione la vuoi porre anche per dare il via ad un governo di scopo?”. In caso di due “si”, Napolitano capirebbe che resta solo il voto, con tutte le incertezze del caso.
Quello che cercherà il Presidente è un governo con guida di alto profilo (oltre ai nomi già citati: Amato, Grasso e Barca), con personalità giuridico-economiche da far giurare in tempi-record e mandare direttamente dinanzi alle Camere, senza perdere altro tempo.
Per Repubblica, con Massimo Giannini che firma l’editoriale, l’Italia al suo passaggio più drammatico vive uno “stato d’eccezione”, con una situazione di governo impossibile che non ha precedenti nella storia repubblicano e che produce anomalie su anomalie.
Ugo Magri sulla Stampa parte dall’”ultima chiamata” per il Pdl per raccontare che mentre Napolitano congela Bersani, la palla è nelle mani di Berlusconi, che oggi ribadirà che se non viene dato a Gianni Letta il Quirinale non ci sarà nessun via libera a Bersani. A quel punto il Pd e il Pdl affiderebbero al nuovo voto la soluzione.
Il Sole 24 ore titola che è ora di dire “basta ai giochi”, perché la situazione economica è tale che non possiamo perdere neanche un minuto, né cincischiare su candidati nuovi del Pd, come Renzi o vecchi come Bersani, congelato ma non sfiduciato dal Presidente, figura melanconica, secondo Gian Antonio Stella, che sul quotidiano di via Solferino, ne propone un amaro affresco , come il primo che ha accarezzato un “sogno unico”: essere il primo comunista a guidare un governo grazie alla vittoria alle elezioni.
Napolitano deve decidere, in fretta ed in modo nuovo e, forse, sorprendente. Per il Fatto, adesso il presidente aspetta Beppe Grillo: i Cinque stelle avrebbero una rosa di nomi da proporre e, secondo la Stampa il vertice notturno tra Grillo, Casaleggio e i capigruppo ha discusso di nomi e oggi una rosa potrebbe spuntare, con una “atmosfera cambiata”, perché l’incontro con Napolitano ha regalato a Grillo un “debole” per il Capo dello Stato.
Carlo Di Stanislao
Lascia un commento